CONVEGNO ALL' ASSOLOMBARDA - Il malato, il medico e Dio - «Prendersi
cura» Un invito a non perdere la sensibilità della malattia e della morte, di Lambertenghi
Giorgio, Corriere della Sera, 26 novembre 2011
Da più parti si afferma che la
professione medica sta attraversando una crisi profonda per la pressione della
cultura tecnocratica, sempre più concentrata sull' azione del curare (to cure)
la malattia e sempre meno su quella del prendersi cura (to care) del mondo
affettivo, relazionale, psicologico e spirituale del paziente. Una crisi che
rischia di oscurare quel connubio tra corpo e spirito, scienza e carità,
teologia e biologia, fondamento della medicina intesa in senso ippocratico. L'
Associazione medici cattolici di Milano invita a riflettere su questo reale
pericolo oggi all' Assolombarda nel convegno dal titolo «La dimensione
antropologica e teologica della malattia». Non è un incontro di politica
sanitaria, ma un tentativo di riportare la malattia nel suo giusto alveo, cioè
una condizione che fa parte del mistero della vita, che porta a rivedere il
nostro esistere nell' ambito di una visione trascendentale, come suggeriscono i
passi biblici che verranno letti negli intervalli tra le varie relazioni. L'
essere malati non è un semplice incidente di percorso, non è una parentesi
spiacevole della vita, non è solamente una questione medica, è soprattutto una
rivelazione della nostra finitezza, uno strappo improvviso dell'
autosufficienza. Nel convegno si parlerà di «resilienza», termine che la
psicologia ha preso in prestito dalla meccanica per indicare la capacità del
malato di assorbire un «urto», come la malattia, senza però «frantumarsi». Un
urto che secondo la logica di una filosofia retributiva viene interpretato come
conseguenza del «male», del «peccato», una ribellione della natura oggi violata
dalla manipolazione ambientale e del corpo umano. Giobbe e altre figure
bibliche sono il paradigma di questa avventura che mette in crisi i legami tra
creatura umana e divinità, insinuando la percezione che Dio è direttamente
coinvolto nell' insorgenza della sventura e che la guarigione significa
perdono. Ma Giobbe, all' inizio arrabbiato, alla fine si sente amato, perché la
malattia porta con sé una rivelazione alta; essa è per assurdo un dono che ci
obbliga alla conversione. In questa visione della sofferenza si parlerà anche
dei viaggi della speranza a Lourdes, dove si respirano segnali di trascendenza
e dove si vive un' esperienza che cattura anche i non credenti. Il convegno è
un invito ai medici a non perdere la sensibilità di fronte agli interrogativi
che riguardano il mistero della malattia e della morte, perché «il medico è
stato creato da Dio e da Dio ottiene sapienza». *presidente Associazione medici
cattolici
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