IL CASO/ Il "nuovo" aborto tra pillole e leggi da evitare di Assuntina
Morresi, venerdì 25 novembre 2011, http://www.ilsussidiario.net/
Con la pubblicazione in Gazzetta
del decreto dell’Aifa (Agenzia italiana del farmaco), la settimana scorsa, si è
concluso il percorso italiano per la commercializzazione della “pillola dei
cinque giorni dopo”, la EllaOne, che sarà in vendita nelle nostre farmacie fra
4-5 mesi. Una pillola controversa, perché pur funzionando in modo del tutto
analogo a quella abortiva Ru486 è stata registrata in Europa come
contraccettivo, nella categoria bugiarda della “contraccezione d’emergenza”,
un’espressione ambigua che nasconde aborti possibili, ma mai verificabili. In
base a un parere positivo dell’Ema (l’agenzia di farmacovigilanza europea), la
Commissione europea ne ha consentito la diffusione nei 27 paesi dell’Ue,
attraverso la procedura centralizzata, che non prevede un esame del farmaco da
parte delle singole nazioni, che hanno potuto decidere solamente le modalità di
accesso al prodotto.
A fronte di tante polemiche, e di
richieste al governo di intervenire per impedire l’ingresso in Italia di
EllaOne, è bene quindi chiarire ancora una volta che, con le attuali normative,
quando viene approvata la commercializzazione di un farmaco con procedura
centralizzata, come in questo caso, nessun governo nazionale può intervenire
per impedirlo. Per capire: chiedere al governo italiano di intervenire per non
commercializzare un prodotto approvato all’Ema con procedura centralizzata,
equivale a chiedere a un presidente di una regione di non commercializzare un
prodotto autorizzato a livello nazionale. E d’altra parte, da alcuni anni in
Italia non è il ministero della Salute a occuparsi di autorizzare e monitorare
farmaci, ma l’Aifa, un’agenzia indipendente. La politica è estromessa da questo
settore.
Uno spunto in più di riflessione,
in un periodo in cui si invocano i cosiddetti “tecnici” aspettandoci da loro
chissà quali effetti salvifici rispetto alla politica: dobbiamo essere
consapevoli che ogni volta che una competenza viene tolta a istituzioni
politiche e data a organismi tecnici “indipendenti”, nazionali o, peggio ancora,
internazionali, poi è difficilissimo intervenire nel merito. Gli organismi
tecnici e burocratici non rispondono direttamente ai cittadini, ma a logiche
interne e di settore, e non per cattive intenzioni di chi ne fa parte, ma
proprio per il modo in cui sono progettati e costruiti. Qualsiasi Authority,
per definizione, è indipendente dalla politica.
La Ru486 è stata il primo e sarà
sicuramente l’ultimo farmaco esplicitamente abortivo: le polemiche non aiutano
le vendite, in questo settore. Con EllaOne l’aborto è incerto, mai verificabile
e tantomeno lo si potrà quantificare, e per i contraccettivi non ci sono leggi
da rispettare, di solito: la vendita è libera. La strada è definitivamente
segnata: senza più confini fra contraccezione e aborto, una pillola vale
l’altra. Funzionano tutte, purché presa ognuna al momento giusto - una prima
del rapporto sessuale, altre poco dopo, altre ancora dopo un po’ - e a
distinguerle saranno solo gli effetti collaterali. Con un disastro educativo,
oltre che sanitario: se l’aborto e la contraccezione si confondono, il giudizio
ne esce indebolito, e la prevenzione diventa quasi impraticabile.
Le leggi, a quel punto,
regoleranno solo gli aborti tardivi, perché le pillole della “contraccezione di
emergenza” non rientrano nella 194 - perché non è possibile formulare un
certificato di gravidanza quando c’è un embrione formato ma non annidato in
utero, visto che non esistono test in grado di accertarne la presenza - e
l’obiezione di coscienza non sarà più un problema. Ci penseranno le donne, da
sole, a procurarsi la pillola giusta, con grande sollievo dei
compagni-partner-fidanzati-mariti.
Dobbiamo essere pronti ad
affrontare l’aborto che cambia, quello nascosto e incerto, consapevoli di avere
pochi strumenti a diposizione. Primo: è importante che venga osservata la
richiesta di test di gravidanza negativo, per avere la prescrizione di EllaOne.
Come già detto, attualmente nessun test è in grado di verificare la presenza di
un embrione formato ma non ancora annidato in utero. Ma quelli precoci a
disposizione possono evitare che la pillola sia presa da donne con una
gravidanza iniziale, di una-due settimane, per la quale ancora non c’è il
ritardo del ciclo. E, inoltre, la richiesta di un test da eseguire in
laboratorio veicola un messaggio di attenzione, di una pillola che va presa con
precauzione, non di un farmaco immediatamente disponibile sullo scaffale, su
semplice richiesta. Nella pratica, il ricorso a un test di gravidanza più
serio, cioè che non si può semplicemente comprare in farmacia, ma che bisogna
fare in laboratorio, potrà contribuire a evitare “l’abuso del fine settimana”,
che costituisce ormai un fenomeno preoccupante soprattutto per le minorenni.
Secondo: è necessaria una
produzione scientifica importante sia qualitativamente che quantitativamente,
per poter argomentare - nelle sedi adeguate - gli effettivi meccanismi di
funzionamento di questi contraccettivi “post-concezionali”. La battaglia, per
essere efficace, va fatta all’interno delle società scientifiche e nei convegni
nazionali e internazionali di settore.
Terzo: in parallelo, è necessaria
un’informazione corretta, soprattutto ai giovani, nel territorio, possibilmente
all’interno dei consultori pubblici, ma anche nell’ambito dei progetti di
educazione all’affettività che possono essere proposti alle scuole (dove ormai
entra di tutto). Un’informazione che non significa un elenco di notizie, pur
corrette, ma un vero e proprio percorso educativo, innanzitutto alla
responsabilità dei rapporti interpersonali.
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