Radio Maria. Diretta Prof.Palmaro del 11 novembre 2011. Tema: “Incontri con la bioetica. Bioetica : male minore e verità”
(trascrizione dalla registrazione)
Cari ascoltatori, buon pomeriggio. Ben ritrovati al nostro consueto appuntamento mensile con la bioetica. Quest’oggi la trasmissione ha come titolo “Bioetica : male minore e verità”. Perché? Perché ci rendiamo conto da tanti sintomi, da tanti segnali che provengono dalla vita pubblica, dalla vita politica, dai mezzi di comunicazione, che in questi anni è diventata sempre più frequente all’interno della riflessione bioetica teorica, ma direi soprattutto a livello della bioetica pratica, cioè dell’applicazione concreta nella vita di tutti i giorni, di scelte morali nel campo della bioetica, è venuta sempre più in evidenza, mi pare, una questione, un nodo non del tutto risolto o, per lo meno, un nodo risolto in modo come sempre esemplare dalla dottrina cattolica, dal magistero della Chiesa e, in generale, da chiunque si metta nel solco della dottrina della legge naturale, cioè il problema del cosiddetto ‘male minore’, a fronte invece di un grande stato confusionale che nella prassi si agita intorno a questa categoria del male minore. Perché? Perché c’è un elemento – come dire – storico. Incominciamo da questo dato di realtà, cioè c’è un elemento obiettivo che osserviamo nel mondo in cui viviamo, e dal mondo in cui viviamo prendiamo le mosse, proprio perché come sempre il nostro approccio, come quello che caratterizza l’approccio della Chiesa, del cattolicesimo e, quindi, di questa Radio, è un approccio estremamente realistico.
Voi sapete – l’abbiamo detto più volte - che la Chiesa ha frequentemente rimandato alla figura di Tommaso D’Acquino come vertice della storia della filosofia, del pensiero filosofico d’impronta cattolica, perché Tommaso D’Acquino, fra le altre cose, è il fautore di una filosofia che è nota anche come ‘realismo della conoscenza’.
Allora, senza farla troppo lunga e senza complicarci la vita in questioni teoretiche, realismo della conoscenza significa che la vera filosofia – la sana filosofia aristotelico-tomistica – muove dalla realtà, ha a che fare con la realtà concreta. Non si immagina un uomo surreale , un uomo che non è mai esistito, ma fa i conti con la realtà concreta. Quindi, è esattamente il contrario di quell’accusa che talvolta ci sentiamo fare quando difendiamo un principio, difendiamo un valore non negoziabile, l’accusa di essere fuori dal mondo, fuori dalla realtà, di fare delle battaglie di retroguardia, di essere gente che non ha i piedi per terra…. quest’accusa un cattolico la deve respingere al mittente perché nulla è più realistico del Vangelo, nulla è più realistico dell’insegnamento della Chiesa cattolica, nulla è più realistica della morale cristiana. Dunque per realismo intendiamo che ciò che ci viene proposto, insegnato, dalla Chiesa, dal Vangelo, da Cristo stesso, è realizzabile: il bene è possibile. Il bene che ci viene insegnato, che ci viene proposto e a cui noi tendiamo, pur con tutti i nostri limiti, i nostri difetti, i nostri peccati, è possibile: non è qualche cosa di impossibile.
Allora questo bene possibile, è possibile non soltanto nelle scelte individuali, nella testimonianza personale nella vita del singolo e nel segreto, nel sacrario della sua coscienza, ma questo bene è possibile anche nella vita dei popoli, anche nella vita delle nazioni, anche quindi nelle scelte degli stati e dei legislatori. Se questo bene è possibile, allora questo bene anzitutto deve essere conosciuto, deve essere insegnato, deve essere difeso anche quando ci si trovi in una congiuntura storica in cui questo bene non viene praticato, non viene insegnato, non viene difeso.
La bioetica si trova, suo malgrado per così dire, al centro di questa contraddizione storica, cioè nella necessità, da un lato di difendere la verità tutta intera, e dall’altro lato, purtroppo, nella sconfitta pratica derivante dal fatto che la verità viene calpestata, viene negata, viene taciuta, viene inquinata proprio da una prassi che è anticristiana, che è contraria alla verità, che è sempre più secolarizzata, eccetera eccetera. Non ci dilunghiamo su aspetti che caratterizzano la nostra società e che gli ascoltatori di Radio Maria ben conoscono. Dunque, la nostra premessa in sostanza ci dice : - Parliamo oggi del male minore e del rapporto che il male minore ha con la verità perché a fronte di questa dialettica, di questa contraddizione tra il bene che deve essere insegnato, che deve essere praticato, che deve essere difeso, e la società secolarizzata relativista pluralista, che questo bene nega, che questo bene calpesta, che questo bene contrasta… che cosa accade anche all’interno dello stesso pensiero cattolico? Che si avanza, si fa strada, una dottrina vera e propria, una falsa dottrina, che tende a improntare l’azione del cattolico nella società pluralista e, in particolare, l’azione del cattolico in politica, nella prospettiva nella dimensione riduttiva del male minore.
Detto in parole più semplici, la soluzione che viene sempre più spesso proposta, praticata e teorizzata, rispetto a questa condizione di conflitto tra la verità che la Chiesa insegna - badate bene, verità come sempre sotto il profilo della bioetica, che attengono al bene comune, che attengono alla legge naturale; quindi non stiamo parlando delle verità dogmatiche, delle verità de fidae che la Chiesa nella sua Tradizione non ha mai inteso imporre alle coscienze attraverso leggi dello Stato – stiamo parlando invece di quelle verità che hanno a che fare con quelle condotte che comportano l’uccisione, il furto, la truffa, l’inganno, cioè quelle azioni che sono, oltre che immorali, delittuose perché offendono un bene giuridico fondamentale che può essere la vita, il matrimonio, la proprietà privata…. allora, dicevo, quando ci si accorge che nella società (ed è successo nella nostra società da alcuni decenni) un bene fondamentale come quello della vita venga messo alla mercè della volontà del singolo dalla legge dello Stato (stiamo parlando della legge 194 del 1978, legge intrinsecamente ingiusta; stiamo parlando della legge 40 del 2004 sulla fecondazione artificiale, legge intrinsecamente ingiusta; stiamo parlando di una legge che dovesse approvare la legalizzazione delle volontà anticipate del paziente che contengano elementi di apertura anche strisciante, anche implicita, all’eutanasia (leggi ‘dichiarazioni anticipate di trattamento’)… ecco, di fronte a questo orizzonte, di fronte a questa realtà che s’impone fattualmente, cioè che è nei fatti per cui non puoi negare che sia così; allora taluni, anche all’interno del mondo cattolico, propongono di risolvere il conflitto di coscienza che ne nasce con la soluzione del cosiddetto “male minore”.
Cioè, in sostanza, si abbandona – attenzione, cari ascoltatori! - si abbandona una posizione rispettosa della verità tutta intera e abituata a misurare le categorie morali sotto il profilo del buono e del malvagio, del vero e del falso, quindi attraverso categorie nette, categorie chiare, categorie che non ammettono sfumature almeno dal punto di vista dell’affermazione di un principio generale; ecco, si passa da una visione morale classica, che è quella che ho appena descritto per cui vi sono azioni che sono intrinsecamente inaccettabili sotto il profilo morale ed eventualmente anche sotto il profilo giuridico,a una visione di tipo proporzionalista. Noi del proporzionalismo nelle nostre trasmissioni abbiamo già parlato, ma alle volte è necessario ribadire certi concetti: “Che cosa vuol dire ragionare in termini proporzionalistici?” Vuol dire ragionare in termini morali che non ammettono più l’esistenza di azioni cattive in se stesse o buone in se stesse, ma oggettivamente buone o oggettivamente cattive, non ammette più l’esistenza di assoluti morali, ma ragiona sempre in termini di proporzione tra il male che una determinata condotta comporta e il bene che si spera di ottenere da quella stessa condotta, per cui il proporzionalista è chiamato così perché opera un bilanciamento proporzionale tra il male che prevede che una certa condotta comporti e il bene che da questa condotta ne può derivare. Cosa significa questo nel nostro discorso bioetico? Significa che ragionando secondo questa visione del male minore, il nostro agente (cioè per agente s’intende in chiave morale colui che deve agire - può essere il politico, può essere il bioeticista, può essere il moralista, il confessore, il penitente, qualunque essere umano è tenuto a prendere una decisione che ha un’implicazione morale significativa, invece che ragionare secondo le categorie che derivano dalla dottrina classica, quindi dal Decalogo (non rubare, non desiderare la donna d’altri, eccetera, eccetera), comincia a soppesare le azioni mettendo sulla bilancia pregi e difetti, benefici e danni. Allora, non uccidere? Bè, sì … non devo uccidere, però… se in quella determinata situazione al male che deriva dall’uccisione posso mettere sull’altro piatto della bilancia un bene che considero più importante … allora questa azione diventerà buona (chiave proporzionalistica).
Voi rimarrete certamente sorpresi dall’esito anche drammatico, inquietante, di questo modo di ragionare, però dobbiamo renderci conto che talvolta noi ci facciamo passare sotto il naso – per così dire – dei modi di ragionare di stampo proporzionalista, senza quasi accorgerci, soprattutto quando lo scenario nel quale si muove il ragionamento, è lo scenario politico. Perché? Perché lo scenario politico è obiettivamente, generalmente, riconosciuto come uno scenario nel quale le condotte sono determinate da una prospettiva compromissoria.Si dice che la politica è l’arte del possibile, è chiaro allora che lo scenario politico è uno scenario frammentato pluralistico, dove s’incontrano tendenze posizioni valori contenuti principi, differenti – se non opposti – e, quindi, l’esito dell’atto politico non può che essere un minimo comune denominatore delle diverse componenti che caratterizzano il quadro politico stesso.
Per scendere sul terreno della bioetica, prendiamo un argomento: “fecondazione artificiale”. Nel quadro politico e anche nel quadro sociale c’è una pluralità di posizioni che vanno da chi è favorevole a ogni tipo di fecondazione artificiale, , passando attraverso chi è favorevole a qualche ipotesi di fecondazione artificiale, arrivando a chi vuole la fecondazione artificiale ma solo in certi casi e a certe condizioni, per giungere poi (sperando che ci sia ancora qualcuno che pensa quello che sto per dire), a chi sia invece contrario a qualunque ipotesi di fecondazione artificiale extracorporea. Data questa varietà di posizioni la politica che cosa può produrre? Può produrre un compromesso (qualcuno lo definisce onorevole) che genera ad esempio una legge come quella in vigore in Italia. La legge 40 del 2004 è una legge compromissoria nella quale troviamo qualche elemento di restrizione alla fecondazione artificiale, qualche dichiarazione di tutela giuridica del concepito e qualche espressione di riconoscimento del valore dell’essere umano fin dal concepimento, accanto alla legittimazione, alla legalizzazione, della fecondazione artificiale, che quindi può essere praticata come un vero e proprio diritto dei cittadini italiani.
Allora questo è un esempio di applicazione pratica di questa dottrina del male minore secondo la quale, quindi, le azioni non dovrebbero più essere valutate come buone o cattive, ma come l’azione ‘migliore’ o ‘meno peggiore’ che io posso tenere di fronte a un quadro pratico che non mi lascerebbe delle alternative; cioè non mi permetterebbe nel caso specifico, ad esempio, di volere una legge integralmente rispettosa del diritto alla vita del concepito. Allora qui, intanto, due osservazioni importanti (il tema ha tanti addentellati, ma noi vogliamo essere didascalici, non vogliamo mettere troppa carne al fuoco).
Una prima osservazione di carattere morale, cioè spiegare bene come funziona la dottrina del ‘male minore’. Quella vera, non questo simulacro che viene utilizzato per legittimare qualunque cosa e ragionare in termini proporzionalistici, dottrina che è incompatibile con la dottrina morale cattolica.
Seconda osservazione invece, di carattere più giuridico, con riferimento in particolare al citatissimo numero 73 dell’Evangelium Vitae sulle cosiddette leggi imperfette, categoria di cui abbiamo già parlato, ma che richiederà ancora una specificazione da parte nostra.
Vediamo di affrontare, cari ascoltatori, la prima questione che è quella della definizione più precisa di che cosa sia lecito fare - che sia bene fare – di fronte alla cosiddetta questione del male minore. Innanzitutto abbiamo qualche illustre consiglio di carattere autorevole, lo troviamo ad esempio nella Lettera ai Romani, dove si legge: “Non facciamo il male perché ne venga un bene”. Qui Paolo stabilisce un principio fondamentale per cui non si può fare un male in vista di ottenerne un bene. Quindi, è sempre da escludere il ricorso a un mezzo illecito in vista di un bene. Questa legge aurea e immutabile del diritto della legge naturale ci aiuta a sciogliere agevolmente la gran parte delle questioni bioetiche; desiderare di avere un figlio è in linea generale un bene; il mezzo attraverso il quale lo vogliamo ottenere – se è il ricorso alle tecniche di fecondazione artificiale – costituisce proprio la violazione di questo precetto, cioè il precetto che dice che non devi fare il male anche in vista di un bene. Detto in termini più moderni e alludendo al punto di vista dei filosofi eredi di Macchiavelli : “il fine non giustifica il mezzo”.
Quindi, data questa premessa, ci facciamo due domande. “Ma, fra due mali si può scegliere il male minore?”: 1^ questione. 2^ questione: “Ma, si può consigliare qualcuno a percorrere il male minore?”
Cominciamo dalla prima domanda: “Si può scegliere il male minore?” Allora, se io mi trovo davanti a due mali, scegliere di compiere il male minore non è mai lecito quando si tratti di due mali ovviamente di tipo morale, cioè quando le due azioni di fronte alle quali mi trovo comportano entrambe – seppure con una gradazione magari di gravità diversa – la violazione della legge morale. Quindi, questa è un’altra legge aurea da cui non si scappa. Posti di fronte a due mali che siano ciascuno una violazione della legge morale, non è possibile scegliere lecitamente l’uno invece dell’altro appellandosi al fatto che lo si valuta meno grave, meno brutto, dell’altro male. Quindi un male non può diventare bene, non può diventare lecito, soltanto perché comparato a un altro male fa la figura del piccoletto…. dice: “ma, ho fatto un’azione … però è sempre meglio che compiere un’altra azione più grave…” Quindi, questa comparazione è chiaro che rimane vera nella valutazione della responsabilità, della gravità, di quello che si è fatto, perché il male ha una sua gradazione. Una bugia detta alla mamma non è una falsa testimonianza in Tribunale, non è un furto con scasso, non è una rapina, eccetera eccetera; ma …un male non può mai essere trasformato in un bene solo perché confrontato a qualche cosa che è peggiore.
Ora qui facciamo subito una traslazione sul piano giuridico. Viviamo costantemente immersi in un flusso informativo, anche talvolta proveniente dal mondo cattolico, che qualifica come buone delle leggi soltanto perché queste leggi appaiono meno brutte, meno ingiuste, meno sconquassanti, di altre leggi magari in vigore in un’altra nazione, o di altri progetti di legge che potrebbero essere approvati in chiave peggiorativa di quella stessa legge. Allora, a fronte di questa comparazione, ecco che una legge che è gravemente ingiusta comincia ad essere qualificata come buona legge; oppure, con un altro éscamotage dialettico, con l’espressione - mutuata dall’antilingua - come ‘legge imperfetta’. E …pensate che questo grave errore - gravissimo errore - di qualificazione morale e giuridica di una legge ingiusta, viene addirittura impugnato da parte di alcuni per perorare delle leggi ingiuste sostenendo che chi non le appoggia è in errore, è un reprobo, è qualcuno al quale bisognerebbe togliere la possibilità di testimoniare la verità, bisognerebbe ridurlo al silenzio.
Ecco, questa prospettiva è una prospettiva evidentemente completamente inaccettabile , completamente di rottura rispetto a una ermeneutica della continuità delle prospettive morali, insegnate e praticate dalla dottrina cattolica in duemila anni. Quindi, che qualcuno possa sostenere che una legge che permette di produrre embrioni in provetta, di usarne una parte o tutti sapendo che sono destinati quasi sicuramente a morte certa, accettando che a migliaia, a decine di migliaia periscano ogni anno nell’applicazione di quella legge dello Stato, ecco chi sostiene che tutto questo è buono o tutto questo fa parte ed è conseguenza di una legge buona o di una legge da difendere in relazione al fatto che potremmo avere una legge che ne permetta la soppressione di un numero maggiore o che permetta un’applicazione più lassa, più vasta, più ampia, della fecondazione artificiale… chi dice queste cose sta commettendo un errore concettuale, un errore di valutazione gravissimo – oggettivamente gravissimo – ancorchè questo errore possa avvenire in buona fede, sulla base delle motivazioni più diverse, le più comprensibili sotto il profilo umano, tuttavia questo giudizio è un giudizio erroneo.
Dove però, ecco, la valutazione di comparazione fra una legge ingiusta e una legge peggiore si potrebbe verificare? Si potrebbe verificare – dice il n° 73 dell’ Evangelium Vitae - quando o vi fosse già in vigore una legge ingiusta e ci si trovasse nella strettoia parlamentare della proposizione di una proposta di legge o di emendamenti a una legge precedente, che tende a migliorarla in modo significativo, in modo rilevante. Allora a questo punto – dice il n° 73 dell’enciclica ‘Evangelium Vitae’ di Giovanni Paolo II - al parlamentare cattolico è consentito, è permesso, di dare il proprio consenso elettorale (di dare il proprio voto) anche a una legge che rimane intrinsecamente ingiusta, ma – attenzione! – con una serie di circostanze, di prescrizioni rigorosissime, che sono :
1°) avere manifestato pubblicamente a tutti che il proprio voto non va a sostegno di quella legge ingiusta, ma che è motivato solo dalla necessità di ridurre in qualche modo l’ingiustizia anche se quell’ingiustizia non viene eliminata;
2°) che sia stata preventivamente verificata la oggettiva impossibilità pratica, politica, di abrogare totalmente la legge ingiusta;
3°) che il proprio voto sia determinante , perché se si accertasse che il voto non è determinante, non si deve cooperare.
Quindi, tutto questo che cosa fa capire? Che la prospettiva da cui muoveva, e muove, il Magistero cattolico nella persona autorevole di Giovanni Paolo II, non come teologo, ma nella sua funzione magisteriale di pontefice, la visione non è quella di elevare una legge ingiusta alla categoria di legge buona o di legge imperfetta, ma è quella di lasciare che quella legge venga ancora qualificata come ingiusta, circoscrivendo l’azione del parlamentare soltanto a un male non scelto ma subito. Ecco qui, il secondo aspetto che qualifica correttamente la dottrina del ‘male minore’: il male minore è qualcosa che può essere subito quando di fatto non ci sia nessuna forma di adesione libera e volontaria di adesione al male stesso.
Ora, questo tipo di logica è molto chiara, è molto esigente anche – è molto chiara ed è molto esigente - e permette anche di fare un passo ulteriore nella qualificazione di una legge come legge ingiusta. Quando pure ci trovassimo nello scenario in cui ritenessimo che una certa legge è meno ingiusta, è meno spregevole di un’altra (quindi facciamo una comparazione), quand’anche ci trovassimo nell’ applicazione rigorosa specifica molto puntuale dei requisiti che il n°73 dell’ Evangelium Vitae descrive (avete visto che sono requisiti molto stringenti, tutt’altro che approssimativi!) quand’anche ci trovassimo in questa condizione, quand’anche quindi si arrivasse ad una azione legittima, lecita, di sostegno di quella parte di variazione, di modifica di una legge, in senso restrittivo per esempio, una restrizione della legge 194, una restrizione della legge 40; quand’anche si compisse questo atto politico-giuridico in vista del raggiungimento di questo risultato parziale, noi saremmo forse di fronte – una volta ottenuta l’approvazione di questa legge meno ingiusta (se vogliamo usare questo termine comparativo), ci troveremmo forse in presenza di una legge diventata giusta, di una legge diventata buona, diventata da difendere, diventata ‘imperfetta’? Assolutamente no.
Perché la qualifica, eventualmente utilizzabile, di imperfetta rispetto a quella legge è una qualifica temporanea, è una qualifica che vale fintanto che il gioco dialettico parlamentare che presiede l’approvazione della nuova legge rimane attivo, cioè finchè la discussione è viva , allora noi possiamo fare una comparazione e, a ragion veduta, dopo avere dichiarato pubblicamente che siamo contrari ad ogni ipotesi di fecondazione artificiale… attenzione, perché questo oggi chi lo dice pubblicamente? Chi lo sta ripetendo, oggi, che non soltanto questo è un problema morale, ma è un problema di violazione dei diritti fondamentali dell’uomo, quindi un problema che dovrebbe trovare una soluzione giuridica nel divieto di ogni forma di fecondazione artificiale extracorporea!
Bene, una volta chiarito questo, il giorno dopo che viene approvata una legge cosiddetta imperfetta, quella legge cessa di essere imperfetta perché a quel punto diventa tout-court una legge ingiusta, cioè una legge contro la quale io, un minuto dopo che è stata approvata, mi devo schierare. Tant’è vero che - molti non lo ricordano, quasi nessuno lo dice - la legge 40 del 2004 sulla fecondazione artificiale contiene un articolo (l’articolo 16) che prevede… che cosa? L’obiezione di coscienza! Ma guarda un po’… una legge ‘buona’ che prevede la possibilità per i medici e gl’infermieri di fare obiezione di coscienza alle tecniche di fecondazione artificiale! Strano, strano che ci sia l’obiezione di coscienza, potremmo dire… no, non è strano perché le uniche due leggi in vigore in Italia ad oggi che contemplano (per fortuna, grazie a Dio!) almeno il diritto all’obiezione di coscienza, ammettendo così implicitamente di essere delle leggi ingiuste, sono la legge 194 e la legge 40.
Quindi, cari ascoltatori, quello di cui stiamo parlando non è un aspetto per amatori della teologia dogmatica o della teologia morale, ma è una questione fondamentale perchè è diventata per molti versi anche una enorme buccia di banana su cui scivolano i cattolici; quella cioè di credere, di insegnare, di dire pubblicamente che la legge sulla fecondazione artificiale è una buona legge, o che il divieto della fecondazione eterologa è un provvedimento che tutela la vita dal concepimento. Non è vero!!! Non è vero, perché, fermo restando che è meglio vietare almeno l’eterologa, fermo restando questo dato, come dire, quasi puerile in termini quantitativi perché si può presumere che in termini quantitativi questo riduca (forse) il numero di fecondazioni artificiali che si fanno; tuttavia rimane vero che la fecondazione artificiale che si fa a norma di legge in Italia con la fecondazione artificiale omologa comporta una perdita (dicono alcuni), la morte (dicono altri), la soppressione accettata deliberatamente (dicono altri ancora) della vita umana concepita di molti embrioni. Molti embrioni vengono consapevolmente sacrificati facendo le tecniche di fecondazione artificiale!!!
Allora tutto questo discorso – uno potrebbe dire “ma sapere questo non cambia il quadro politico… poi soprattutto detto in queste ore che c’è un quadro confuso… molto problematico…”, ma qui non si tratta di pretendere sic et simpliciter con un po’ anche di faciloneria, di cambiare le cose che non si possono cambiare, qui si tratta di rendere innanzitutto testimonianza (…) prudente, forse in parte opinabile perché poi c’è anche nella valutazione dsei testi di legge, sopratutto delle proposte di legge non ancora approvate, un certo grado di opinabilità; quindi dobbiamo anche dire che bisogna avere una granitica certezza sui principi, poi nella loro applicazione giuridica c’è sempre anche un certo grado di opinabilità derivante dalla complessità tecnica del diritto che va interpretato, che va applicato. Quindi, fatta salva anche questa quota di opinabilità nell’interpretazione di alcuni aspetti normativi, è chiaro che ad esempio la discussione sulla legge in merito alle dichiarazioni anticipate di trattamento è una discussione totalmente aperta all’interno del più sano orientamento cattolico. Perché aperta? Perché vi sono fondati dubbi che quel progetto di legge, che ancora non è stato approvato definitivamente dal Parlamento italiano, contenga degli squarci, delle feritoie, delle fessure che permetteranno di peggiorare il quadro giuridico attuale in senso eutanasico.
Ovviamente, su questo poi va riconosciuta una certa qual complessità interpretativa, ma sarebbe veramente inaccettabile qualunque tentativo di soffocare questo dibattito interno alla migliore tradizione della bioetica cattolica italiana, che mette in luce elementi inquietanti nella proposta normativa che riguarda le dichiarazioni anticipate di trattamento. Quindi, nessuno si permetta, si arroghi il diritto, di intimare a chicchessia di dover sostenere queste proposte, questi disegni di legge simili, anche perché, tra l’altro, esiste una nutrita letteratura bioetica della migliore tradizione cattolica che ha sempre affermato di non favorire il testamento biologico o di non favorire strumenti che ne siano – seppure sotto specie e sotto denominazioni diverse – la medesima attuazione. Dichiarazioni anticipate di trattamento e testamento biologico sono infatti due modi diversi di definire uno strumento sostanzialmente identico. Allora andiamo verso una conclusione della nostra chiacchierata , anche per lasciare spazio a qualche telefonata.
Le notizie che i mezzi di comunicazione talvolta ci lanciano possono essere dei segnali interessanti di un ripensamento dell’opinione pubblica o delle forze politiche o di personaggi importanti del mondo della comunicazione sul fronte della vita umana. Quindi, abbiamo avuto in queste settimane un provvedimento, una sentenza a livello dell’ Unione Europea, contro la brevettabilità di ricerche scientifiche, di scoperte scientifiche ottenute con embrioni umani, con il sacrificio di embrioni umani (e questo è un fatto positivo); abbiamo visto e sentito l’amico Giuliano Ferrara – direttore de “Il Foglio” – schierarsi pubblicamente, nella sua trasmissione televisiva, contro l’aborto procurato, e questo è un fatto positivo; abbiamo sentito anche recentemente una cantante come Laura Pausini dire pubblicamente: “No, io l’aborto procurato non lo farò mai perchè è una cosa che non si deve fare”. Questi segnali sono importanti, sono da valorizzare, però attenzione a non avere una visione obliterata della realtà, cioè parziale, perché dobbiamo portare questi segnali a confrontarci con la verità tutta intera.
Quindi, la sentenza della Corte Europea non impedisce la sperimentazione sugli embrioni, quindi non passiamo un messaggio che sia troppo ottimistico; la posizione di Giuliano Ferrara è importantissima, ma si accompagna a un errore concettuale quando non vuole mettere in discussione la legge che permette l’aborto in Italia. Non si può essere antiabortisti ed essere a favore della 194, anche se poi Ferrara parlandone rivela che in realtà questo è più un atteggiamento tattico che non una posizione di principio, e allora a questo punto lo si può condividere. E così pure è importante dire “io non farò mai quest’azione illecita”, ma è importante anche capire che non si tratta solo di una posizione soggettiva sotto il profilo della coscienza individuale, ma che deve diventare una norma avente valore erga omnes per tutta la collettività, perché è la tutela e la protezione di un bene oggettivo come quello della vita innocente che non può essere affidato alla sensibilità della coscienza individuale.
Bene. Abbiamo capito insomma, cari ascoltatori, che non dobbiamo imboccare scorciatoie che in nome del male minore ci facciano diventare cooperatori di leggi ingiuste, di consigli ingiusti alle persone, di soluzioni compromissorie nelle quali ci illudiamo di salvare capre e cavoli, magari facendo qualcosa di sbagliato, di cattivo, ma un po’ meno cattivo e sbagliato di un’altra azione che presenta aspetti ancora più problematici. Bene, lasciamo ora spazio alle vostre domande in argomento con quanto abbiamo appena detto.
Domande degli ascoltatori
D.- Mi chiamo Alessandra e telefono da Milano. Volevo dire: “Come possiamo opporci a questa marea…. È come un’onda che ci sommerge… a volte si teme di non riuscire ad opporsi perché si infiltra nelle menti, è proprio una cosa tremenda, ecco …
R.- Grazie. Capisco perfettamente il sentimento anche psicologico alle volte come di soccombere di fronte a una marea montante che è resa ancora più impressionante, da un lato dal fatto che c’è una insensibilità morale, una leggerezza, una superficialità, una ignoranza anche proprio crassa, in questa materia da parte della società in cui viviamo; della quale però alle volte, ecco io stesso mi sento un po’ responsabile e mi chiedo quanto di questo disastro etico che si accompagna alla società in cui viviamo non dipende da ciascuno di noi, non solo non tanto per l’incoerenza di vita… per i difetti che abbiamo che in qualche modo sono sempre stati presenti nella vita della chiesa, nel fatto che la chiesa è la comunità dei peccatori alla fine; ma anche nella paura, nella codardia, nella confusione, nell’assenza di amore alla dottrina della chiesa, alla dottrina morale che noi manifestiamo; quanto noi abbiamo sulla coscienza il disorientamento di tante persone che non sono cattive, ma che semplicemente non sanno, non sono state nemmeno mai avvertite che quello che stanno facendo, che vogliono fare, è un male e che magari – avvertite con carità – possono anche cambiare la loro determinazione. Quindi, questa è la prima cosa: vedere in questo apostolato della verità così ingrato una grande opportunità di fare il bene. Certo, l’elemento più scoraggiante alle volte è accorgersi che queste incomprensioni, che sconfinano alle volte nell’ostilità, non vengono dall’esterno, ma dall’interno del mondo cattolico, come dicevo prima da bioeticista posso testimoniare, posso documentare, anche questo smarrimento talvolta che ci colpisce nel vedere che la confusione è dentro le mura, non è fuori delle mura, e che talvolta si viene anche ripresi, si viene in qualche modo perseguitati se si resta aggrappati, non al nostro ego, alla nostra supponenza personale, ma alla grandezza di una dottrina che certamente ci sovrasta, è più importante di noi, non è nelle nostre possibilità cambiarla. Purtroppo gli interessi politici, le ambizioni personali sono delle tentazioni terribili - che Tolkien ha rappresentato bene con la metafora dell’anello - e queste ambizioni alle volte poi fanno usare in maniera strumentale della falsa dottrina per diffondere l’errore. Però noi non dobbiamo arrenderci, dobbiamo essere sereni e stare saldi nella consapevolezza che questa non è una battaglia nostra, ma che facciamo a maggior gloria di Dio.
D.- Io mi chiamo Anna e telefono da Torino. In parte lei ha già risposto al cruccio che volevo esporle. Perché purtroppo ecco io essendo un sessuologo clinico (?) cattolico, da trent’anni io trovo molto duro lavorare, però il problema è che il grosso cruccio è correlato al fatto che quotidianamente io incontro coppie, incontro persone che sono veramente disinformate perché probabilmente, lei lo sa, che il dio denaro conviene a qualcuno, però quante volte io facendo un’analisi spiego che cos’è e perché non sono d’accordo sulla fecondazione perché professionalmente eticamente io penso di poter esporre il mio credo; quando parlo di contraccezione è peggio ancora…perché quando dico: “Lei ha già subito aborti spontanei o provocati?” “No, mai, niente” “E qual è il suo tipo di contraccezione?” “Ah, io uso la spirale da 20 anni” allora io comincio a dire: “Allora contiamo in tutti i mesi di questi 20 anni quanti aborti ha fatto” , lo sa che c’è gente che si mette a piangere? Perché è veramente vergognoso da parte nostra, a volte io chiedo perché le persone – anche se non sono cattoliche - perché non spiegano alla donna che si sta distruggendo, non solo dal punto di vista etico e morale, ma anche dal punto di vista fisico? Perché comunque trattare degli organi come fossero carta straccia… poi vediamo le coppie di 35 anni che vanno a fare fecondazioni su fecondazioni perché hanno sulle spalle 10 anni di estroprogestinici… 10 anni di spirale… sinceramente sono coppie che mi fanno pena, ma nessuno le ha avvisate prima, ecco… però lei nella sua risposta di prima ha già sottolineato questo grosso problema, che probabilmente è la nostra categoria che sbaglia.
R.- Grazie perché la telefonata è interessantissima e anche molto confortante perché dimostra a tutti gli ascoltatori che ci sono dei professionisti che riescono a coniugare in modo molto naturale la professionalità con la coscienza retta e lei lo fa e questa testimonianza è grande. Però la cosa più forte è proprio la testimonianza del valore della verità e del valore di conversione della verità perché tante volte la coscienza è una coscienza malformata, è una coscienza ignara, e questo dipende anche da una concezione della pastorale deforme, distorta, obbrobriosa, nel senso che talvolta si ritiene che pastoralità si coniughi con menzogna, cioè con il non dire come stanno le cose perché sennò poi i fedeli hanno dei malesseri di coscienza, hanno dei rimorsi, come se il rimorso fosse una maledizione… il rimorso è una benedizione. Noi dobbiamo invocare di conservare una coscienza che abbia la capacità di rimordere quando facciamo qualcosa di male, per cui ci vuole tanta serenità e anche tanto coraggio – purtroppo, devo dire, oggi - nel testimoniare la verità tutta intera serenamente … non cambierò il mondo, non cambierò le leggi, non entrerò in Parlamento, non diventerò presidente di qualche organismo cattolico che conta… non importa, non sono stato messo in questo mondo per questo scopo, per questo obiettivo…. ci mancherebbe! Siamo stati messi in questa vita per amare ed essere amati, accogliere ed essere accolti, nella verità. Quindi è questa missione quella che ci deve caratterizzare senza inseguire facili consensi; sappiamo che i facili consensi si accompagnano spesso alla menzogna.
D.- Sono Michela da Bergamo. Io ho un grosso conflitto. Essendo una persona che lavora nel campo sanitario mi sono trovata in maniera concreta in quest’ultimo mese a lavorare con queste donne che accedono alla fecondazione artificiale e di conseguenza è venuto fuori che io sono un’obiettrice e mi sto chiedendo proprio come sanitaria che cosa posso fare, nel senso: vado via da questo posto, intendo dire, perché viene comunque – come diceva la sessuologa forse in maniera corretta - dal punto di vista sanitario viene comunque esposta la legge 40 ognuno a proprio piacimento e quindi, giustamente, chi fa quel lavoro spinge sul fatto di farlo e io mi ritrovo comunque di mezzo perché, essendo comunque un’operatrice, mi trovo proprio in una posizione per cui potrei fare qualcosa in senso migliorativo nel senso di esporre la mia obiezione davanti alla donna, oppure questa cosa potrebbe non essermi concessa e allora di fronte a questo bivio dovrei fare una scelta. Fermo restando che come obiettrice devo – purtroppo (fra virgolette) - comunque garantire assistenza. Io non sono direttamente implicata nella procedura, ma nell’assistenza. E’ una domanda che mi sto facendo… non so se lei può darmi un consiglio.
R.- Molto volentieri, sulla base delle informazioni che lei mi ha dato. Nell’ordine. Intanto è molto positivo che ci si ponga interrogativi morali di questo genere, quindi teniamo deste queste remore di carattere morale e non adagiamoci in atteggiamenti autoassolutori che talvolta ci provengono anche dall’interno del mondo cattolico, e magari qualche volta (Dio non voglia!) anche dagli stessi confessori che - magari per mettere tranquilla la coscienza - dicono: “Non ti preoccupare!” Invece di queste cose bisogna preoccuparsi, eccome! Lei ha ragione Michela, perché in sintesi il succo è questo. Si tratta di una pratica – quella della fecondazione artificiale - che ha numerose ragioni di illiceità morale che non stiamo a ripetere per l’ennesima volta perché di questo lei è già ultraconvinta. A questo punto ci troviamo – 2° elemento - in una situazione agevole perché la legge permette di fare obiezione di coscienza e ho capito che lei ha fatto questo atto. Quindi benissimo! Terzo. L’obiezione va difesa un po’ con i denti perché bisogna cercare in tutti i modi di ottenere di non cooperare,né in modo formale, né in modo materiale a queste tecniche; quindi direi senz’altro nulla a che vedere con tutti i passaggi e le procedure (mi pare che anche sotto questo profilo lei ci tranquillizzi che questo le viene consentito). Qualche remora è che c’è una qualche forma di contatto con le persone interessate alla procedura. Allora io devo dire come regola generale che l’indicazione a mio modo da seguire è di dare priorità all’obiezione rispetto al possibile bene sperato che si potrebbe fare rimanendo nella procedura. Questo lo dico sempre anche riferito alla presenza nei consultori e in generale negli ambienti dove si processa (nel senso dove si segue la procedura) per l’applicazione della 194. Quindi la tesi secondo la quale è meglio restare dentro perchè restando dentro si può fare dissuasione, è una nobile aspirazione che però si scontra con il fatto che restare dentro implica anche cooperare alla realizzazione ( nel caso dell’aborto all’aborto, nel caso della fecondazione artificiale alla fecondazione artificiale). Quindi, tutto quello che implica una qualche forma di coinvolgimento deve essere evitato. Se poi, senza che questo accada, si ha occasione d’incrociare, d’incontrare, delle donne che si stanno avviando alla fecondazione artificiale…bè questo potrà essere anche un modo, nella maniera che uno in coscienza ritiene migliore, di fare opera di dissuasione.
D.- Sono Evelin dalla provincia di Firenze. Io sono contrarissima alla fecondazione artificiale pur essendo stata lontana dalla fede per anni. Volevo dire: come mai però si promuove così poco la cultura dell’adozione? (…)
R.- Sì, mi sembra sempre opportuna anche quest’apertura al tema della paternità e maternità diversa, ma non meno importante né meno vera della paternità e maternità biologica. Lei ha già anche risposto da sola al fatto che è importante che questa apertura all’adozione non sia vissuta in chiave egoistica, cioè come acquisto in qualche modo di un figlio che deve servire a porre fine alle sofferenze, al dispiacere di non riuscire (è una sofferenza reale, certamente!) a non riuscire ad avere un figlio per via naturale. Quindi è chiaro che è un equilibrio anche delicato della coscienza, che si può comunque perseguire. Quindi l’adozione è certamente una delle strade (io direi non l’unica) con la quale si può dare una risposta alle coppie che desiderano avere figli e che purtroppo non riescono a soddisfare in modo lecito questo desiderio.
Bene, cari ascoltatori, siamo giunti al termine della nostra trasmissione mensile. Anche oggi abbiamo ascoltato tante cose interessanti dalle vostre telefonate, tante cose anche avreste voluto dire ma speriamo che sarete più fortunati nelle prossime occasioni; un ringraziamento a tutti gli ascoltatori, un saluto e a risentirci – a Dio piacendo - alla prossima puntata. Grazie e buon proseguimento con i programmi di Radio Maria.
(trascrizione dalla registrazione, non rivista dall’autore)
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