Scontro sulle Linee Guida Si paga l'ambiguità della Legge 40 di Mario
Palmaro, 18-11-2011, http://www.labussolaquotidiana.it
Qual è la verità sulle nuove
Linee Guida in materia di fecondazione artificiale? I radicali strillano
sostenendo che si tratta di un ultimo colpo di coda del Governo Berlusconi, e
contestano alcune restrizioni contenute nel documento. Dal mondo cattolico si
risponde difendendo l’operato dell’ex sottosegretario Eugenia Roccella, la
quale avrebbe semplicemente rispettato i canoni imposti dalla legge 40 del
2004.
Ragioniamo. Un giudizio obiettivo
sulle Linee Guida deve mettere insieme, con onestà, luci ed ombre. Luci ed
ombre che sono il riflesso della stessa legge sulla fecondazione artificiale,
frutto di un compromesso politico e dunque ben lontana dall’essere una legge
giusta.
Cominciamo dalle luci. Sul piano
giuridico, il Governo uscente aveva tutto il diritto di emanare il documento
contestato. Nel merito, le linee guida confermano il divieto della diagnosi
reimpianto; e inoltre, ribadiscono che l’accesso alle tecniche di fecondazione
artificiale non è consentito alle coppie fertili, anche se queste sono portatrici
di malattie genetiche. I fautori della provetta libera avrebbero voluto che le
Linee Guida si allineassero ad alcune decisioni dei giudici che in questi anni
hanno invece autorizzato le coppie a derogare da tali divieti. Così non è
stato, e la scelta è legittima, poiché – come spiega l’ordinario di Diritto
Costituzionale Filippo Vari - in Italia una sentenza non può cambiare le leggi
vigenti, ma produce i suoi effetti limitatamente ai casi specifici.
Verità che, fra l’altro, alcuni
cattolici tendono a dimenticare quando sostengono che, dopo le sentenze sul
caso Englaro, la legge sarebbe stata modificata, rendendo necessaria una nuova
normativa sulle Dat. Delle due l’una: o le sentenze cambiano le leggi, e allora
le Linee Guida avrebbero dovuto adeguarsi alle sentenze “libertarie” sulla
provetta; o le sentenze non cambiano le leggi, e allora la legge sulle Dat non
sarebbe più necessaria.
Ma le Linee Guida portano con sé
anche delle ombre. Innanzitutto, la natura giuridica di questo strumento normativo
è ambigua: si tratta di un documento amministrativo, certamente sottoposto al
primato della legge ordinaria cui si riferisce; tuttavia, proprio per questo
carattere amministrativo, i giudici potrebbero in futuro ignorarle, e ritenere
di applicare alla legge 40 una differente interpretazione.
Ma, soprattutto, le Linee Guida
2011 evidenziano un vistoso arretramento rispetto alla linea difensiva della
vita umana concepita. Un arretramento che è stato poco o nulla evidenziato
dalla stampa cattolica. Mi riferisco, in particolare, al fondamentale divieto
di trasferire più di tre embrioni: divieto che è stato cassato dalla Corte
costituzionale con la sentenza 151 del 2009. E’ ovvio che le Linee Guida siano
state costrette a recepire un tale autorevole orientamento; ma è altrettanto
ovvio che questo fatto debba essere detto pubblicamente, sottolineandone la
negatività. Quella sentenza della Corte, fra l’altro, si poggia purtroppo su un
ragionamento logico inappuntabile: e cioè che la legge 40, nel momento in cui
legalizza il trasferimento multiplo di embrioni - che implica la morte
programmata di almeno alcuni di loro - dimostra di non considerare la vita del
concepito un bene meritevole di tutela incondizionata. Dunque, dicono i giudici
della Corte, il legislatore deve ammettere anche un trasferimento superiore a
tre embrioni, se questo risponde all’interesse al figlio della coppia e alla
salute della donna. E l’argomento della Corte diventa ancora più forte se si
aggiunge che tutte le tecniche di fecondazione extracorporea presuppongono
l’accettazione programmata della morte della maggior parte degli embrioni
prodotti in provetta.
Non solo. Le Linee Guida del 2011
non stabiliscono più l’obbligo di trasferire gli embrioni soprannumerari nella
Biobanca di Milano. A oggi gli embrioni crioconservati, abbandonati e non,
risultano ufficialmente essere alcune migliaia: il che è molto istruttivo, se
si pensa che la legge 40 venne presentata come contraria alla produzione di
embrioni in sovrannumero. Purtroppo, una volta ammessa l’idea che l’accesso
alla provetta sia un diritto, seppure limitatamente al possesso di alcuni
requisiti, diventa impossibile sfuggire a quel piano inclinato che porta,
rapidamente, dal male minore al male maggiore.
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