29/07/2012 - IL CASO- Anche le mamme in crisi gli Usa non fanno più
figli - L'indice di natalità è precipitato ai livelli minimi sotto il peso
della recessione - PAOLO MASTROLILLI, http://www3.lastampa.it
INVIATO A NEW YORK
Meno soldi, meno bambini.
Un’equazione tanto ovvia, quanto pericolosa, che adesso minaccia anche il
futuro degli Stati Uniti, a causa della crisi economica che non accenna a
passare.
Il tasso di fertilità delle madri
americane, infatti, è sceso nel 2012 a 1,87 figli a testa, cioé il livello più
basso degli ultimi venticinque anni. Nel 2013 si prevede che calerà ancora,
andando quindi decisamente sotto la soglia di 2,1 bambini per donna, che è
necessaria ad ogni generazione per riprodursi. Inutile ricordare gli effetti
negativi che questo fenomeno ha sulla previdenza, le pensioni, e in generale il
finanziamento dei servizi sociali che lo stato fornisce ai suoi cittadini. I
dati di cui stiamo parlando, ripresi da vari media americani come Usa Today e
Huffington Post, vengono da Demographic Intelligence, un centro studi di
Charlottesville che analizza le tendenze demografiche per conto delle compagnie
farmaceutiche e produttrici di accessori per l’infanzia. Sono informazioni
precise, in altre parole, perché su di esse queste aziende basano le loro
strategie industriali.
Il picco più alto di riproduzione
negli Stati Uniti era stato raggiunto nel 2007, quando erano nati 2,12 figli
per mamma. Una media quasi doppia rispetto a quella di molti paesi europei,
Italia inclusa, che ormai ospitano popoli in via di estinzione, se le tendenze
non cambieranno nel prossimo futuro. L’America sembrava al riparo da questa
emergenza, e anche perciò guardava al domani con più ottimismo, sul piano
economico e sociale. Nel 2008, però, è arrivato il colpo alle spalle. Prima il
fallimento della banca di investimenti Lehman Brothers, e poi una crisi che ha
provocato la peggior recessione dagli anni della Grande Depressione, seguita
dalla ripresa più timida, lenta e incerta di sempre. L’ultima notizia negativa
è di venerdì, quando il Dipartimento al Commercio ha rivelato che nel secondo
trimestre del 2012 il prodotto interno lordo americano è aumentato solo
dell’1,5%, in frenata rispetto al 2% del quarto precedente.
In queste condizioni, le giovani
coppie stanno decidendo in larga maggioranza di rimandare i figli. Motivo:
l’incertezza finanziaria. Di recente il Dipartimento all’Agricoltura ha
calcolato che crescere un bambino fino all’età di 17 anni costa in media ad una
famiglia americana 235.000 dollari, che salgono a 295.560 se corretti in base
all’inflazione. In sostanza tra 12.290 e 14.320 dollari all’anno, quando va
bene, senza considerare le spese per l’università. Una prospettiva troppo
opprimente, per coppie che spesso non lavorano o guadagnano poco. Basti pensare
che, secondo i dati del Dipartimento al Lavoro, negli Stati Uniti il 38% dei
disoccupati ha tra 20 e 34 anni, ossia proprio l’età in cui si costruisce la
famiglia e si pongono le basi per il successo professionale e retributivo.
Il risultato è che le giovani
coppie rinunciano ai figli, almeno nella fase iniziale della loro relazione, ma
così spesso si precludono la possibilità di averne più di uno. Il fenomeno è
particolarmente forte tra gli ispanici e le persone più povere, che non hanno
studiato all’università. Questo significa anche frenare la mobilità sociale,
oltre a limitare le prospettive economiche di un paese che così non riesce più
a conservare i livelli della propria forza lavoro. Dunque meno bambini, meno
lavoratori, meno produttività, meno contributi e anche meno consumi. Un cane
che si morde la coda, minacciando il futuro degli Stati Uniti, così come
minaccia già quello del Giappone e di varie nazioni europee. Un dato
significativo è che se si guarda i grafici della fertilità, salta all’occhio
come la situazione di oggi somigli molto a quella dei primi anni ‘80, quando
l’America usciva dalla crisi petrolifera. Allora gli Usa trovarono la forza, il
coraggio e le idee, per dimenticare i guai e tornare a crescere.
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