Milano, un testo-spot, i rischi - Il piano inclinato di Francesco
Belletti, 28 luglio 2012, http://www.avvenire.it
Tanto tuonò che piovve. Dopo
averlo inserito nel programma elettorale, la giunta arancione del Comune di
Milano ha attuato il suo impegno di istituire un registro per le unioni civili.
Grande battage pubblicitario, grande dibattito interno ai partiti, al consiglio
comunale, nella città, anche al di fuori dei confini comunali, come è giusto
che sia per una metropoli così importante. Ma soprattutto tre sedute della
commissione consigliare, un pressing sui Consigli di Zona per avere
tempestivamente i loro pareri, tre sedute del Consiglio comunale, con maratona
finale di undici ore del Consiglio stesso, in queste torride serate di luglio,
come se ne erano viste solo per evitare l’esercizio provvisorio di bilancio.
Verrebbe quasi da dire: ma ne valeva la pena? Forse c’è stata analoga passione
e investimento politico per decidere quali sostegni alle famiglie numerose e
alle famiglie con figli a Milano? La risposta è scontata, purtroppo: c’è un
registro utile solo a fini propagandistici e di pressione politica e lobbistica
sul Parlamento, ma nessuna maratona istituzionale è stata organizzata per dare
sostegno alle famiglie con figli.
Nel dibattito milanese si sono
viste composizioni e scomposizioni nella maggioranza di centrosinistra e
nell’opposizione di centrodestra, e anche frenetiche corse all’emendamento, per
correggere evidenti carenze del testo proposto: in primis la possibilità che
veniva consentita di riconoscere qualunque tipo di unione, per qualunque numero
di persone, aprendo così a un possibile riconoscimento a livello comunale di
situazioni di poligamia: rischio evitato, ma episodio che tradisce una fretta
degna di miglior causa, e un’approssimazione amministrativa che potrebbe
emergere anche successivamente. (Un’azione alla carlona, sia detto per inciso
ma non troppo, che alcuni grandi giornali hanno sorprendentemente coperto con
un insolito e generoso soccorso, presentando come già emendato, ben prima che
lo fosse, il testo del regolamento fortissimamente voluto dal sindaco
Pisapia).
Chi scrive è anche cittadino di
Milano, e può testimoniare che questo episodio sproporzionato e senza
precendenti costituisce tutto meno che un passaggio virtuoso
dell’amministrazione comunale: la fretta, le incertezze del testo, la quasi
"feroce" determinazione per chiudere la partita prima della pausa
estiva, confermano i giudizi iniziali: si tratta di una iniziativa di natura
fortemente ideologica, estranea al vero mandato amministrativo del Comune,
lontana dai bisogni reali delle famiglie milanesi, ma volta piuttosto a offrire
"diritti" o forse sarebbe meglio
dire "privilegiata attenzione"
a situazioni che potevano tranquillamente essere governate con altri
strumenti, già disponibili. Inoltre il dibattito e l’obiettivo generale sono
rimasti fortemente adultocentrici, tutti concentrati su una "uguaglianza
di opportunità" di coppie adulte, eterosessuali e soprattutto omosessuali,
che non mette a confronto diritti e doveri, ma abbozza solo diritti esigibili
sempre e comunque.
Le conseguenze concrete di questa
decisione amministrativa sono irrilevanti, come conferma l’esperienza di tutti
gli altri Comuni che hanno già introdotto registri analoghi, disertati o
rivelatisi inefficaci. Ma stavolta la mobilitazione per far
"funzionare" un provvedimento-spot appare più forte. Si vedrà. Il
rischio reale è che anche in forza di simili iniziative venga rafforzato un
atteggiamento di totale privatizzazione degli impegni familiari e affettivi,
che tende a rendere insignificante e non necessario il matrimonio, passaggio
invece fondamentale per costruire un patto, un impegno, un riconoscimento
reciproco tra progetto della coppia e patto sociale.
Inappropriato appare anche il
modo con cui la grande questione delle relazioni affettive tra persone dello
stesso sesso viene qui introdotta: di fatto con un atto amministrativo si cerca
di ampliare il riconoscimento pubblico della legittima libertà di scelte di
vita privata, assimilandola surrettiziamente a forme familiari.
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