STAMINALI EMBRIONALI/ Dallapiccola: i tribunali hanno snaturato la
Legge 40 - INT. Bruno Dallapiccola, mercoledì 18 luglio 2012, http://www.ilsussidiario.net
Il tema è controverso e la legge
varia da Paese a Paese. Il dibattito si accende, soprattutto, quando si parla
di staminali embrionali umane: le ragioni scientifiche, filosofiche e religiose
si uniscono in pericolosi intrecci dove è difficile stabilire i labili confini
fra l'una e le altre. In Italia la legge è chiara: la ricerca sulle staminali
embrionali è permessa, ma non si possono derivare, cioè ottenere nuove cellule
staminali. La ricerca, però, non si ferma nella speranza di trovare, un giorno,
le cellule giuste per curare alcune malattie degenerative, come il Parkinson,
la malattia di Huntington o la Sclerosi Laterale Amiotrofica. Proprio su questa
terribile malattia due settimane, per la prima volta, sono state trapiantate
cellule staminali di un feto morto nel midollo spinale di un uomo
cinquantunenne affetto da Sla. Il paziente è ora in convalescenza e sembra che
il decorso si stia svolgendo nel migliore dei modi. L'intervento è stato
condotto da un'equipe medica coordinata da Angelo Vescovi, direttore
dell'Ospedale Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo. Che ha
puntualizzato “Un feto è un individuo in tutto e per tutto, un essere umano, e
come tutti gli esseri umani può morire per cause totalmente naturali ed
esattamente come gli esseri umani, quelli adulti, fanno la donazione di organi,
si chiede un permesso. In questo caso si chiede il permesso ai genitori”.
Ricerca ed etica, dunque, non sono in disaccordo. A questo proposito abbiamo
interpellato per IlSussidiario.net il genetista Bruno Dallapiccola.
Professore, a che punto è la
ricerca nel campo delle cellule le staminali?
Per quanto riguarda la ricerca
delle staminali dell'adulto è sicuramente in buon salute: sono le uniche
cellule ufficialmente autorizzate all'utilizzo e nel nostro Paese è presente un
buon numero di centri: alcuni lavorano alle applicazioni più tradizionali e
largamente utilizzate, le cellule staminali dell'origine del sangue, quelle
emopoietiche, per le quali vengono eseguiti trapianti per la ricostruzione di midollo
e per il trattamento di alcune malattie genetiche. Altri, invece, lavorano alle
ricostruzioni dell'osso sino ad una serie di altri interventi che vengono
eseguiti, ad esempio, per la ricostruzione della cornea passando ad altre
applicazioni che si fanno a livello cutaneo. A livello sperimentale, si sta
iniziando ad usare cellule mesenchimali per la ricostruzione del muscolo
cardiaco: nuovi progetti stanno, poi, delineandosi per la cura delle malattie
neurologiche che tuttora rimangono le più “insoddisfatte” dal punto di vista
dei risultati della terapia.
I processi sembrano ancora
abbastanza lunghi.
Non dobbiamo avere fretta:
occorre ragionare come per la terapia genica che ha lavorato per quarant'anni
prima di trovare i veri protocolli che oggi consentono, seppur in maniera del
tutto elitaria, di trattare alcune patologie rarissime con successo. Credo che
quello delle cellule staminali sia un percorso che necessiti una comprensione
speciale di meccanismi e di potenziale utilizzazione che sicuramente è destinata
ad avere un successo progressivo negli anni.
Un capitolo a parte, quello
relativo alle staminali embrionali, continua ad essere molto discusso.
Le implicazioni morali del loro
utilizzo sono molto controverse. Si possono, infatti, usare solo dopo la
distruzione dell'embrione e questo solleva quesiti etici ai quali i vari Paesi
hanno dato risposte diverse. L'Italia, da tempo, ha vietato l'uso di queste
cellule privilegiando la salvaguardia dell'embrione: del resto, la loro
efficacia per la cura di alcune malattie deve ancora essere dimostrata; una
parte delle ricerche eseguite sulle cellule embrionali staminali è stata
bypassata in questi anni dallo sviluppo di modelli in vitro, cellule iPS, cioè
cellule adulte riprogrammate: per la ricerca costituiscono modelli per lo
studio di parecchie malattie. Chiaramente, le cellule iPS presentano, come le
embrionali, problemi all'uso della terapia e, di fatto, non sono oggi
utilizzabili. Penso che questo varrà per molto tempo anche per le embrionali
tradizionali, nel senso che la loro manipolazione presenta una serie di
problemi che possiamo considerare tutt'altro che risolti.
I nostri ricercatori possono
però, lavorare su cellule prodotte in laboratori stranieri, all'interno di
collaborazioni internazionali?
Nel nostro Paese è ormai noto che
vengano, comunque, importate delle “linee” cellulari embrionali che sono
disponibili commercialmente. Un buon numero di ricercatori che lavorano sulle
malattie neuro-degenerative non ha mai avuto difficoltà ad ammettere l'uso di
queste “linee” stabilizzate di embrionali. D'altra parte, da ricercatore, credo
che lo studio delle staminali embrionali sia utile per comprendere meglio il
decorso di alcune malattie umane. Chiaramente, l'argomento si divide in due
scuole di pensiero: da una parte c'è chi caldeggia le embrionali solo di tipo
animale e dall'altra, c'è chi vuole usare cellule provenienti da embrioni
distrutti. Trovo, come dicevo prima, che le iPS siano un ottimo compromesso,
già da almeno cinque anni, soprattutto fintanto che qualcuno non riuscirà a
dimostrare la totale efficacia delle embrionali e per chi msotra un certo
rispetto nei confronti dell'embrione , considerandolo una persona in potenza.
Un problema assonante sono le
blastocisti (embrioni durante le prime fasi del suo sviluppo ndr) prodotte in
sovrannumero e che giacciono nei frigoriferi di moltissimi centri specialistici
italiani.
E' un argomento che sta tornando
drammaticamente alla ribalta per via di alcuni attacchi mossi da certi
tribunali alla Legge 40, snaturandone la filosofia generale. Il punto peculiare
di questa legge era l'articolo 1 che, da un lato, salvaguardava la futura mamma
e, dall'altro, l'embrione: tutti gli assalti che sono stati compiuti dalle
varie sentenze hanno contribuito a che l'embrione ne facesse le spese. Una
delle conseguenze più gravi è stata la iper-produzione di embrioni inutilizzati
e destinati all'incertezza. Inoltre, non credo che gli anni che sono passati
dalla prima applicazione della Legge 40 abbiano modificato le possibili soluzioni:
l'uso dell'embrione per la ricerca, per l'adozione o la sua distruzione. Non ci
sono altre alternative. Resta il fatto che l'uso di questi embrioni
sovrannumerali deve farci riflettere e farci chiedere perchè nei Paesi dove
l'utilizzo degli embrioni per la ricerca , teoricamente disponibile da molti
anni, non viene contemplato. Io penso che il motivo sia che l' utilizzo darebbe
dei risultati del tutto insignificanti e marginali perchè la maggior parte di
questi embrioni non consentirebbe, comunque, di ottenere cellule staminali
embrionali idonee per la ricerca. E' da considerarsi più come un aspetto di
tipo “emotivo” piuttosto che una reale rinuncia della ricerca scientifica
all'uso di questi tipi cellule.
(Federica Ghizzardi)
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