È tempo di capire e di agire - Le radici del disagio di Francesco
Riccardi, 18 luglio 2012, http://www.avvenire.it/
Tre milioni e 400mila famiglie in
povertà assoluta, otto milioni e 100mila in povertà relativa. In percentuale
sono il 5,2% le une, l’11,1% le altre, le prime in netto aumento rispetto al
4,6% del 2010, le seconde cresciute di uno 0,1 appena. Ma le stime medie, per
quanto già di per sé preoccupanti, non rendono la complessità di un Paese che è
ormai attraversato da faglie profonde e che rischia ogni giorno di più di
lacerarsi.
Sono almeno due, infatti, le
direttrici sulle quali ci stiamo dividendo: i giovani e le famiglie con figli.
Con un terzo elemento che si innesta in maniera trasversale e rende più forte
ogni differenza: la sofferente realtà del Mezzogiorno. Oltre che per i nuclei
con genitori operai o che perdono il lavoro, infatti, colpisce il deciso
peggioramento della condizione dei giovani. L’incidenza della povertà relativa
nelle persone con meno di 34 anni passa dal 10,2 al 10,8%; mentre la povertà
assoluta cresce addirittura di un punto dal 4,3 al 5,3%. Siamo ormai assai
vicini al valore che caratterizza la popolazione anziana (6%),
tradizionalmente la più fragile, quella con meno opportunità.
Ma è in particolare il numero dei
componenti la famiglia, l’avere figli, che oggi rappresenta uno dei maggiori
fattori di rischio. Le cifre sono impressionanti: con un solo componente la
media della povertà relativa in Italia è il 6,7%, sale al 9,4% per la coppia,
cresce all’11,7% con un figlio, si impenna al 15,6% con due bambini e si
innalza fino al 28,5% quando i figli sono tre o più. Già con tre bambini – non
con una nidiata di una dozzina – in quasi un terzo dei casi si rischia di
cadere in povertà relativa. Se poi si risiede nel Mezzogiorno, dove le
opportunità di lavoro sono più scarse e i servizi pubblici carenti, le cifre
si esasperano per tutte le categorie e diventano drammatiche per le famiglie,
con una progressione che va dal 22,8% di povertà relativa per chi ha un solo
figlio, fino al 50,6% per chi ha tre o più figli minorenni.
Questo è il Paese che si sta
lacerando. Nel quale l’essere giovane sembra una condanna da scontare,
sperando che 'passi' presto. E desiderare di avere tre figli risulta un
azzardo, peggio un’imprudenza imperdonabile, tanto è alta la possibilità di
finire in miseria: addirittura una su due al Sud. Ma un Paese così non è solo
diviso, slabbrato. È senza futuro, perché togliendo speranza all’oggi non
costruisce alcun domani, mortifica qualsiasi entusiasmo. Invecchia e alla fine
marcisce in se stesso.
E allora oggi non possiamo
limitarci a compulsare i valori dello spread dei Btp e non vedere che nella
nostra società stanno allargandosi altre differenze sociali. Non possiamo
continuare a ripetere slogan sui giovani, senza predisporre un vero piano per
la loro occupazione. Non possiamo pensare di far sempre conto sulle famiglie –
che aiutandosi fra i diversi componenti riescono bene o male a coprire tutte
le necessità e con i loro risparmi privati salvano pure l’Italia dal default –
e poi disconoscere quegli stessi legami quando si tratta di far pagare loro le
imposte. Perciò chiediamo da anni un sistema fiscale che riconosca
concretamente – tramite l’applicazione di un quoziente o meglio di un
'fattore famiglia' – i diversi pesi di cui una famiglia deve farsi carico nel
crescere i figli. Perché possa essere messa nelle condizioni adatte per
compiere il primo e più decisivo investimento sociale per un Paese: mettere
al mondo ed educare i cittadini di domani. Un’operazione di equità,
lungimirante, un’assicurazione contro il rischio, che deve poi essere
accompagnata e completata con un intervento specifico per le situazioni di
povertà più grave.
La crisi che rende tutto più
incerto, la fragilità dei conti pubblici non esimono dal mettere mano a una
riforma fiscale, a investimenti a favore delle famiglie e dei soggetti più
deboli. Anzi, minori sono le risorse disponibili meglio vanno mirate, più
forti e decise devono essere le scelte. Anche spostando l’imposizione dal
lavoro alla rendita finanziaria, rivedendo vecchie agevolazioni e
rafforzandone di nuove. La povertà cresce, le famiglie si assottigliano e
s’indeboliscono: il governo e la politica non possono più sottrarsi a questa
responsabilità.
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