Omosessuali: rispetto per la persona, no al matrimonio - La legge
promuove i diritti non appaga i desideri di Mauro Cozzoli, 25 luglio 2012, http://www.avvenire.it
Legata a diversi eventi di
cronaca politica in questi giorni, torna a proporsi la questione omosessuale,
centrata sul matrimonio gay, rivendicato come diritto. La questione, prima che
giuridica, è antropologica e morale. È su queste basi – umane ed etiche – che
essa va inquadrata, altrimenti anche il diritto diventa "liquido".
Invece un diritto per essere tale
deve avere consistenza oggettiva, altrimenti non esiste e non c’è opinione
prevalente o trend demoscopico o maggioranza parlamentare che possa
legittimarlo. La consistenza oggettiva dei diritti è data da una fenomenologia
della persona che ne rileva l’essere al mondo e le dinamiche relazionali, nella
loro consistenza naturale prima che nelle loro trasposizioni culturali.
È su questa base epistemologica
che la sapienza antropologica ed etica dell’umanità ha conosciuto e codificato
un solo istituto matrimoniale, dato dall’unione piena, stabile e pubblica tra
un uomo e una donna. Non attribuendo, per ciò stesso, dignità di matrimonio a
unioni poligamiche, di mera convivenza e omosessuali. Con particolare
riferimento a queste ultime, a contrassegnare il matrimonio sono due qualità
che si implicano a vicenda: la complementarietà e la fecondità. Il matrimonio
non è dato dalla somma degli uguali, ma dalla integrazione dei diversi, sulla
base della dualità e reciprocità sessuale, costituita dal maschile e dal
femminile. L’essere uomo e l’essere donna nell’amore coniugale non sono delle
variabili ad libitum.
Sono fattori costitutivi ed
essenziali: appartengono all’esse, senza i quali il matrimonio non c’è. Non c’è
fictio iuris che possa cambiare le cose. Dall’unione, in totalità di donazione,
del maschile e del femminile fluisce la complementarietà dei soggetti: l’uomo è
la pienezza della donna e la donna dell’uomo. E da questa complementarietà
consegue la fecondità del matrimonio, generatore della vita, procreatore dei
figli.
L’unione omosessuale manca
dell’una e dell’altra qualità. È un’unione sommatoria: manca della dualità e
reciprocità sessuale. Perciò è e rimane sterile. Sterilità che nessun
espediente procreatico riesce a rimediare o anche solo mascherare. Il ricorso a
gameti estranei e uteri mercenari è un artificio surrogatorio e posticcio che
mette a nudo la contraddizione ontologica. L’educazione dei figli,
continuazione e prolungamento dell’atto procreativo, esige anch’essa la
compresenza differenziale e complementare del padre e della madre, quale reale
e autentico diritto del figlio. Azzerare questa ontologia, depotenziarne la
forza normativa, è abbandonare il matrimonio e la famiglia alle volubilità dei
desideri e delle aspettative soggettive, con cui sempre più spesso è fatto
coincidere il diritto. È la cosiddetta emotivizzazione del diritto.
Malgrado questa deriva
emotivistica, il matrimonio è e resta un bene in se stesso, con una grammatica
e una semantica che obbligano al riconoscimento e al rispetto. Si è liberi di
sposarsi o no. Ma se ci si sposa si assume uno status di vita che non è fatto dai
soggetti. È fatto prima, dall’ordine della natura e, per il credente, dalla
sapienza creatrice divina, che ne è al principio. Altrimenti si diventa
demiurghi di tutto, artefici di diritti arbitrari, la cui propagazione non
rende più liberi, ma libertari; non promuove diritti, ma appaga desideri.
Questa constatazione, nulla
toglie alla dignità di persona dell’omosessuale e ai legittimi diritti
individuali a essa legati. Alla persona omosessuale sono dovuti il rispetto, la
tutela e l’accoglienza propri di ogni uomo e di ogni donna. Tanto più quanto la
condizione omosessuale sia fatto oggetto, ancora oggi, di discriminazioni e
discredito. Questa concezione e fondazione personalistica del diritto riflette
l’insegnamento della Chiesa cattolica, che – come leggiamo nel Catechismo –
distingue tra gli atti omosessuali ritenuti «intrinsecamente disordinati» e la
persona omosessuale, da «accogliere» con rispetto e delicatezza.
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