I ciechi tornano a vedere con le sinfonie di suoni di Viviana Kasam, La
Stampa, 18 luglio 2012, http://www.swas.polito.it
NEUROSCIENZE
Ècominciato tutto con i
pipistrelli.
Da bambino, guardandoli volare
nel cielo stellato sopra il Monte Scopus, Amir Amedi, giovane neuroscienziato
israeliano, Phd alla Hebrew University di Gerusalemme, e post-doc a Harvard, si
chiedeva come fanno a orientarsi e a non sbattere contro gli oggetti, essendo
notoriamente ciechi.
E così, da adulto, si è messo a
studiare il rapporto nel cervello tra visione e suoni, e ha sviluppato
apparecchiature avveniristiche che consentono ai ciechi, anche congeniti, di
«vedere» attraverso stimoli sonori, riconoscere le espressioni facciali,
leggere, localizzare oggetti complessi nello spazio.
«All'inizio il mio lavoro era
teorico - racconta -: attraverso la Risonanza magnetica funzionale ho scoperto
un'area nel cervello che integra l'informazione tra visione e tatto ed è
localizzata nel mezzo della corteccia visiva».
L'area si chiama «Lotv»,
«lateral-occipital tactile-visual area».
Poi continua - «ho dimostrato che
questa esiste anche nei ciechi congeniti, precede cioè la visione, non ne è una
conseguenza.
Il cervello, insomma, è
organizzato secondo un modello cross-sensoriale e non, come si pensa, per aree
specializzate, ciascuna per un senso».
Lavorando con i ciechi per
verificare la teoria, quindi, Amir iniziò a chiedersi se non era possibile
sviluppare qualcosa per aiutarli.
«Sono 45 milioni nel mondo e 100
milioni le persone con gravi handicap alla vista: migliorare la loro
quotidianità è un compito di grande valore sociale».
E' nato così «Ssd» («Sensory
substitution device»), una scatola non più grande di un pacchetto di sigarette,
che sostituisce la tradizionale canna, «oggetto medioevale», sostiene Amir.
Il suo «Ssd», brevettato dalla
Yissum, l'agenzia della Hebrew University per il «technology transfer» - funziona
secondo il principio dei sensori delle auto e dei sonar dei delfini.
Si è rivelato l'uovo di Colombo.
Emette da uno a quattro raggi
verso gli ostacoli per un raggio di 180˚ e un'altezza fino a due metri,
convertendo l'informazione in suoni, che sono gravi o acuti, ascendenti o
discendenti, brevi o lunghi, a seconda di posizione, distanza e consistenza
dell'oggetto.
Bastano pochi minuti di pratica
per utilizzarlo.
Dovrebbe arrivare entro un anno o
due sul mercato, a circa 100-150 euro.
Ma è solo l'inizio.
Ciò che Amir sta sviluppando
all'Edmond and Lily Safra Center for Brain Sciences - il centro dedicato al
cervello e che è il gioiello della Hebrew University - è una protesi
video-acustica.
In pratica, una microtelecamera
montata su un paio di occhiali, collegata a un minicomputer tascabile, o anche
a uno smartphone, e dotata di cuffia stereofonica che trasforma le immagini in
ambienti sonori, grazie a un «algoritmo magico», come lo definisce Amir (che
non per nulla è un bravo s a s s o f o n i s t a jazz).
Non un singolo suono, perciò, ma
una sinfonia, che, decodificata grazie a un a d d e s t r a m e n t o che dura
da 20 a 70 ore, consente di sapere quante persone ci sono in una stanza e dove
si trovano, di interpretare la loro espressione, di trovare le scarpe sotto il
tavolo, di leggere delle parole, di riconoscere i colori.
I filmati (su Youtube, digitando
«Amir Amedi») sono mozzafiato: sono stati presentati in Italia il 6 luglio
scorso a Pisa, in un incontro organizzato dalla Fondazione Andrea Bocelli.
«Il mio lavoro con i ciechi è
interattivo - dice il giovane scienziato, 34 anni -.
Stiamo imparando molto sul
funzionamento del cervello di chi utilizza gli "Ssd" e siamo arrivati
a conclusioni che sovvertono alcuni principi delle neuroscienze».
E' noto - aggiunge - «che
l'elaborazione visiva segue due percorsi: quello ventrale è collegato alla
decodifica della forma, dell'identità degli oggetti e del colore, mentre quello
dorsale analizza le informazioni spaziali, attivando la pianificazione
viso-motoria».
Sebbene la dissociazione sia
largamente provata, rimane poco chiaro il ruolo dell'esperienza visiva nel
modellare l'architettura funzionale del cervello.
Vale a dire: quanto dipende
dall'esperienza del vedere? Le ricerche di Amedi hanno dimostrato che anche il
cervello dei ciechi dalla nascita ha un'analoga suddivisione della corteccia
visiva e che i due percorsi si attivano anche in presenza di stimoli diversi,
purché collegati all'identificazione degli oggetti.
Tutto ciò significa, quindi, che
la natura della visione non è collegata esclusivamente alla vista! Non solo.
Altre ricerche di laboratorio
hanno evidenziato che ci sono aree nel cervello che non sono specifiche per un
solo senso, ma che sono collegate e si possono attivare in seguito a input
sensoriali diversi.
«E' ipotizzabile che il cervello
sia una "task machine", una macchina organizzata per compiti»,
sostiene Amir.
E allora lo si potrebbe
«risvegliare» alla vista: per esempio con protesi della retina o interfacce
uomo-computer, capaci di aumentare le capacità cognitive e sensoriali, creando
abilità sovrumane.
Nessun commento:
Posta un commento