L'ANTROPOLOGO TATTERSALL - E l’evoluzione si piegò al nostro volere di Luigi
Dell’Aglio, 27 luglio 2012, http://www.avvenire.it/
«Noi che facciamo il suo stesso
lavoro ci chiediamo se il paleoantropologo sia uno scienziato felice o almeno
appagato. Forse il massimo che si possa dire per rassicurarlo è che,
diversamente dall’ingegnere o dal geologo, non è tenuto ad avere sempre ragione.
Qualche volta può anche sbagliare, ma l’errore non provoca tragedie.
La nostra scienza, a differenza
di altre strade della conoscenza, è un sistema di cognizioni provvisorie
limitato all’universo osservabile. La scienza in generale progredisce proponendo
idee circa il comportamento dell’universo, verificandole e scartando quelle che
non vanno. In questo modo opera come un sistema che si corregge da solo e si
alimenta degli input forniti da un’immensa comunità di ricercatori. Ognuno di
questi può sentirsi parte del colossale fiume della conoscenza, anche se le sue
idee non verranno avvalorate dalle ricerche future». Un’ardita avventura di
tenaci talenti: questa è la scienza per Ian Tattersall, paleoantropologo la cui
rinomanza internazionale è legata a uno dei più grandi musei del mondo:
l’American Museum of Natural History di New York. Tattersall ne è ora curator
emeritus. Mercoledì 22 agosto interverrà al Meeting di Rimini sul tema
"Natura umana ed evoluzione biologica".
Professor Tattersall, l’emergere
dell’uomo con la sua natura dal corso dell’evoluzione è considerato un evento
unico, ma ora alcuni fisici negano che l’arrivo della specie umana sia una
svolta impetuosa che cambia radicalmente l’avventura della vita sul pianeta.
Perché questo principio viene contestato?
«Non conosco molti fisici che
realmente capiscano la biologia. Infatti i fenomeni che studiamo noi biologi
sono molto caotici rispetto a quelli dei fisici. Ogni organismo ha una sua
storia evolutiva, e questo vale particolarmente per gli esseri umani. Ma è
anche vero che la specie umana si è fatta un nido molto confortevole tra i rami
dell’imponente Albero della Vita sul nostro pianeta».
Nella disputa sull’origine della
specie umana sembra ora accentuarsi e ora attenuarsi la spinta a invalidare la
teoria dell’evoluzione. Tra gli antropologi credenti si fa notare che l’uomo
non è la negazione dell’evoluzione. Al contrario, l’uomo "è la freccia
dell’evoluzione, come diceva Teilhard de Chardin…».
«Teilhard era certamente nel
giusto quando vedeva gli umani come un prodotto del processo evolutivo. Ma
erano un unico prodotto di quel processo. Con alcune specialissime
caratteristiche, soprattutto di tipo cognitivo».
Non pochi scienziati affermano
che la natura umana esalta la cooperazione e l’aiuto reciproco. Altri
descrivono la vita come un’inevitabile, accanita lotta per la sopravvivenza,
che sarebbe tipica dell’evoluzione. Qual è il suo punto di vista?
«Assistiamo chiaramente a una
competizione per le risorse di questo mondo. Ma penso che, su larga scala, la
competizione tra le specie abbia avuto maggiore importanza della competizione
fra individui, nel determinare le conseguenze di tre miliardi e mezzo di anni
di evoluzione».
"L’universo aspettava
l’uomo", dicono molti astrofisici sottolineando la quantità di condizioni
favorevoli e di complesse attitudini grazie alle quali la specie umana ha
potuto insediarsi sulla Terra. Alla luce di tutto questo, si potrebbe usare il
concetto di "principio antropico" anche in paleoantropologia?
«In un mondo inadatto a
ospitarlo, il genere umano non avrebbe potuto neanche conoscere l’evoluzione.
Ma è arduo affermare che il principio antropico sia un fattore che determina le
storie evolutive».
Che cosa rivelano i più recenti
studi sul simbolismo, in merito al sentimento religioso, all’etica e all’arte,
che sono le più profonde attività psichiche dell’uomo?
«Non tutto ciò che consideriamo
speciale, insolito, in noi stessi, è stato acquisito tutto insieme, nello
stesso periodo di tempo, dai nostri lontani predecessori. Il fuoco, per
esempio, sembra sia stato "scoperto" circa un milione di anni fa. È
diventato una presenza regolare e sistematica circa 400 mila anni fa. Ma il
pensiero simbolico, che sembra ragionevole collocare insieme con la sensibilità
religiosa, è stato introdotto soltanto 100 mila anni fa».
Grazie a quali fattori la specie
umana è sopravvissuta alle vicissitudini della Terra e ha assunto una posizione
preminente nel processo evolutivo?
«Per essere più precisi, non
possiamo dire che gli umani abbiano assunto una posizione preminente
nell’evoluzione. Possiamo dire piuttosto che attraverso il processo evolutivo
il genere umano ha acquisito le caratteristiche per diventare ecologicamente
dominante».
C’è un momento nel quale l’uomo
prende in mano le redini della propria evoluzione…
«Sono d’accordo. Nella storia del
genere umano c’è un punto ben definito : è quando, grazie a un
"salto" cognitivo, l’uomo viene messo definitivamente in grado di
uscire dal sistema ecologico prestabilito e di modificare i processi naturali.
Il momento cruciale arriva quando la specie umana sviluppa una moderna capacità
cognitiva, unendo i complessi comportamenti del campo della cultura. Basandosi
sulle scoperte archeologiche, si può concludere che quel momento sboccia di
recente, 100 mila anni fa, cioè molto tempo dopo l’avvento dell’Homo Sapiens
come entità anatomica».
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