A Londra il «Day for life» promosso dai vescovi e le Olimpiadi - Elogio
del corpo di Giacomo Samek Lodovici, 30 luglio 2012, http://www.avvenire.it/
La Conferenza episcopale
dell’Inghilterra, analogamente a quella italiana, istituisce ogni anno una
Giornata per la vita che cade nell’ultima domenica di luglio. La concomitanza
di questo Day for Life con le Olimpiadi e le Paralimpiadi – riservate agli
atleti con disabilità – che si svolgono a Londra, ha suggerito ai vescovi
inglesi un interessante messaggio che fa leva su un tema comune a questi
avvenimenti: quello del corpo e della sua cura. Infatti, attraverso il corpo
esprimiamo noi stessi, facciamo esperienza del mondo e degli altri, possiamo
esprimere il nostro amore (anche solo dicendolo con le parole) e riceverlo
dagli altri.
E possiamo raggiungere, come dice
il messaggio dei presuli, «meravigliosi risultati» sportivi, che suscitano
stupore «specialmente quando [l’atleta] affronta la sfida della disabilità, di
un limite fisico o di una sofferenza». Già solo per questi motivi, il Day for
Life 2012 «celebra un dono straordinario: il corpo umano».
Per partecipare alle Olimpiadi e alle
Paralimpiadi bisogna coltivare la cura del proprio corpo, il quale non solo non
deve essere maltrattato dagli altri, ma non deve essere nemmeno oggetto di
incuria o di automutilazione, perché non è un mero strumento dell’io
utilizzabile a piacimento, bensì una dimensione della persona.
Noi siamo anche il nostro corpo,
anche se non siamo solo corpo perché in noi c’è anche una dimensione spirituale
(dunque la cura del corpo non deve andare a discapito dello spirito), e corpo e
spirito sono profondamente compenetrati e uniti. Gli antichi dicevano mens sana
in corpore sano, ed è vero; ma il corpo non è soltanto funzionale allo spirito,
ha una sua intrinseca dignità, che rende doverosa la sua cura in ogni momento
della vita.
Così, mentre per l’edonismo il
corpo altrui è oggetto di consumo, è invece necessario un atteggiamento di
rispetto radicale e il Day for Life insiste sulla necessità «del rispetto della
dignità del nostro corpo in ogni momento della sua esistenza, dal concepimento
alla morte naturale». Dal concepimento, quando in ogni corpo «è già presente
nella sua unicità il piano genetico», alla morte naturale che nella concezione
fede cristiana è una separazione solo temporanea dallo spirito, in attesa della
resurrezione della carne. Così, ha un futuro eterno non solo il nostro spirito,
ma anche il corpo, che risorgerà glorioso, senza le imperfezioni e le malattie
che lo hanno segnato durante la vita biologica.
Arrivando allora a quei territori
dove filosofia e teologia dialogano fittamente, va ricordato che sono stati i
pensatori cristiani a sottolineare (e quasi introdurre, salvo poche e comunque
limitate anticipazioni) nella storia della filosofia il senso del valore del
corpo, considerato dualisticamente da quasi tutti i filosofi Greci come mero
carcere dell’anima, e questo per almeno tre motivi.
Primo, perché il corpo è creato
da Dio: i filosofi greci biasimavano giustamente il culto del corpo, ma
consideravano negativamente la materia e il corpo (solo Aristotele rivalutò
quest’ultimo, ma non la materia); invece il cristianesimo afferma la positività
del mondo, del corpo e persino della materia, che sono buoni perché creati e
voluti da Dio. Per questo, ad ogni "fase" della creazione, la Genesi
rimarca sempre: «E Dio vide che era cosa buona».
Secondo, in quanto Dio stesso si
è incarnato.
Terzo, in quanto col battesimo il
corpo diventa «tempio dello Spirito» (1 Cor, 6,19).
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