domenica 15 luglio 2012


Circoncisione e crocifisso, di Giuliano Ferrara, 14 luglio 2012, - http://www.ilfoglio.it


La faccenda dell’incisione del prepuzio e della legge positiva che tende a vietarla ci riguarda. Riguarda anche il battesimo cristiano, che la religione secolare politicamente corretta considera imposizione


Che cosa ci dice la storia della circoncisione? In Germania, ch’è patria del Deutschjudentum, cioè di una vasta cultura religiosa e pratica civile che sfociò nell’integrazione illuminata degli ebrei e poi nel loro annientamento, purtroppo due facce della stessa medaglia, l’attivismo giudiziale ha sentenziato, nella città di Colonia, che è una violazione di diritto (umano) il ricorso tradizionale all’incisione del prepuzio in periodo perinatale. Il governo federale ha preso le distanze dalla sentenza, che ha validità territorialmente limitata, e ha assicurato misure di legge per ripristinare la validità legale del rituale di iniziazione che da millenni caratterizza la tradizione ebraica e la sua trasmissione familiare. Anche in Finlandia, nazione matrice di un severo atteggiamento politicamente corretto, in nome del diritto umano all’integrità del corpo e alla scelta individuale di coscienza, ci si è trovati davanti alla stessa situazione, sempre per via togata. Dure proteste del rabbinato tedesco e della comunità, o di quel che ne resta.

La faccenda riguarda tutti. I diritti umani sono una nuova religione secolare fondata sulla sofistica democratica per cui l’uomo è misura di tutte le cose, un uomo disincarnato, universalisticamente astratto in quanto titolare di diritto positivo al proprio sé, cosa ben diversa dal riconoscimento dell’autonomia della persona e dal diritto naturale. E infuria come è ovvio che sia una nuova guerra di religione. Non è molto diverso dalla questione del crocifisso, questa immagine che rende penoso l’andare a scuola o il recarsi in un ufficio pubblico per alcuni alfieri dell’allegria del vivere liberi da riferimenti confessionali, in una inattaccabile sfera di ragione e di umanità slegata da ogni peso del passato e da ogni legame familiare, scritturale, tradizionale. Il crocifisso è simbolo di amore e di nuova alleanza, e cade dai muri a velocità supersonica anno dopo anno, ma la circoncisione è una pratica legalistica, oltre che un banale e inoffensivo intervento chirurgico, destinata a salvare l’identità elettiva di un popolo che ha passato i suoi guai.

La libertà religiosa e la sopravvivenza della tradizione giudaico-cristiana, del rispetto per il dovere e diritto educativo della famiglia biparentale generatrice, sono concetti che si tengono. Il battesimo dei piccoli è sul piano spirituale una violazione altrettanto grave della circoncisione, se il metro di misura è quello della libertà di coscienza dell’età adulta, bene che la religione secolare considera altrettanto prezioso dell’integrità corporale (sulla quale pesa un di più di igienismo corretto, il sacro terrore di un presunto dolore corporale). E al fondo sta la affermazione di un primato di legittimità della protezione statale contro la famiglia, questo vecchio arnese che in ogni modo si tenta di scardinare in nome di superiori valori di indottrinamento egualitario, in una visione che oppone la dimensione pubblica a quella privata come superiore pegno di tutela di stato. Se la religione è un fatto personale, se non ha una funzione nello spazio pubblico occidentale, pur rigorosamente distinta dalla autentica laicità della cittadinanza universale negata nell’islam, allora circoncisione e battesimo sono violazioni della norma di diritto eguale, sono dichiarazioni spirituali o legali di appartenenza che rendono le religioni incompatibili, nella loro diversità, nel loro sviluppo e significato storico e metastorico, con la grande e universale religione finale della società egualitaria fondata sulle norme positive.

E’ un bel pasticcio. Gli ebrei, con la loro circoncisione, non sono una tendenza culturale etnicizzante, non sono costume o abitudine tribale (come nel caso dell’infibulazione femminile), sono la radice diretta della fede cristiana e, nell’intreccio con il paganesimo greco, l’origine remota del mondo d’occidente, di cui testimoniano in vario modo, e non solo nella funzione di vittime elette della storia, la persistente, misteriosa vitalità. Il positivismo giuridico, la dottrina pura del diritto normativo del grande e controverso giurista austriaco Hans Kelsen, base dell’attivismo giudiziale che porta a simili conseguenze, non vuole alcunché fuori dalla legge. Ma fuori dalla legge c’è il tutto della tradizione e della storia e della fede come chiesa, che la giustifica e le impedisce di essere non già universalistica ma totalitaria.

© - FOGLIO QUOTIDIANO

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