Circoncisione e crocifisso, di Giuliano Ferrara, 14 luglio 2012, - http://www.ilfoglio.it
La faccenda dell’incisione del
prepuzio e della legge positiva che tende a vietarla ci riguarda. Riguarda
anche il battesimo cristiano, che la religione secolare politicamente corretta
considera imposizione
Che cosa ci dice la storia della
circoncisione? In Germania, ch’è patria del Deutschjudentum, cioè di una vasta
cultura religiosa e pratica civile che sfociò nell’integrazione illuminata
degli ebrei e poi nel loro annientamento, purtroppo due facce della stessa
medaglia, l’attivismo giudiziale ha sentenziato, nella città di Colonia, che è
una violazione di diritto (umano) il ricorso tradizionale all’incisione del
prepuzio in periodo perinatale. Il governo federale ha preso le distanze dalla
sentenza, che ha validità territorialmente limitata, e ha assicurato misure di
legge per ripristinare la validità legale del rituale di iniziazione che da
millenni caratterizza la tradizione ebraica e la sua trasmissione familiare.
Anche in Finlandia, nazione matrice di un severo atteggiamento politicamente
corretto, in nome del diritto umano all’integrità del corpo e alla scelta
individuale di coscienza, ci si è trovati davanti alla stessa situazione,
sempre per via togata. Dure proteste del rabbinato tedesco e della comunità, o
di quel che ne resta.
La faccenda riguarda tutti. I
diritti umani sono una nuova religione secolare fondata sulla sofistica
democratica per cui l’uomo è misura di tutte le cose, un uomo disincarnato,
universalisticamente astratto in quanto titolare di diritto positivo al proprio
sé, cosa ben diversa dal riconoscimento dell’autonomia della persona e dal diritto
naturale. E infuria come è ovvio che sia una nuova guerra di religione. Non è
molto diverso dalla questione del crocifisso, questa immagine che rende penoso
l’andare a scuola o il recarsi in un ufficio pubblico per alcuni alfieri
dell’allegria del vivere liberi da riferimenti confessionali, in una
inattaccabile sfera di ragione e di umanità slegata da ogni peso del passato e
da ogni legame familiare, scritturale, tradizionale. Il crocifisso è simbolo di
amore e di nuova alleanza, e cade dai muri a velocità supersonica anno dopo
anno, ma la circoncisione è una pratica legalistica, oltre che un banale e
inoffensivo intervento chirurgico, destinata a salvare l’identità elettiva di
un popolo che ha passato i suoi guai.
La libertà religiosa e la sopravvivenza
della tradizione giudaico-cristiana, del rispetto per il dovere e diritto
educativo della famiglia biparentale generatrice, sono concetti che si tengono.
Il battesimo dei piccoli è sul piano spirituale una violazione altrettanto
grave della circoncisione, se il metro di misura è quello della libertà di
coscienza dell’età adulta, bene che la religione secolare considera altrettanto
prezioso dell’integrità corporale (sulla quale pesa un di più di igienismo
corretto, il sacro terrore di un presunto dolore corporale). E al fondo sta la
affermazione di un primato di legittimità della protezione statale contro la
famiglia, questo vecchio arnese che in ogni modo si tenta di scardinare in nome
di superiori valori di indottrinamento egualitario, in una visione che oppone
la dimensione pubblica a quella privata come superiore pegno di tutela di
stato. Se la religione è un fatto personale, se non ha una funzione nello
spazio pubblico occidentale, pur rigorosamente distinta dalla autentica laicità
della cittadinanza universale negata nell’islam, allora circoncisione e
battesimo sono violazioni della norma di diritto eguale, sono dichiarazioni
spirituali o legali di appartenenza che rendono le religioni incompatibili,
nella loro diversità, nel loro sviluppo e significato storico e metastorico,
con la grande e universale religione finale della società egualitaria fondata
sulle norme positive.
E’ un bel pasticcio. Gli ebrei,
con la loro circoncisione, non sono una tendenza culturale etnicizzante, non
sono costume o abitudine tribale (come nel caso dell’infibulazione femminile),
sono la radice diretta della fede cristiana e, nell’intreccio con il paganesimo
greco, l’origine remota del mondo d’occidente, di cui testimoniano in vario
modo, e non solo nella funzione di vittime elette della storia, la persistente,
misteriosa vitalità. Il positivismo giuridico, la dottrina pura del diritto
normativo del grande e controverso giurista austriaco Hans Kelsen, base
dell’attivismo giudiziale che porta a simili conseguenze, non vuole alcunché
fuori dalla legge. Ma fuori dalla legge c’è il tutto della tradizione e della
storia e della fede come chiesa, che la giustifica e le impedisce di essere non
già universalistica ma totalitaria.
© - FOGLIO QUOTIDIANO
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