FINE VITA/ D'Agostino: Bellocchio riapre il dibattito, ora lo chiuda il
Parlamento - INT. Francesco D'Agostino - giovedì 20 settembre 2012 - http://www.ilsussidiario.net
Il Senato è pronto a riprendere
l’esame del disegno di legge sul testamento biologico, fermo ormai dallo scorso
anno. La Commissione Sanità, in seduta plenaria, ha espresso voto favorevole
(14 a favore e 10 contrari) alla ripresa dei lavori sulle “Disposizioni in
materia di alleanza terapeutica, consenso informato e dichiarazioni anticipate
di trattamento”(Dat). A favore hanno votato Pdl e Lega Nord, contrari Pd e Idv.
Una decisione importante che ovviamente rinfocola la polemica: “Evidentemente
la fine della vita per loro è un tema da campagna elettorale”, ha detto il
senatore del Partito Democratico Ignazio Marino. La pensa diversamente l'ex
sottosegretario alla Salute, Eugenia Roccella (Pdl), secondo cui nel drammatico
momento della morte di Eluana Englaro il Senato votò la mozione del Pd che
impegnava i parlamentari a realizzare una legge sul fine vita, eppure “il Pd
non vuole tenere fede a questo impegno e ogni scusa è buona per rinviare la
legge fino ad affossarla”. IlSussidiario.net analizza l’intera vicenda con
Francesco D’Agostino, professore di Filosofia del diritto all'Università di
Roma Tor Vergata.
Professore, la ripresa del
confronto sulla legge che introduce le Dat offre un segnale importante?
C’è un motivo estrinseco per cui
l’annunciata ripresa del confronto sulla legge che introduce le Dichiarazioni
anticipate di trattamento è importante, vale a dire il film di Marco
Bellocchio, “Bella addormentata”. La pellicola è esplicitamente incentrata
sulla vicenda di Eluana Englaro ed è stata capace di suscitare un certo
dibattito, come anche la modalità della scomparsa del cardinal Martini da molti
interpretata come non corrispondente alle indicazioni del disegno di legge
Sacconi sul fine vita e che addirittura dovrebbe fornire un’indicazione al
Parlamento per un nuovo e diverso impegno legislativo. Qualcuno è arrivato a
dire che in Italia sarebbe necessaria una “legge Martini” sul fine vita.
Cosa denota tutto questo?
Senza dubbio una confusione e una
carenza di informazione molto gravi. Sorvolando per il momento la vicenda del
cardinal Martini, che andrebbe ulteriormente approfondita ma che a mio avviso è
stata ampiamente e sgradevolmente strumentalizzata da parte di molti quotidiani
e organi di stampa, è opportuno andare al nocciolo del problema.
Quale?
Senza dubbio in Italia è
opportuno che venga approvata una legge che formalizzi e che dia il dovuto
rilievo a dichiarazioni di fine vita ed è altrettanto giusto che nel nostro
Paese alcune condizioni statisticamente rare, ma che colpiscono molto l’opinione
pubblica, come quelle degli stati vegetativi persistenti, ricevano una più
accurata tutela legislativa.
Il disegno di legge Sacconi si
muove in questa direzione?
Sì, perché non è un disegno di
legge che proibisce tutto, come molti vorrebbero sostenere, ma ridefinisce
ampiamente la situazione bioetica delle situazioni di fine vita: offre il
giusto rilievo ai desideri del paziente, quando egli è in grado di comunicarli
al medico, e anche alle Dichiarazioni anticipate di trattamento, lasciando però
il medico nella responsabilità scientifica ed etica di colui che alla fine è
chiamato a prendere le decisioni. A mio avviso, dunque, il disegno di legge
permette di fare un sicuro passo avanti rispetto alla situazione normativa
attuale.
Quindi è decisamente positivo il
fatto che tale proposta di legge sia tornata all’ordine del giorno?
Non solo ritengo che sia ottima
cosa, ma anche che il dibattito su questo argomento possa rivelarsi un segno
importante per verificare che tipo di possibilità di accordo c’è su temi etici,
in un ipotetico nuovo governo nella prossima legislatura, tra rappresentanti di
linee politiche diverse.
Come giudica l’ostilità del Pd a
riguardo?
Sul tema del fine vita percepisco
nel Partito Democratico profonde ambiguità che andrebbero sciolte. Questo
perché spesso le posizioni su questo tema dei vari rappresentanti del partito
sono o poco coerenti tra di loro oppure appaiono coerenti a partire da una
mediocre informazione di tipo bioetico. Per questo è un bene che si attivi
finalmente un dibattito parlamentare esplicito, perché l’opinione pubblica
possa capire chi vuole qualcosa e come la vuole. Ad esempio, quello fatto sulla
rinuncia all’accanimento terapeutico da parte del cardinal Martini, come fosse
una scelta innovativa e coraggiosa, è un discorso senza alcun fondamento.
Come mai?
Già Pio XII condannava
l’accanimento terapeutico, quindi il fatto che sia ritornato fuori questo tema
come se fosse nuovo, lacerante e capace di creare problemi tra cattolici e
laici è semplicemente grottesco.
Come giudica l’impostazione
bioetica del disegno di legge che stiamo commentando?
Questa legge sicuramente ha
un’impostazione bioetica personalistica, che non aderisce quindi a visioni
libertarie in merito alla fine della vita umana le quali, anche se non arrivano
all’eutanasia, ne costituiscono però la premessa. Le posizioni libertarie a cui
faccio riferimento sono quelle che, in modo molto semplicistico, sostengono che
l’autodeterminazione del malato deve essere la suprema legge per il medico
curante.
Come giudica questa tesi?
E’ un’affermazione grossolana
perché, se è vera quando il malato è un paziente giovane, adeguatamente
informato e capace di valutare serenamente la propria situazione patologica,
diventa invece insensata quando pensiamo a pazienti in tardissima età in stato
di confusione mentale, incapaci di acquisire informazioni corrette e la cui
volontà può essere facilmente capovolta di ora in ora, a seconda delle persone
che si rapportano loro. Ecco perché uno studio leggermente più approfondito di
bioetica dovrebbe indurci a capire che la categoria dell’autodeterminazione,
fondamentale in altri contesti (come quello elettorale), quando viene
trasportata nelle situazioni di fine vita diventa molto ambigua, proprio perché
ordinariamente il morente non è in grado di autodeterminarsi. In conclusione,
usare l’autodeterminazione come stella polare per un discorso sul fine vita
denota o ignoranza bioetica, ipotesi che ritengo più plausibile, oppure
rappresenta un modo subdolo per aprire il discorso sull’eutanasia.
(Claudio Perlini)
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