lunedì 17 settembre 2012


TUMORE DEL COLLO DELL'UTERO: COSTI E BENEFICI DEL PROGETTO DI PREVENZIONE - Vaccinazione anti Papilloma - Quanto protegge davvero? - Roberta Villa - 17 settembre 2012 - http://www.corriere.it/


Il prezzo di ogni dose è di 150-170 euro. Uno studio suggerisce che potrebbero bastare 1-2 dosi, invece delle 3 ora richieste

MILANO - Marc Sprenger, direttore del Centro Europeo per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie, risponde con un ricordo personale alle obiezioni sull'utilità della vaccinazione anti papilloma virus (Hpv, cioè Human papilloma virus) il cui scopo è quello di prevenire un tumore, come quello del collo dell'utero, che, almeno nei Paesi ricchi, sembra già sotto controllo grazie al Pap test: «Una mia amica ha lasciato tre figli piccoli per questa malattia che ogni anno fa circa 15 mila vittime in Europa. Possiamo impedirlo e dobbiamo farlo».
LA GUIDA - Occasione dell'intervista è l'aggiornamento della Guida alla vaccinazione contro l'Hpv, che l'istituzione europea ha pubblicato in questi giorni, con due obiettivi: fotografare i tassi di copertura vaccinale nei Paesi dell'Unione Europea che l'hanno introdotta e fare il punto sugli studi pubblicati dopo l'edizione del 2008 della guida, per capire se e quanto possano cambiare le politiche adottate fino ad ora. Per esempio, uno studio pubblicato l'anno scorso sul Journal of the National Cancer Institute, suggerisce che potrebbero bastare anche 1-2 dosi, invece delle 3 ora richieste. «È presto per dirlo - prosegue l'epidemiologo olandese -, ma se questa indicazione sarà confermata si potrebbero ridurre l'impegno e i costi del programma, favorendone la diffusione». Quando si parla di vaccino anti Hpv i costi, infatti, pesano sulla bilancia delle decisioni. Il prezzo di ogni dose in farmacia è di 150-170 euro, da moltiplicare per 3 somministrazioni e per circa 280 mila ragazzine solo in Italia. Il totale per il nostro Paese, anche tenendo conto degli sconti che le Regioni riescono a ottenere, è di circa 80 milioni, che non sostituiscono, ma si aggiungono a quelli per il Pap test.

CONTROLLI - «Con questi soldi si potrebbero potenziare i consultori e invitare più donne a sottoporsi allo screening - commenta l'epidemiologo Michele Grandolfo -. E questo, se ben condotto, basterebbe da solo a risolvere il problema, perché può ridurre l'incidenza del tumore di oltre il 90 per cento». Va detto che dei controlli non si può comunque fare a meno, perché la vaccinazione protegge in maniera molto efficace, ma solo dai virus responsabili del 70% dei casi di tumore. «Presentare la vaccinazione come "la" soluzione rischia di far sentire le ragazze falsamente protette, e disincentivare il ricorso al Pap test e al preservativo, che protegge anche da tutte le altre infezioni sessualmente trasmesse» sostiene l'epidemiologo. «Il preservativo è importantissimo, ma in questo caso non basta, perché l'infezione si può trasmettere anche dalle zone non protette» ribatte Sprenger. «Il programma di screening col Pap test resta fondamentale, - interviene Silvia Declich, del Centro Nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della Salute dell'Istituto Superiore di Sanità - ma individua le lesioni quando già ci sono, e comporta quindi i costi e i disagi di doverle rimuovere. Con la vaccinazione, invece, si evita a priori la loro formazione».

RICHIAMO - La protezione conferita dal vaccino è dimostrata finora solo nei confronti delle lesioni precancerose e tende a ridursi nel tempo, soprattutto per il vaccino tetravalente, che è però l'unico molto efficace sui condilomi» chiosa però Nicola Magrini, responsabile del Centro collaborativo OMS sulla sintesi delle evidenze e l'elaborazione di linee guida dell'Agenzia sanitaria Regionale dell'Emilia Romagna. Occorrerà allora un ulteriore richiamo, magari a 10 anni dal primo ciclo vaccinale? «Ancora non possiamo dirlo - risponde Sprenger -. Questo è uno dei punti che andrà chiarito nei prossimi anni». E potrà incidere sui costi, il cui rapporto con i benefici, secondo le istituzioni, è comunque favorevole. L'Italia ha introdotto la vaccinazione gratuita nel 2008 per tutte le ragazze nel dodicesimo anno di età (offerta che in alcune Regioni è oggi estesa anche alle più grandi). Pur avendo iniziato più tardi, Gran Bretagna e Portogallo hanno già raggiunto la soglia dell'80% di copertura, mentre l'Italia non si avvicina ancora all'obiettivo auspicato di proteggere il 95% della popolazione «bersaglio».

POPOLAZIONE - «Nel 2011 abbiamo raggiunto il 65% delle undicenni, valore intermedio rispetto alla media europea, ma su cui occorre ancora lavorare» sottolinea Declich. «Bisognerebbe anche capire però non solo quante, ma anche quali ragazze vengono vaccinate - aggiunge Simona Di Mario, pediatra del Centro di documentazione sulla salute perinatale e riproduttiva SaPeRiDoc -. Se, come è prevedibile, sono soprattutto quelle appartenenti a famiglie più avvantaggiate socio-culturalmente, che sono quelle che in genere assumono comportamenti meno a rischio e che con ogni probabilità, una volta cresciute, si sottoporranno regolarmente al Pap test, non incideremo in modo significativo sui circa 3.500 casi di malattia che ancora ogni anno si verificano in Italia, né sul numero dei decessi, che si concentrano soprattutto, anche se non solo, nelle fasce più svantaggiate della popolazione».

MONITORAGGIO - Per capirne di più e per verificare se i diversi risultati ottenuti nelle varie regioni si associano a schemi organizzativi o di comunicazione differenti, l'Istituto Superiore di Sanità ha in corso un progetto chiamato Valore, nell'ambito del quale si stanno anche esaminando le risposte agli oltre 14 mila questionari inviati alle famiglie che non hanno fatto vaccinare le figlie. Secondo una ricerca pubblicata dalla rivista Pediatrics le ragioni di questa scelta sono soprattutto la scarsa conoscenza del vaccino, l'idea che non serva e la convinzione che sia prematuro pensare alla futura vita sessuale delle bambine. Altri temono che la vaccinazione possa indurre atteggiamenti più disinvolti e comportamenti a rischio. Tutti gli esperti, anche i più scettici sull'opportunità della campagna di vaccinazione di massa, sono almeno unanimi su un punto: l'analisi di 7 studi che in totale hanno seguito più di 44 mila ragazze vaccinate ha confermato la sicurezza delle iniezioni. Su questo i genitori possono stare tranquilli.

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