TRAPIANTO DA VIVENTI
- Pessina: il corpo non è proprietà - 14 settembre 2012 - http://www.avvenire.it
Fare attenzione a non rendere “malati” i donatori ed evitare
che il dono apra la porta alla vendita del proprio corpo sono le cautele
auspicate dal filosofo Adriano Pessina, direttore del Centro di Bioetica
dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.
Che cosa significa da un punto di vista bioetico favorire la
donazione di organi tra viventi (anche se pochi si tratta di pochi casi)?
Il principio ispiratore è lodevole, ma non dimentichiamo che
non siamo macchine e che ogni “donazione” comporta una lesione, che va valutata
attentamente, per non creare poi dei “malati”. Penso che si debba procedere
tenendo conto anche degli aspetti psicologici ed esistenziali che entrano in
gioco nella logica del “dono” che potrebbe creare pressioni moralmente
ingiustificabili.
Le garanzie del sistema sanitario sono tali da escludere
abusi?
Le garanzie formali hanno sempre bisogno di essere sostenute
da una seria riflessione sul significato dell’identità corporea, specie in
un’epoca in cui è così facile agire sull’uomo e sulle “parti”.
Questa disposizione “a fin di bene” del proprio corpo mette
in discussione il principio dell’indisponibilità in altre circostanze?
Noi “siamo” il nostro corpo e perciò il concetto di dono è
una metafora non priva di controindicazioni. Se pensiamo al corpo come a una
proprietà che può essere “donata” si apre la pensabilità della “vendita” o
dell’acquisto delle parti del corpo. L’indisponibilità non è un semplice
principio, è un modo per ricordarci l’unità dell’uomo e radicare il concetto di
dignità nella sua concreta esistenza corporea.
Enrico Negrotti
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