UNA MOGLIE CHE NON SI LAMENTA DEL MARITO - Costanza Miriano racconta
com'è nato il suo secondo libro "Sposala e muori per lei" di Paola de
Groot
ZI12092204 - 22/09/2012
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ROMA, sabato, 22 settembre 2012
(ZENIT.org) – La sua opera prima è stata un successo editoriale (oltre 25.000
copie, 10 ristampe) e il caso dell’anno con quel titolo, Sposati e sii
sottomessa che tanto scalpore e tante polemiche ha suscitato.
In occasione dell’uscita del suo secondo libro Sposala e
muori per lei, Zenit incontra l’autrice Costanza Miriano, giornalista del Tg3,
moglie e madre di quattro figli.
Dopo il suo primo successo
editoriale c’era grande attesa per questo suo secondo lavoro. Si pensava che
potesse essere un libro destinato agli uomini e al loro ruolo all’interno del
matrimonio e della famiglia, ma anche questo volume sembra destinato alle
donne…
Costanza Miriano: Ebbene sì, la
verità è che come donna non conosco il linguaggio degli uomini, non so come
fare arrivare il messaggio a parole. Ma quello che posso fare è suggerire alle
donne un comportamento che possa arrivare al cuore dell’uomo. Non sono trucchi
o tattiche ma la scelta cosciente e sincera di una diversa propensione d’animo
verso il proprio marito. Un atteggiamento di grande rispetto e accoglienza, di
docilità. Ho visto molte donne scegliere strade diverse, inerpicarsi in
sentieri di dominio e uguaglianza falsamente intesa, con il risultato che non
sono felici. La Chiesa, invece, ci insegna che la strada la troviamo già
descritta nella Bibbia e che la felicità è nella profonda ragionevolezza di
questa scelta. Chi ci ha provato ne è rimasta soddisfatta: funziona veramente.
Allora qual è la specificità che
caratterizza questo suo secondo lavoro?
Costanza Miriano: Mentre nel
primo ho cercato di riflettere sull’identità femminile, in questo secondo libro
tento (coi limiti dovuti al fatto che sono una donna e quindi appartenente ad
un’altra specie…), di fare una riflessione sull’identità maschile e quindi su
come a noi piacerebbe che fossero i nostri mariti, sia come padri che al
lavoro, ad esempio. Ci sono capitoli sull’autorevolezza paterna; sull’uomo, in
un certa maniera, cacciatore; sull’uomo al lavoro non vissuto come idolo. In
particolare su come la donna possa aiutare un uomo ad essere veramente un uomo:
ecco questa credo sia la novità rispetto al primo libro. In sintesi: sul primo
come posso essere più donna io, nel secondo non come deve essere mio marito,
perché non è mio compito stabilirlo, ma come posso aiutarlo o molto spesso come
fare per non ostacolarlo nel compimento della sua identità maschile.
Che tipo di padre è quello che
“morirebbe” per la madre dei suoi figli?
Costanza Miriano: È un uomo
convertito cioè un uomo che è riuscito ad uscire dal proprio egoismo e che può
dare la vita per l’altro. La donna può aiutare questo processo di conversione
non con le parole (l’uomo e la donna parlano due linguaggio troppo diversi!),
ma seguendo la propria vocazione che è quella di tirare fuori il meglio
dall’altro. Non è una questione di superiorità spirituale: sono semplicemente
due diversi tipi di vocazione. Vedo già molti mariti che fanno un vero e
proprio lavoro di manovalanza in seno alla coppia, il lavoro più silenzioso,
quello della fedeltà e della costanza.
Sembra che ci sia una relazione
stretta tra questo morire e l’autorevolezza verso i figli: ce la può spiegare?
Costanza Miriano: Si tratta di un
uomo totalmente realizzato che sa che la sua felicità sta nel perdere la sua
vita per l’altro. Da qui nasce la sua autorevolezza: non deve comandare o
picchiare per farsi ubbidire dai figli ma è capace di dire un no, di mostrare
un muro dove la madre cercherebbe ancora una porta. Questa sua capacità deve
essere sostenuta dalla moglie che lo rispetta e che non lo contraddice o
ridicolizza davanti ai figli.
Lei ha sempre sostenuto la
necessità della distinzione tra i ruoli tra coniugi. Il punto è che oggi
pressoché tutte le mamme lavorano: davvero non è credibile, a suo avviso,
l'idea di un papà che prepara le pappe ai figli, che cambia loro i pannolini,
ecc.? Che tipo di consigli dà, in tal senso, nel suo libro?
Costanza Miriano: Non bisogna
vedere la questione in maniera così meccanica. Il punto è uscire dalla logica
di dominio, della divisione dei compiti intesa come obbligo e pretesa. Certo
che il padre aiuterà la madre, ma la donna deve smettere di pretendere che
tutto venga fatto come dice lei. L’uomo aiuterà volentieri la moglie se
riceverà carta bianca, se potrà fare alla sua maniera senza il timore si essere
criticato o compatito. Credo pure che ci siano compiti per i quali la donna è
più portata a fare con naturalezza.
[La seconda parte dell’intervista
a Costanza Miriano sarà pubblicata domani, domenica 23 settembre]
UNA MOGLIE CHE NON SI LAMENTA DEL MARITO (SECONDA PARTE) - Costanza
Miriano racconta com'è nato il suo secondo libro "Sposala e muori per
lei" di Paola de Groot
ZI12092302 - 23/09/2012
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ROMA, domenica, 23 settembre 2012
(ZENIT.org) – [La prima parte dell’intervista a Costanza Miriano è stata
pubblicata ieri, sabato 22 settembre]
***
Farsi aiutare da qualcuno è
possibile ma lei scrive anche di un uso non indiscriminato dei nonni: in che misura
è giusto il loro intervento?
Costanza Miriano: Naturalmente la
figura dei nonni è importante ed è un rapporto speciale quello che hanno con i
nipoti. La presenza dei nonni non deve però sostituire quella dei genitori: un
figlio è un’occasione unica di conversione, quindi demandare tutto a qualcun
altro per facilitarti le cose non è sempre la scelta più saggia. La presenza
molto preponderante dei nonni porta con sé anche il rischio di dover far
compromessi sul tipo di educazione da parte dei genitori per non parlare di
quei casi in cui addirittura i nonni si intromettono nel rapporto di coppia.
Trovo comunque strano che spesso i bambini vengano concepiti come qualcosa di
talmente devastante e invadente da dover essere condiviso con altri per
sopportarne il peso: probabilmente è un effetto collaterale del fatto che la
loro nascita è stata pianificata nei minimi dettagli e ha perso la forza
dell’evento naturale.
Col primo libro ha dimostrato che
il matrimonio non è la tomba dell’amore: può però un figlio essere la tomba del
matrimonio?
Costanza Miriano: Quando è
vissuto in questa maniera, come il centro del mondo, acquista veramente un peso
abnorme. Ho raccolto la confessione di uomini che si lamentavano di essere
stati messi in secondo ordine dalla moglie quando è nato il primo figlio. A
questo si può rimediare: è la donna che deve riconquistare la sua dimensione di
moglie e ricominciare a dare tempo e attenzione al marito. In questo frangente
vorrei citare anche l’importanza della cura del corpo: il fatto di avere
bambini piccoli e poco tempo non dovrebbe essere una ragione per presentarsi
sciatta al proprio marito.
Chi è Gudbrando? O meglio chi è
sua moglie?
Costanza Miriano: Quando vado
alle presentazioni racconto spesso questa storiella di Gudbrando perchè è un
esempio molto pratico che resta in mente. È la storia di un pregiudizio
positivo della moglie nei riguardi del marito, quindi qualunque cosa faccia
quest’ultimo, lei lo giudica positivamente, parte dal principio che quello fa
sia buono: questo scardina la logica della contrapposizione tra i coniugi, la
moglie si allea col marito e per principio vuole combattere insieme a lui e non
criticarlo. Questa storia viene anche riportata nel libro. Mi hanno raccontato
che ha aiutato molte coppie e quando si comincia ad applicarlo funziona
veramente. Addirittura qualche donna che aveva già fatto le carte per il
divorzio, le ha ritirate perché ha provato questo nuovo atteggiamento che
innesta un circolo virtuoso: più un uomo si sente approvato e più diventa buono
e smette di fuggire. Aumenta anche il suo senso di responsabilità, perché sa
che sarà ascoltato anche dai figli. Se si fa quello che ha detto il babbo
perché l’ha detto lui allora il padre è più stimolato a riflettere bene prima
di parlare e a parlare sempre nell’ottica del dono.
Quasi a sottolineare ed
accentuare questa indole di manuale prezioso, ricco di spunti di riflessione
per la vita di coppia e per far sì che le intenzioni si trasformino velocemente
in atteggiamenti concreti, alla fine di ogni capitolo ha inserito un piccolo
regalo che la donna può fare all’uomo…
Costanza Miriano: Come spiego
nell’introduzione noi donne comunichiamo con le parole, gli uomini con gesti
concreti. Alla fine di ogni capitolo, quindi, ho messo un regalo, che può
essere un oggetto o semplicemente il piatto preferito, cioè un segno concreto
del nuovo atteggiamento che la donna vuole adottare o che chiede a suo marito.
Cose o oggetti che siano dei promemoria, perché per l’uomo le parole sono molto
meno importanti che per noi.
Nel capitolo 7, Lei afferma che
vale comunque la pena sposarsi e ribadisce poi nel capitolo 10: “anche nel
matrimonio, strano ma vero, bisogna mettere l’amore al primo posto”…
Costanza Miriano: Sì, dobbiamo
comunque chiarire che cos’è l’amore, visto che siamo tutti più o meno intrisi
di una visione piuttosto romantica ed emozionale. Il matrimonio è una via di
conversione, come un monaco obbedisce al suo abate e alla regola, una moglie si
converte in questa obbedienza al proprio marito. E quest’ultimo come può
resistere ad una moglie che lo ama senza riserve? Senza mettere paletti, senza
esigere? Molte volte la pesantezza che imputiamo al matrimonio riguarda in
realtà tutta la nostra vita. A cominciare dalla gestione del tempo: quando
voglio ritagliarmi il mio spazio, cresce in me lo stress. Voglio sostituirmi a
Dio per poter gestire completamente la mia giornata e così, ogni imprevisto,
ogni scomodità diventano un disastro. Anche la casa diventa un proprio spazio:
tutto deve essere perfetto, tutto deve andare come voglio io. Ogni mancanza del
proprio marito diventa intollerabile. Le giornate migliori sono invece quelle
nelle quali ci affidiamo a Dio, ci facciamo figli fiduciosi e ci abbandoniamo
al Suo volere, accogliendo docilmente gli avvenimenti della giornata.
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