Uomo, perché parli? di Noam Chomsky - 16 settembre 2012 - http://www.ilsole24ore.com
Nel corso della storia della
scienza, gli studiosi che hanno lasciato le maggiori tracce, da Galileo,
fondatore della scienza moderna, a Hume, passando per Newton, Leibniz, Darwin e
Locke, hanno anche permesso di porsi domande interessanti sulle facoltà cognitive
più alte.
Molti studiosi hanno tentato di
spiegare il linguaggio che è la caratteristica precipua dell'uomo e che lo
distingue dalle macchine e dagli animali: una facoltà che gli deriva dal suo
organo più sviluppato, il cervello, e che permette all'uomo di pensare, di
generare idee e di esprimerle. Molti di loro, trovandosi davanti al mistero
della natura del linguaggio, non hanno cercato di penetrarlo, riconoscendo in
qualche modo il limite della comprensione umana; altri si sono invece avventurati
in teorie che, sull'onda della conoscenza scientifica del momento, giungevano a
conclusioni che sono state poi duramente discusse, come, per esempio, quella
che vuole che il cervello, come lo stomaco, non sia altro che un organo. E così
come lo stomaco digerisce un alimento introdotto tramite la bocca, che poi si
trasforma in altra materia, il cervello serve per digerire stimoli esterni che
vengono poi trasformati in parole e in pensiero.
Dall'analisi della storia della
scienza moderna si evince che nonostante i numerosi tentativi degli scienziati,
il mistero della capacità creativa è quello che registra ancora il massimo
grado di fallimenti nel tentativo di darvi una spiegazione. Tanto per fare
qualche altro esempio, nel corso della storia della scienza moderna ci sono
stati tentativi di dare risposte a domande che oggi ci sembrano superate, come
la capacità degli animali di pensare, o inconcepibili, come la possibilità che
esista una materia pensante. A tal proposito, per Locke il razionalismo
cartesiano non ci permette di capire come possano generarsi le idee nel nostro
cervello, contrariamente al pensiero di Bacon, il cui empirismo ci porta a
pensare che tutta l'esperienza possa ruotare attorno alla sensazione e alla
riflessione, che non sono altro che due tipi diversi di percezione che generano
le idee.
Un ulteriore, e forse estremo,
tentativo di comprendere il pensiero e la capacità del linguaggio ci deriva dal
Test di Turing e dal tentativo tutto recente di meccanicizzare il linguaggio
cercando così di simulare il pensiero nei computer, grazie a programmi in grado
di riprodurre la creatività del linguaggio umano. Per quanto questo tentativo
sia risultato non particolarmente significativo dal punto di vista esplicativo,
porta almeno l'uomo a sviluppare computer sempre più complessi. Pensatori come
Humboldt e Rousseau, Galilei e Newton, pur raggiungendo grandi traguardi in
numerosi settori della scienza, hanno anch'essi fallito nel cercare di dare una
spiegazione alla facoltà dell'uomo di pensare e al principio creativo della sua
mente che è alla base della capacità di realizzare sistemi sociali, educativi,
politici ed economici. Un po' come per Newton era inconcepibile che la gravità
fosse generata dalla materia, così è incredibile spiegare come il pensiero e il
linguaggio possano essere generati dal cervello. Molti di loro hanno finito per
accettare che la spiegazione scientifica sia qualcosa di limitato che deve fare
i conti con fenomeni particolarmente imperscrutabili.
Molti studiosi del Ventesimo secolo,
quelli del cosiddetto "decennio del cervello", cioè gli anni Novanta,
hanno portato all'elaborazione di almeno quattro filoni teorici che sostengono
che il cervello sarebbe un organo calcolatore; oppure che la mente sia da
ridurre alla fisiologia del cervello; o che il mentale sarebbe superiore al
cerebrale; o, ancora, che il cervello sia il frutto dell'evoluzione della
specie. La conclusione apparente di questa disamina è che la mente sia un campo
inesplorabile caratterizzato da zone d'ombra di cui non è possibile la
comprensione profonda. Si rischia però di giungere a un
"misterianesimo", una sorta di filosofia del mistero che rischierebbe
di guidare la scienza verso l'abbandono del tentativo di rispondere alle
domande riguardanti i meccanismi ancora inspiegabili della natura, anche se
questa è probabilmente una forma di razionalismo.
Come risolvere dunque questa
situazione di stallo? Auspico che si giunga a una unificazione delle varie
branche della scienza in modo che possano arrivare a un tentativo di
comprensione di qualche piega ancora imperscrutabile della mente umana, anche
se il tentativo sembra davvero impossibile perché ogni ambito di conoscenza
comporta dei limiti. Ambiti e limiti sono infatti intrinsecamente correlati tra
loro: ogni ambito richiede una struttura che impone limiti. Quindi sembra
chiaro che l'uomo non riuscirà a sfuggire a queste proprietà logiche che
accomunano tutti gli esseri naturali. E visto che la scienza deve andare oltre
il semplice abbandono della ricerca di spiegazioni, forse è giusto pensare che
molte domande rimarranno presumibilmente inspiegabili per sempre. Forse il
motivo sta nel fatto che la nostra limitatezza cognitiva ci impedisce di porci
le domande giuste. Per questo non riusciamo a dare loro una spiegazione.
Testo tratto dalla Prolusione di Noam
Chomsky tenutasi ieri in occasione dell'inaugurazione dell'Anno accademico
della Scuola superiore universitaria Iuss di Pavia. Nel pomeriggio Chomsky ha
incontrato duecento studenti provenienti da tutta Italia. Domani alla Sissa di
Trieste Chomsky riceverà una laurea «Honoris causa»
Nessun commento:
Posta un commento