Peter Cameron, il matrimonio è una cosa innaturale - Peter Cameron, lo
scrittore americano sarà fra i protagonisti della kermesse - PordenoneLegge che si apre domani nella
città friulana e si concluderà domenica prossima - "Chi si sposa è
coraggioso ma anche presuntuoso" Lo scrittore americano presenta il suo
ultimo romanzo - ALESSANDRA IADICICCO - 18/09/2012 - http://www3.lastampa.it
Peter Cameron, 53 anni, è tra i
più raffinati scrittori americani contemporanei e - eccellenza rara per chi ha
una scrittura così sofisticata - gode di un grande successo di pubblico. Scrive
avventure sentimentali e intellettuali. Storie di amore e di crucci letterari.
Di tormenti emotivi e creativi. Di lui molti ammiratori ricordano, nel 2002, il
fortunato romanzo di esordio, Quella sera dorata la storia di un falso
letterario e di un triangolo amoroso ambientata in Uruguay da cui nel 2007 è
stato tratto il film con Anthony Hopkins The City of your Final Destination. Il
romanzo di formazione giovanile Un giorno questo dolore ti sarà utile - da cui
l’omonimo film di Roberto Faenza uscito l’anno scorso - raccontava le
inquietudini adolescenziali di un giovane newyorchese omosessuale ed è stato
proclamato la versione anni Duemila de Il Giovane Holden. Con Paura della
matematica nel 2008 ha realizzato invece una serie di racconti autobiografici
che valgono come una difesa a tutto campo delle belle lettere sulle scienze
dell’esattezza e del calcolo.
Quest’estate, in edizione contemporanea
italiana e americana, è uscito il suo ultimo romanzo. Coral Glynn (Adelphi, 212
pagine, 18 euro). Racconta di una giovane neanche 25enne che, nella primavera
del 1950 si ritrova nei panni di infermiera privata, appena diplomata, a
prestare servizio in una grande e tetra villa persa nella campagna inglese,
risuonante di scricchiolii e carillon, abitata da una vecchia signora malata di
cancro e dal figlio di costei ex ufficiale invalido di guerra. Appena muore la
sua paziente, Coral è chiesta in sposa dal dolente Maggiore Hart. Uno strano
matrimonio: «An Odd Marriage» avvisa il sottotitolo della versione originale
del romanzo.
Alla vigilia dell’arrivo in
Italia dello scrittore che domenica prossima presenterà Coral Glynn al pubblico
della kermesse Pordenone Legge, lo abbiamo raggiunto per chiedergli che cosa
pensa di questa «strana» istituzione: il matrimonio. Nel libro se ne celebrano
o sciolgono almeno sei.
Peter Cameron qual è il più
strano tra i tanti matrimoni di cui racconta?
«All’inizio pensavo al legame tra
Coral e il maggiore Hart, i due protagonisti che, profondamente diversi tra
loro per età, educazione, preferenze ed esperienza, rinchiusi ciascuno nella
propria solitudine, arrivano tuttavia per un attimo quasi a toccarsi ma, quando
decidono di legarsi, già si perdono. Per loro sulle prime avevo immaginato il
titolo originale del romanzo, An Odd Marriage. Le altre nozze cui accenno sono
immaginate per lo più come situazioni comiche: un pretesto per fare della
satira su morale e costumi. Ma credo che tutti i matrimoni siano strani,
eccome, lo credo davvero. L’idea di dedicarsi esclusivamente a una sola persona
per il resto dei propri giorni mi pare incredibilmente coraggiosa, certo, ma
anche presuntuosa. Forse è perfino un atto innaturale. Inoltre, come nelle
famiglie infelici dei romanzi di Tolstoj, sono sicuro che i matrimoni strani
siano soggetti ben migliori per i romanzi di quelli ben riusciti».
E l’amore, è un legame più
plausibile? Non sembra meno bizzarro e spiazzante. In questo suo romanzo se ne
trovano due o tre contraddittorie definizioni…
«Io scrivo libri per esplorare e
capire che cosa penso dell’amore. Fino ad oggi ne ho sperimentate –
letterariamente: leggendo e scrivendo – una varietà di forme e concezioni assai
diverse. Non mi arrischierei a darne un’unica definizione. Il Maggiore Hart,
diviso da Coral e risposato con Dolly, analizzando ciò che prova in quel
preciso momento della sua vita, dice che amare significa desiderare con tutto
se stesso che l’altro resti in vita. Probabilmente avrebbe definito il suo
amore per Coral, o per Robin il suo amante omosessuale degli anni della
gioventù, in termini molto diversi. Dolly, annunciando a Coral le nozze tra la
governante Mrs Prence e l’ispettore Hoke dice che “l’amore è sconcertante”. È
proprio così».
Perché Coral si sposa? È
innamorata, spaventata, sprovveduta, ingenua, sventata?
«Coral Glynn, nel corso della sua
storia, è ciascuna di queste cose. Dapprima una giovane smarrita, incosciente e
innocente, benché le capiti di essere accusata di omicidio e del furto di un
anello. Ma la vediamo crescere, cambiare. Diventare una donna autonoma,
indipendente, libera. Come potrei caratterizzarla in un solo modo? Lei stessa
lo dice: «esiste mai la possibilità di sapere chi sono gli altri? Come le
monete hanno tutti due facce; o come i dadi, sei».
Ci sono nel romanzo certe figure
di donne detestabili: doppiogiochiste, ficcanaso, petulanti. E Coral è più
volte vittima di dispetti e cattiverie. Non sarà che lei è un po’ misogino?
«Mi dispiace che dica così. Io,
nel concepirli, cerco di provare simpatia per tutti i miei personaggi. Certo
Coral si trova più di una volta esposta a gratuite crudeltà. Soprattutto
all’inizio, quando è così timida e impaurita, c’è sempre qualcuno che cerca di
manipolarla. Il mondo è un luogo terribilmente misogino, credo, e io intendevo
rispecchiare le angherie che assai spesso le donne sono costrette a subire,
specie se sole e indifese come era Coral negli anni Cinquanta».
Gli anni Cinquanta,
l’Inghilterra, la villa vicino al bosco: immaginava già una trasposizione
cinematografica del romanzo mentre lo scriveva?
«Pur apprezzando l’equilibrio
estetico dei film tratti dai miei romanzi, non li ho mai riconosciuti come
miei. Mentre scrivevo, anche visivamente, avevo in mente figure e scene molto
diverse. È naturale che sia così. Perciò vedere le mie storie trasposte sul
grande schermo mi mette molto a disagio. Il mio mondo, piuttosto, è tutto
letterario, scritto, e se per Coral Glynn ho scelto quell’ambientazione è stato
perché, mentre lo scrivevo, stavo leggendo numerose grandi autrici britanniche
del XX secolo: Virginia Woolf, Rose Macaulay, Penelope Mortimer, Barbara Pym,
Elizabeth Taylor, Dorothy Whipple, e altre…. Inevitabile che le loro opere
diventino una parte di me e finiscano per contaminare le mie pagine senza che
quasi me ne accorga».
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