giovedì 3 novembre 2011

5 milioni di nuovi italiani di Sergio Valzania, 03 novembre 2011, http://www.liberal.it

Giovedì scorso, 27 ottobre, è stato presentato in trenta città italiane il 21esimo rapporto di Caritas e Migrantes sulla situazione dell'immigrazione nel nostro Paese. Il Dossier Statistico Immigrazione 2011 costituisce il più completo documento elaborato in Italia per analizzare e comprendere il fenomeno sociologico e geopolitico che ha caratterizzato gli ultimi due decenni della nostra storia e che con sicurezza è destinato a segnare in profondità il secolo che si è aperto da poco. Per realizzare le oltre cinquecento pagine del rapporto hanno collaborato le principali istituzioni e organizzazioni pubbliche e private che si occupano di immigrazione, dall'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati al Ministero degli Esteri, dall'International Organization for Migration ai Ministeri degli Interni e dell'Istruzione, all'Associazione Nazionale dei Comuni d'Italia a Save the Children, passando per molti comuni e province, istituti di tutela previdenziale, fondazioni e patronati, tutti interessati a comprendere quanto sta accadendo in un ambito decisivo, la cui evoluzione produce cambiamenti profondi della nostra società.
Oltre alle tavole statistiche che forniscono le cifre relative alla presenza e alla distribuzione sul territorio nazionale dei cittadini stranieri residenti in Italia, il Dossier offre un imponente apparato interpretativo, redatto da persone che quotidianamente si occupano di immigrati. L'analisi si apre con un quadro della situazione internazionale e delle prospettive che essa presenta per il futuro, a breve e medio termine. Fra di esse si segnala l'aspettativa di una modificazione del flusso migratorio dall'Africa, sempre sovrappopolata, in direzione non più dell'Europa ma della Cina, dove l'aumento della ricchezza si accompagna ai segnali di un'incipiente crisi demografica, dovuta anche alle campagne governative di denatalità che si sono sviluppate nel paese da parecchi decenni a questa parte.
All'inquadramento internazionale segue l'analisi della situazione italiana, organizzata attorno a tre punti focali: flussi e soggiornanti, inserimento socio-culturale e mondo del lavoro. I tre ambiti nei quali, a giudizio dei curatori dell'opera diretti da Franco Pittau, il fenomeno dell'immigrazione deve essere analizzato per poter essere compreso in modo corretto. Passando alle cifre e limitandosi a quelle relative alla presenza degli immigrati regolarizzati in Italia nel suo complesso, senza scendere ai dettagli regionali, nel Dossier troviamo una stima per la quale essi arrivano ormai a sfiorare i cinque milioni di persone, che rappresentano il 7,5 per cento dei residenti nel nostro Paese. Si tratta di una popolazione giovane, la cui età media è di dodici anni più bassa di quella dei cittadini italiani, 32 anni contro 44, nella quale le donne sono il 51,8 per cento. Tantissimi i giovani in età scolare, gli iscritti superano i 700mila, e fra di essi una larga maggioranza è rappresentata da bambini nati in Italia, per i quali la nostra legislazione non prevede il diritto alla cittadinanza, come invece avviene in molti altri Paesi, fra i quali gli Stati Uniti. Per tutti loro il compimento della maggiore età costituisce un problema grave, dato che nonostante siano sempre vissuti nel nostro Paese, parlino la nostra lingua e non abbiano un'altra patria, vengono a trovarsi nella condizione di clandestini se non sono in grado di procurarsi un lavoro regolarmente retribuito che dia loro diritto al permesso di soggiorno.
La tabella delle provenienze degli immigrati vede in testa i rumeni, quasi un milione, seguiti dagli albanesi, mezzo milione, e da quasi altrettanti marocchini. Vengono poi i cinesi, 200mila, e gli ucraini, che compongono una comunità circa equivalente. Un complicato sistema di valutazione delle religioni di appartenenza degli immigrati fornisce una stima di circa due milioni e mezzo di cristiani, in maggioranza ortodossi, e un milione e mezzo di mussulmani. La terza religione è quella induista, con 120mila presenze. Quanto alla distribuzione territoriale degli immigrati in Italia, la loro larga maggioranza è concentrata nelle zone più ricche del Paese e soprattutto è lì che la loro presenza è più alta in relazione al numero di abitanti. Nel nord-est i cittadini stranieri superano il 10 per cento dei residenti, mentre nel sud raggiungono appena il 3 per cento e nelle isole sono al di sotto di esso. Sono dati che confermano come l'immigrazione sia attratta dalle occasioni di lavoro offerte nelle aree più produttive. Quando tali offerte non sono ritenute gratificanti dagli italiani in cerca di occupazione sono altri che accorrono a soddisfare la richiesta di mano d'opera. Il quadro che emerge dalle cifre e dalle valutazioni del Dossier è paradossale. Se un sociologo o un economista piovuto dallo spazio, l'omino verde della fantascienza, fosse incaricato di rac- contare che cosa è accaduto in Italia negli ultimi decenni, con ogni probabilità scriverebbe la storia di una crisi profonda e di milioni di persone che sono accorse per porvi riparo. Almeno dall'inizio degli anni Novanta, ma il fenomeno ha radici lontane, il nostro paese versa in una crisi di denatalità, conseguenza e insieme motore di una generalizzata mancanza di fiducia nel futuro. Questo ha determinato un rallentamento della nostra capacità produttiva e un aumento delle nostre necessità in termini di servizi, in particolare nell'ambito del sostegno agli anziani, oltre a una pericolosa sproporzione nel sistema pensionistico, che vede aumentare gli assistiti mentre diminuiscono quanti contribuiscono ai versamenti.
I milioni di immigrati che sono venuti a lavorare in Italia, se non a risolvere i problemi, sono comunque riusciti a permetterci di andare avanti, mantenendo un livello di produttività accettabile e un qualche equilibrio nei conti del sistema assistenziale. Certo questo ha prodotto alcuni squilibri, nuove forme di disagio sociale e la sostituzione di forme di piccola delinquenza autoctona con manifestazioni criminali che da noi erano scomparse, ma nel complesso si tratta dei sottoprodotti di un fenomeno che ha consentito all'Italia di rimane in piedi, nel novero delle maggiori potenze industriali del pianeta. Grazie al contributo di milioni di lavoratori che hanno lasciato le loro case nei quattro angoli del mondo per venire a prestare la loro opera da noi. L'omino verde extraterrestre rimarrebbe stupito della risposta che è stata data a quello che gli apparirebbe come uno slancio di solidarietà. Egli vedrebbe qualche cosa di simile all'affamato che morde la mano che gli porge il piatto di cibo.
Di fronte all'immenso e necessario sostegno che l'Italia riceve dagli immigrati si è scatenato un meccanismo di rifiuto che trascende ogni aspettativa, privo di qualsiasi ragionevolezza e di rapporto con il reale. L'atteggiamento generalizzato nei confronti dell'immigrazione rimane legato a una considerazione emergenziale del fenomeno e soprattutto alla totale incomprensione della ricchezza economica, sociale e culturale che esso arreca al nostro paese. Il dato più immediato ci dice che gli immigrati, pur essendo poco più del 7 per cento dei residenti in Italia, producono il 14 per cento della ricchezza, e questo non ci deve stupire, dato che fra di loro la percentuale di occupati è molto più alta che fra i cittadini italiani. Ogni anno il rapporto Caritas- Migrantes sull'immigrazione reca un motto, che rappresenta la sintesi del pensiero dei curatori in relazione alla situazione esistente in merito all'immigrazione. Il momento attuale viene rappresentato con le parole «Oltre la crisi, insieme». L'obbiettivo della nostra società è oggi quello di uscire dalle strettoie della crisi economica, ma un tale risultato può essere conseguito solo insieme, cioè impiegando tutte le forze disponibili, comprese quelle per nulla trascurabili che l'immigrazione mette a disposizione dell'Italia. Nel presentare l'opera Franco Pittau ha evidenziato la particolarità di quanto sta accadendo in questi mesi proprio a seguito della crisi economica. Circa 600mila immigrati si trovano nella condizione di non vedersi rinnovato il permesso di soggiorno perché hanno perduto il lavoro. Dato che sono la componente più debole della società è su loro che si abbattono per primi i licenziamenti e le riduzioni di personale. L'attuale legislazione concede sei mesi di tempo per trovare una nuova occupazione regolare, veramente poco in un periodo come quello che stiamo attraversando. Arrivato alla scadenza del permesso l'immigrato diviene un clandestino e si trova davanti la scelta fra l'abbandono del nostro paese e il nascondersi nelle pieghe della società. Se la seconda opzione è rischiosa, dato che espone l'immigrato a ogni sorta di possibile ricatto, anche la prima costituisce un danno per la nostra comunità nazionale. Essa finisce infatti per privarsi di una persona determinata, visto che ha affrontato con successo i disagi dell'emigrazione, disponibile al lavoro e che ha fatto un forte investimento sul nostro paese. Con ogni probabilità parla l'italiano, conosce le nostre abitudini, ha iniziato un processo di avvicinamento alla nostra cultura e alle nostre tradizioni. Se lascia l'Italia tutto questo va perduto, e siccome la forza lavoro dell'immigrazione è necessaria alla nostra economia arriverà al suo posto qualcun altro che dovrà ricominciare da capo. Quello che manca soprattutto è la consapevolezza del fatto che è necessario innescare un rapporto di scambio e riconoscerlo come tale. I problemi dell'immigrazione non sono questioni di ordine pubblico, di assistenza ai più deboli o di imposizione di una cultura traballante ed eticamente discutibile su chi è portatore di una tradizione diversa. Quello che occorre è la capacità di progettare l'Italia del futuro tenendo conto di come è fatta l'Italia di oggi, nella quale gli immigrati non sono un elemento accessorio ma piuttosto un dato strutturale. Bisogna accettare l'idea che i loro figli e nipoti saranno gli italiani di domani quanto i nostri figli e nipoti e che esiste un preciso interesse comune a che la società, che volenti o nolenti stiamo già costruendo insieme, sia la migliore possibile.
Per raggiungere questo risultato la cosa più importante è anche molto semplice: riconoscere la realtà per quale essa è, con i suoi pregi e i suoi limiti, senza voler vivere per forza in un mondo che non esiste e che con ogni probabilità è peggiore di quello nel quale abitiamo. In questo percorso il Dossier Statistico Immigrazione 2011, con le sue cifre e le sue considerazioni, rappresenta uno strumento di grande utilità. Il fatto che siano due organismi della chiesa italiana a realizzarlo aiuta i cattolici di ogni orientamento politico a ricordare, come fa Enzo Bianchi nel sul L'altro siamo noi, che Gesù nella descrizione del giudizio finale ammette i buoni al paradiso dicendo anche «Ero straniero e mi avete ospitato». Il miglior modo per iniziare una riflessione che termina di necessità ricordando l'ammonizione divina «Il mondo è mio, siete tutti miei ospiti».   

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