martedì 1 novembre 2011


La strage dei bambini "stregoni" di Anna Bono, 01-11-2011, http://www.labussolaquotidiana.it

Una bambina di 14 anni accecata dalla madre con la candeggina per liberarla da visioni demoniache, un bambino di 12 anni ucciso dal padre che gli ha iniettato nello stomaco della soluzione acida per batterie convinto che il piccolo fosse uno stregone, un altro dodicenne salvato all’ultimo momento dalla furia di parenti e di vicini che stavano per annegarlo in un fiume, dopo averlo torturato, credendolo uno stregone e colpevole di aver assassinato il proprio padre, morto per cause non chiarite dai medici: è capitato in Angola dove non passa giorno senza che un bambino subisca abusi e torture o venga abbandonato dai parenti oppure ucciso perché ritenuto uno stregone.

Non succede solo in Angola: in Africa la stregoneria è una delle più radicate e persistenti istituzioni tribali. Se ne parla poco, forse anche perché la sua esistenza contraddice la prevalente rappresentazione delle comunità tradizionali africane come modelli di pacifica convivenza, tolleranza, equità e armonia sociale, depositarie di valori umani che l’Occidente avrebbe invece sacrificato al potere e al denaro.

È stato il Papa ancora una volta a rompere il silenzio il 29 ottobre, durante la visita “ad limina” dei vescovi angolani, con un appello a combattere in Angola e nel resto del continente gli “assassinii rituali di bimbi e di anziani” per stregoneria. “Ricordando che la vita umana è sacra in tutte le sue fasi e situazioni, continuate – ha raccomandato Benedetto XVI ai vescovi angolani – ad alzare la voce in favore delle sue vittime”. Il Pontefice ha quindi sollecitato “uno sforzo congiunto delle comunità ecclesiali provate da questa calamità, cercando di determinare il significato profondo di tali pratiche, di identificare i rischi pastorali e sociali da esse veicolati e di giungere a un metodo che conduca al loro definitivo sradicamento, con la collaborazione dei governi e della società civile”.

Il Papa aveva già affrontato il problema della stregoneria nel 2009, in occasione della sua visita in Angola. “Tanti vivono – aveva detto allora – nella paura degli spiriti, dei poteri nefasti da cui si credono minacciati; disorientati, arrivano al punto di condannare bambini di strada e anche i più anziani perché – dicono – sono stregoni”.

Nessuno in effetti può dirsi al sicuro: non solo i bambini, neanche gli adulti e, men che meno, i disabili e in genere coloro che presentano anomalie fisiche o psicologiche, tradizionalmente guardati con diffidenza e allarme.

Fece scalpore nel 2008 la notizia che in Kenya 11 o forse 15 persone accusate di stregoneria erano state bruciate vive in un villaggio. Ma altri, frequenti episodi analoghi si verificano senza essere registrati dai mass media internazionali.

Ancora meno si sa e si dice di un altra conseguenza terribile della stregoneria, a cui si deve un numero forse ancora maggiore di vittime. Servono organi e parti del corpo umano per eseguire determinati riti e per preparare pozioni, amuleti e sortilegi. Per disporne non si esita a uccidere. Anche in questo caso, nessuno è al sicuro, ma le vittime sono soprattutto i bambini e i “diversi”.
Si preferiscono i bambini di strada, sulla cui sorte nessuno indaga. Ma in Mozambico, ad esempio, nel 2004, tale era la richiesta di organi umani nella provincia di Nampula che i bambini venivano rapiti quasi sulla porta di casa o all’uscita da scuola: ne sparivano in media due alla settimana.

Tra i “diversi” in pericolo si annoverano gli albini di cui si fa strage soprattutto nei paesi dell’Africa Orientale e nella Repubblica Democratica del Congo dove si assiste a un vero e proprio traffico transnazionale di cadaveri e di organi. Venduti dai familiari per migliaia di dollari oppure rapiti su incarico di guaritori tradizionali, a causa delle proprietà speciali attribuite ai loro organi, sono richiesti soprattutto in Tanzania per realizzare pozioni potenti contro le malattie e per assicurare il successo economico. Alcuni anni fa il governo di quel paese, nel tentativo di porre un limite alla “caccia all’albino”, ne ha nominato uno parlamentare, per affermane i pari diritti. Successivamente la vittoria elettorale di un albino, Salum Khalfani Bar’wani, alle politiche del 2010, ha fatto sperare in una svolta che tuttavia ancora non si è data: tuttora i bambini affetti da albinismo spesso non vengono neanche mandati a scuola e in famiglia vivono ai margini, a stento tollerati, il che li condanna da grandi a vivere di carità e di espedienti, in solitudine.

Nessun commento:

Posta un commento