5 luglio 2012 - Il caso di una ragazza inglese e l'esclusione della sua
famiglia - Genitori espropriati se la figlia abortisce di Gianfranco Amato, http://www.avvenire.it
Da tempo si va profilando il
rischio che l’orizzonte socioculturale britannico possa diventare il nostro in
un prossimo futuro. E non è un bell’orizzonte. Eccone una riprova. Recentemente
una quindicenne inglese di Salford, sospettando uno stato di gravidanza, ha
deciso di recarsi in ospedale, dove ha ricevuto dagli operatori sanitari la
conferma di aspettare effettivamente un bambino. Trattandosi di una gravidanza
indesiderata, l’aborto è parso l’unica opzione possibile. I medici
dell’ospedale hanno deciso di rispettare la volontà della ragazzina di non
coinvolgere i propri genitori nella decisione di abortire, e si sono limitati a
mettere al corrente della circostanza la scuola. Qui la quindicenne ha trovato
la comprensione degli insegnanti, che hanno discusso con lei la delicata
questione e assecondato la sua reticenza nei confronti della famiglia,
concedendole il permesso di assentarsi per abortire e standole vicini quando si
è recata in clinica per l’operazione.
Tutto regolare, perché secondo la
legge inglese (quella che alcuni additano come modello anche per l’Italia...)
gli insegnanti, i medici e gli infermieri possono fornire consulenza in campo
sessuale o nei trattamenti sanitari – compreso l’aborto – a ragazze minorenni
tenendo all’oscuro i genitori. John Merry, responsabile del competente
dipartimento dell’amministrazione comunale di Salford, ha difeso l’operato
degli insegnanti, spiegando che «hanno correttamente ottemperato alle chiare e
vincolanti disposizioni previste dalle linee guida nazionali in questi casi».
Michaela Ashton,
dell’organizzazione Life, ha invece criticato il comportamento dell’istituto
scolastico, accusando gli stessi docenti di «aver nascosto e concorso a
determinare un evento grave, controverso, e potenzialmente dannoso nella vita
della figlia e di due genitori». «Il fatto che la legge glielo consenta –
secondo la Ashton – non significa che sia anche moralmente giusto». È il
problema di sempre: la scelta tra la legge di Dio e quella degli uomini.
In Gran Bretagna, peraltro, il
vezzo di tenere all’oscuro i genitori è ormai diventato la regola. È di
quest’anno, ad esempio, la notizia dell’iniziativa adottata in nove scuole di
Southampton per consentire di impiantare a studentesse minorenni un
contraccettivo ormonale sottocutaneo (una piccola placca lunga circa quattro
centimetri che, inserita nella parte interna del braccio, rilascia un ormone
capace di bloccare l’ovulazione).
Tra le giovanissime, sono state
coinvolte anche alcune tredicenni, senza che i genitori ne fossero a
conoscenza. Si tratta di uno dei tanti provvedimenti adottati dalle scuole dopo
che il governo di Sua Maestà ha sollecitato la necessità di arginare il
dilagare delle gravidanze indesiderate tra le adolescenti. Il fatto è che la
famiglia non può essere espropriata, nemmeno attraverso una legge ingiusta,
della sua funzione essenziale di luogo dell’educazione nel quale l’individuo
acquisisce il senso di appartenenza e sviluppa la propria coscienza, ossia il
sentimento di sé come responsabilità verso qualcosa di più grande. In questo
senso la famiglia diventa «initium sive particula civitatis», cellula della
società e il suo principio, secondo la celebre definizione di quel campione di
realismo cristiano che fu sant’Agostino.
Pensando a ciò che è accaduto alla
povera quindicenne di Salford, torna alla mente un’altra immagine del grande
vescovo di Ippona, mutuata dalla natura: la madre paragonata alla chioccia, che
copre con la carezza delle sue piume i teneri nati, e raccoglie intorno a sé
con voce rotta i pulcini pigolanti, mentre quelli che fuggono le sue
carezzevoli ali «praeda fiunt alitibus», cadono preda di uccelli rapaci. Oggi
può persino accadere che il predatore assuma le caritatevoli sembianze di un
medico, di un’infermiera o di un’insegnante.
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