domenica 8 luglio 2012


Dal Pd all'Idv fioccano le promesse a favore della comunità omosessuale - È corsa al voto di gay e lesbiche in palio c'è un milione di elettori di Francesco Stammati  ItaliaOggi, Numero 160, pag. 12 del 6/7/2012, http://www.italiaoggi.it

Un interrogativo stalinista percorre la politica: «Quanti sono i voti dei gay in Italia?», sembrano infatti chiedersi segretari di partito, candidati alle primarie, financo assessori regionali e sindaci. Se infatti Giuseppe Stalin si poneva la domanda, per alcuni ironico per altri sinceramente preoccupato, di quante divisioni avesse il Papa, fra i politici del Bel Paese è tutto un cercare di capire quanto conti, elettoralmente, la comunità gay-lesbica: quanto pesi nella cabina e quale sia il poter di influenza, in positivo ma anche in negativo, come nel caso di Rocco Buttiglione, Udc, bocciato nel 2004 da candidato commissiario Ue, per dichiarazioni considerate omofobe. Secondo Franco Grillini, già presidente dell'Arcigay e ora Idv, si potrebbe trattare di circa un milione. A loro puntano i molti endorsement a favore della causa iridata (storico vessillo omosex militante) che si sono registrati recentemente. Gli ultimi sono quelli di due assessori alla Cultura: quello del Comune di Milano, Stefano Boeri, piddino, e quella della Regione Toscana, Cristina Scaletti, dipietrista. Il primo da poche ore s'è candidato alle primarie nazionali del Pd, puntando a fare da terzo incomodo fra Pier Luigi Bersani e Matteo Renzi, ìsegretario nazionale e sindaco di Firenze. Dopo aver spiegato le ragioni della discesa in campo, la primissima dichiarazione pubblica del neocandidato Boeri ha riguardato i diritti degli omossessuali. Dopo aver rivendicato la decisione del suo comune di creare un registro per le unioni civili, per le coppie di fatto e anche per quelle omo (che il sindaco Giuliano Pisapia vorrebbe varare entro questo mese), Boeri ha detto senza mezzi termini che il prossimo passo deve essere il riconoscimento del matrimonio. Un salto che gli fa scavalcare a sinistra, d'un colpo solo, i competitori alle primarie perché né Bersani né Renzi, che pure sul tema erano subito intervenuti, s'erano spinti a tanto. Bersani, che aveva annunciato a grandi linee un'iniziativa parlamentare del suo partito per il riconoscimento dei diritti delle coppie gay-lesbiche quasi contestualmente alla notizia delle primarie, era stato sospettato da alcuni di voler con questa mossa gettare nello scompiglio il rivale Renzi, cattolico praticante. Viceversa il sindaco di Firenze, non solo non s'era fatto prendere in contropiede, ma aveva rilanciato con una proposta di civil partnership, sul modello britannico, che prevedeva il riconoscimento di vari diritti alle coppie omo e ai loro figli. Il Rottomatore s'era ben guardato dal proporre il riconoscimento di quelle unioni come matrimoniali e aveva negato la possibilità di adottare bambini. Dettagli decisivi, secondo molti, per non indisporre le gerarchie cattoliche ma soprattutto l'elettorato della stessa matrice, soprattutto quello potenziale. Boeri ha quindi alzato ancora di più l'astiecella e non è improbabile che ci possano essere, da parte degli altri due, alcuni rilanci. La coscienza omofila dell'assessora toscana Scaletti pare invece essersi rafforzata da quando anche la sua regione ospiterà il primo gay pride della sua regione (sabato a Viareggio, Lucca) e ha lanciato immantinente un appello alle coppie: «Venite a sposarvi simbolicamente alla sfilata!». L'assessora salirà sul carro che guida la colorata manifestazione unendo in matrimonio varie coppie: nessun valore civile ma certamente un messaggi politico. Una scelta analoga l'avevano fatta, sotto la Mole, alcuni consiglieri regionali del Pd, al pride torinese di metà giugno. Il segretario regionale, Gianfranco Morgando, li aveva duramente attaccati, contrapponendo le decisioni «serie» prese dal partito a Roma, con i lavori della commissione Rosy Bindi, alle «carnevalate torinesi». Un'intemerata che gli era valsa polemiche reazioni fuori e dentro il Pd, al punto da dover precisare, alcuni giorni dopo, che l'uso dell'aggettivo era forse stato improvvido. Peso elettorale o meno, dalla corsa a essere politici «gayfriendly», vale a dire amici degli omossessuali, guadagna sempre di più la lobby dei militanti, che mostra di saper far benissimo il proprio mestiere: se ancora pochi anni fa, nel dibattito sui Dico, i patti civili anche fra persone dello stesso sesso, si parlava solo di diritto all'eredità, alla cura, alla tassazione equa, in pochi anni, si è passati direttamente alla richiesta del rinoscimento del matrimonio e alla possibilità di adottare bambini, un tempo temi tabù.
A prescindere da quante «divisioni» abbiano gli omosessuali, è evidente che le sanno muovere bene.


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