Dal Pd all'Idv fioccano le promesse a favore della comunità omosessuale
- È corsa al voto di gay e lesbiche in palio c'è un milione di elettori di
Francesco Stammati ItaliaOggi, Numero
160, pag. 12 del 6/7/2012, http://www.italiaoggi.it
Un interrogativo stalinista
percorre la politica: «Quanti sono i voti dei gay in Italia?», sembrano infatti
chiedersi segretari di partito, candidati alle primarie, financo assessori
regionali e sindaci. Se infatti Giuseppe Stalin si poneva la domanda, per
alcuni ironico per altri sinceramente preoccupato, di quante divisioni avesse
il Papa, fra i politici del Bel Paese è tutto un cercare di capire quanto
conti, elettoralmente, la comunità gay-lesbica: quanto pesi nella cabina e
quale sia il poter di influenza, in positivo ma anche in negativo, come nel
caso di Rocco Buttiglione, Udc, bocciato nel 2004 da candidato commissiario Ue,
per dichiarazioni considerate omofobe. Secondo Franco Grillini, già presidente
dell'Arcigay e ora Idv, si potrebbe trattare di circa un milione. A loro
puntano i molti endorsement a favore della causa iridata (storico vessillo
omosex militante) che si sono registrati recentemente. Gli ultimi sono quelli
di due assessori alla Cultura: quello del Comune di Milano, Stefano Boeri,
piddino, e quella della Regione Toscana, Cristina Scaletti, dipietrista. Il
primo da poche ore s'è candidato alle primarie nazionali del Pd, puntando a
fare da terzo incomodo fra Pier Luigi Bersani e Matteo Renzi, ìsegretario
nazionale e sindaco di Firenze. Dopo aver spiegato le ragioni della discesa in
campo, la primissima dichiarazione pubblica del neocandidato Boeri ha
riguardato i diritti degli omossessuali. Dopo aver rivendicato la decisione del
suo comune di creare un registro per le unioni civili, per le coppie di fatto e
anche per quelle omo (che il sindaco Giuliano Pisapia vorrebbe varare entro
questo mese), Boeri ha detto senza mezzi termini che il prossimo passo deve
essere il riconoscimento del matrimonio. Un salto che gli fa scavalcare a
sinistra, d'un colpo solo, i competitori alle primarie perché né Bersani né
Renzi, che pure sul tema erano subito intervenuti, s'erano spinti a tanto.
Bersani, che aveva annunciato a grandi linee un'iniziativa parlamentare del suo
partito per il riconoscimento dei diritti delle coppie gay-lesbiche quasi
contestualmente alla notizia delle primarie, era stato sospettato da alcuni di
voler con questa mossa gettare nello scompiglio il rivale Renzi, cattolico
praticante. Viceversa il sindaco di Firenze, non solo non s'era fatto prendere
in contropiede, ma aveva rilanciato con una proposta di civil partnership, sul
modello britannico, che prevedeva il riconoscimento di vari diritti alle coppie
omo e ai loro figli. Il Rottomatore s'era ben guardato dal proporre il
riconoscimento di quelle unioni come matrimoniali e aveva negato la possibilità
di adottare bambini. Dettagli decisivi, secondo molti, per non indisporre le
gerarchie cattoliche ma soprattutto l'elettorato della stessa matrice, soprattutto
quello potenziale. Boeri ha quindi alzato ancora di più l'astiecella e non è
improbabile che ci possano essere, da parte degli altri due, alcuni rilanci. La
coscienza omofila dell'assessora toscana Scaletti pare invece essersi
rafforzata da quando anche la sua regione ospiterà il primo gay pride della sua
regione (sabato a Viareggio, Lucca) e ha lanciato immantinente un appello alle
coppie: «Venite a sposarvi simbolicamente alla sfilata!». L'assessora salirà
sul carro che guida la colorata manifestazione unendo in matrimonio varie
coppie: nessun valore civile ma certamente un messaggi politico. Una scelta
analoga l'avevano fatta, sotto la Mole, alcuni consiglieri regionali del Pd, al
pride torinese di metà giugno. Il segretario regionale, Gianfranco Morgando, li
aveva duramente attaccati, contrapponendo le decisioni «serie» prese dal
partito a Roma, con i lavori della commissione Rosy Bindi, alle «carnevalate
torinesi». Un'intemerata che gli era valsa polemiche reazioni fuori e dentro il
Pd, al punto da dover precisare, alcuni giorni dopo, che l'uso dell'aggettivo
era forse stato improvvido. Peso elettorale o meno, dalla corsa a essere
politici «gayfriendly», vale a dire amici degli omossessuali, guadagna sempre
di più la lobby dei militanti, che mostra di saper far benissimo il proprio
mestiere: se ancora pochi anni fa, nel dibattito sui Dico, i patti civili anche
fra persone dello stesso sesso, si parlava solo di diritto all'eredità, alla
cura, alla tassazione equa, in pochi anni, si è passati direttamente alla
richiesta del rinoscimento del matrimonio e alla possibilità di adottare
bambini, un tempo temi tabù.
A prescindere da quante
«divisioni» abbiano gli omosessuali, è evidente che le sanno muovere bene.
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