venerdì 4 novembre 2011


Banche private del cordone, un business senza crisi - Cosa c’è dietro le ricorrenti, formidabili pressioni per aprire anche in Italia il mercato della «custodia» a pagamento di cellule cordonali? Un affare globale che ha già toccato i 4,5 miliardi di dollari e che gli analisti finanziari si attendono sfonderà presto quota 15 miliardi di fatturato. Le storie esemplari di due colossi del settore come Cord Blood America e China Cord Blood Corp - di Giulia Lantini, Avvenire, 3 novembre 2011

Business senza crisi. In un’economia mondiale sempre più in affanno c’è un business che non conosce freni: quello delle banche private del cordone ombelicale.
Un’industria parallela a quella delle staminali, che dalle prime raccolte effettuate nel 1998 a oggi ha continuato a crescere senza sosta. Il bilancio globale di fine 2010 parlava di oltre un milione di campioni raccolti nelle banche private, cui vanno aggiunte le 450mila unità in quelle pubbliche. Difficile, però, offrire stime esatte al millimetro: non esiste infatti un censimento preciso del settore che a livello globale conta circa 300 operatori privati e almeno un centinaio pubblici. Tuttavia alcuni studi finanziari parlano di un tasso di crescita annuo del complessivo mercato delle cellule staminali del cordone pari al 27,5%, per un controvalore che nel 2010 avrebbe raggiunto quota 4,5 miliardi di dollari, destinati a diventare 15 nei prossimi quattro anni. Per i soli Stati Uniti e per la sola conservazione, si parla invece di un paio di miliardi di dollari, controvalore cui conta di arrivare entro il prossimo decennio anche la Cina. Quel che è certo è che con una popolazione mondiale in continua crescita e che proprio in questi giorni ha raggiunto quota sette miliardi di persone, gli spazi ci sono. E la competizione pure.
La crioconservazione del cordone e delle cellule staminali è un business sempre più in crescita – spiega Cord Blood America, società Usa quotata a Wall Street, nel suo ultimo bilancio –. Il nostro mercato si confronta con la concorrenza di altri operatori e fornitori di servizi. Chi ha maggiore accesso alle risorse finanziarie può entrare nel nostro settore e mettersi in competizione con noi». Insomma, vince chi ha più esperienza, ampie basi di clienti, buone relazioni con loro e significative risorse economiche, tecniche e di marketing nonché pubbliche relazioni tali da potersi permettere una forza promozionale di grande impatto, con la capacità quindi di attrarre il maggior numero di clienti. «La concorrenza è già intensa – lamentava la società che ha chiuso il primo semestre del 2011 in perdita, ma con ricavi in crescita del 61% sul 2010 a 2,89 milioni di dollari –, se dovesse aumentare potrebbe intaccare i nostri ricavi e la profittabilità».
Per differenziarsi dai concorrenti, Cord Blood America ha deciso di puntare sulle relazioni strategiche con i più importanti assicuratori sanitari. «Un approccio diverso da quello dei nostri principali concorrenti che tendono a focalizzarsi su un modello farmaceutico tradizionale basato su rappresentanti che coprono gli ospedali e i ginecologi – spiega ancora la società di Las Vegas –. I nostri manager ritengono che concentrandosi sul rapporto con l’assicurazione sanitaria, benché il ciclo della vendita si allunghi, una volta stabilito costruisca fidelizzazione» e quindi garantisca «il ripetersi delle vendite». La strategia prevede poi che, contemporaneamente, si proceda con la diversificazione in tutti gli ambiti della crioconservazione, spaziando da «prodotti» come la placenta e i test del Dna a «differenti forme di staminali» da conservare. Senza contare la continua espansione territoriale, come quella che ha visto Cord Blood sbarcare in Germania e in Argentina come azionista di maggioranza di società preesistenti e investire come socio di minoranza in un concorrente spagnolo, oltre a stringere un’alleanza per la costruzione di un laboratorio per la conservazione in Cina.
Proprio il colosso asiatico rappresenta una meta molto ambìta e tutta da esplorare. Ne sa qualcosa la China Cord Blood Corp, anch’essa quotata a Wall Street, ma attiva principalmente in Asia dove alla fine del primo trimestre 2011 aveva totalizzato 198mila clienti per ricavi in crescita del 22% a 13,5 milioni di dollari e utili per 6,2 milioni.
Uno dei segreti del suo successo è l’accordo col sistema pubblico che in Cina concede una sola licenza per provincia e al quale la corporation offre i servizi di crioconservazione anche per i campioni donati. Una posizione ancor più privilegiata se si pensa che nel febbraio scorso il Ministero cinese della Sanità ha confermato che non intende concedere più di dieci licenze e che ne ha già assegnate sette. Anche se il tasso di penetrazione del business attualmente è inferiore all’1% della popolazione di nuove nascite e la società si attende una domanda «in significativa crescita».

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