Banche private del cordone, un business senza crisi - Cosa c’è dietro le
ricorrenti, formidabili pressioni per aprire anche in Italia il mercato della «custodia»
a pagamento di cellule cordonali? Un affare globale che ha già toccato i 4,5 miliardi
di dollari e che gli analisti finanziari si attendono sfonderà presto quota 15
miliardi di fatturato. Le storie esemplari di due colossi del settore come Cord
Blood America e China Cord Blood Corp - di Giulia Lantini, Avvenire, 3 novembre
2011
Business senza crisi. In un’economia
mondiale sempre più in affanno c’è un business che non conosce freni: quello
delle banche private del cordone ombelicale.
Un’industria parallela a quella
delle staminali, che dalle prime raccolte effettuate nel 1998 a oggi ha
continuato a crescere senza sosta. Il bilancio globale di fine 2010 parlava di
oltre un milione di campioni raccolti nelle banche private, cui vanno aggiunte
le 450mila unità in quelle pubbliche. Difficile, però, offrire stime esatte al
millimetro: non esiste infatti un censimento preciso del settore che a livello globale
conta circa 300 operatori privati e almeno un centinaio pubblici. Tuttavia alcuni
studi finanziari parlano di un tasso di crescita annuo del complessivo mercato delle
cellule staminali del cordone pari al 27,5%, per un controvalore che nel 2010 avrebbe
raggiunto quota 4,5 miliardi di dollari, destinati a diventare 15 nei prossimi
quattro anni. Per i soli Stati Uniti e per la sola conservazione, si parla
invece di un paio di miliardi di dollari, controvalore cui conta di arrivare
entro il prossimo decennio anche la Cina. Quel che è certo è che con una
popolazione mondiale in continua crescita e che proprio in questi giorni ha
raggiunto quota sette miliardi di persone, gli spazi ci sono. E la competizione
pure.
La crioconservazione del cordone
e delle cellule staminali è un business sempre più in crescita – spiega Cord Blood
America, società Usa quotata a Wall Street, nel suo ultimo bilancio –. Il
nostro mercato si confronta con la concorrenza di altri operatori e fornitori
di servizi. Chi ha maggiore accesso alle risorse finanziarie può entrare nel
nostro settore e mettersi in competizione con noi». Insomma, vince chi ha più
esperienza, ampie basi di clienti, buone relazioni con loro e significative risorse
economiche, tecniche e di marketing nonché pubbliche relazioni tali da potersi
permettere una forza promozionale di grande impatto, con la capacità quindi di
attrarre il maggior numero di clienti. «La concorrenza è già intensa –
lamentava la società che ha chiuso il primo semestre del 2011 in perdita, ma
con ricavi in crescita del 61% sul 2010 a 2,89 milioni di dollari –, se dovesse
aumentare potrebbe intaccare i nostri ricavi e la profittabilità».
Per differenziarsi dai
concorrenti, Cord Blood America ha deciso di puntare sulle relazioni
strategiche con i più importanti assicuratori sanitari. «Un approccio diverso
da quello dei nostri principali concorrenti che tendono a focalizzarsi su un
modello farmaceutico tradizionale basato su rappresentanti che coprono gli
ospedali e i ginecologi – spiega ancora la società di Las Vegas –. I nostri manager
ritengono che concentrandosi sul rapporto con l’assicurazione sanitaria, benché
il ciclo della vendita si allunghi, una volta stabilito costruisca fidelizzazione»
e quindi garantisca «il ripetersi delle vendite». La strategia prevede poi che,
contemporaneamente, si proceda con la diversificazione in tutti gli ambiti
della crioconservazione, spaziando da «prodotti» come la placenta e i test del
Dna a «differenti forme di staminali» da conservare. Senza contare la continua
espansione territoriale, come quella che ha visto Cord Blood sbarcare in
Germania e in Argentina come azionista di maggioranza di società preesistenti e
investire come socio di minoranza in un concorrente spagnolo, oltre a stringere
un’alleanza per la costruzione di un laboratorio per la conservazione in Cina.
Proprio il colosso asiatico
rappresenta una meta molto ambìta e tutta da esplorare. Ne sa qualcosa la China
Cord Blood Corp, anch’essa quotata a Wall Street, ma attiva principalmente in Asia
dove alla fine del primo trimestre 2011 aveva totalizzato 198mila clienti per
ricavi in crescita del 22% a 13,5 milioni di dollari e utili per 6,2 milioni.
Uno dei segreti del suo successo
è l’accordo col sistema pubblico che in Cina concede una sola licenza per provincia
e al quale la corporation offre i servizi di crioconservazione anche per i campioni
donati. Una posizione ancor più privilegiata se si pensa che nel febbraio
scorso il Ministero cinese della Sanità ha confermato che non intende concedere
più di dieci licenze e che ne ha già assegnate sette. Anche se il tasso di
penetrazione del business attualmente è inferiore all’1% della popolazione di
nuove nascite e la società si attende una domanda «in significativa crescita».
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