Cristo vincitore della morte e del tabù neoborghese di Giovanni
Poggiali, 02-11-2011, http://www.labussolaquotidiana.it
Con la liturgia di oggi la Chiesa
prega per i defunti. Per il nostro mondo che in tutti i modi cerca di rimuovere
i pensieri "fastidiosi" e "scomodi" il solo por mente alla
morte dà scandalo. Contribuire a vincere questi falsi tabù è dunque già opera
di opportuna nuova evangelizzazione.
Dopo Ognissanti ecco che la
Chiesa prega e offre il Sacrificio Eucaristico per tutti i fedeli defunti: è la
loro Commemorazione, il ricordo di tutti coloro che ci hanno preceduto nel
Regno dei Cieli. La Liturgia prega nel Prefazio dei defunti: Vita mutatur, non
tollitur -la vita non è tolta ma trasformata. È la lex orandi lex credendi,
cioè la Chiesa crede ciò che prega, soprattutto nella Liturgia, e questa
preghiera liturgica ci dà la speranza, che per il cristiano è una certezza, che
la nostra vita non è in balìa del vuoto e del nulla, del tragico destino del
niente dopo la morte ma è custodita da Dio che ce la ridonerà in pienezza il
giorno della Resurrezione dai morti: et expécto resurrectiónem mortuórum et
vitam ventúri sæculi (dal Credo Niceno-Costantinopolitano: e aspetto la
risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà).
Allora, pregare per i nostri
morti, ricordarli vivi non solo nel nostro cuore ma vivi realmente in Cristo
che è fedele alle sue promesse e alla Volontà del Padre («questa è la volontà
di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato,
ma che lo risusciti nell'ultimo giorno» Gv 6,39), non è un non-senso ma un atto
di fede e anche di ragione: il nulla non può avere l’ultima parola in un mondo
pieno di senso, se abbiamo la mente ed il cuore per saper leggere i segni di
Dio. Egli se ci dona la vita è per sempre, che senso avrebbe togliercela dopo
un periodo più o meno lungo di esistenza e poi finire nel nulla?
Certo, oggi la morte è un tabù.
Fa paura. Tutti la scansano e la esorcizzano. Si cambia anche il linguaggio pur
di non affrontarla (dal: è morto, al: è scomparso, mancato, venuto meno…). Nei
"salotti bene" puoi parlare di tutto ma non di questo. Perché? È "morta",
questa sì, la Fede nel cuore di tanti nostri fratelli (forse per questo Papa
Benedetto XVI ha indetto l’Anno della Fede nel 2012?…). Rassegnati e tristi,
senza speranza per il futuro, soprattutto i giovani, mostrano una dimenticanza
preoccupante: non ci si pone più le domande radicali sul senso della vita e
quindi le risposte vengono meno. Cristo è stato emarginato e la maggior parte
delle persone vive etsi Deus non daretur, come se Dio non esistesse.
Conseguenza: il perché del vivere e del morire e il cosa c’è dopo la morte non
lo sa più nessuno.
Eppure il 2 di novembre, o l’1
che è giorno di festa anche civile, tutti si recano al cimitero per una
preghiera, per portare dei fiori, per raccogliersi vicino ai propri defunti nel
ricordo, a volte struggente. Forse abbiamo perduto i contenuti della nostra
fede cristiana, abbiamo dimenticato la Resurrezione dai morti e la vita eterna,
concetti che appaiono come flatus vocis, parole vuote alla maggior parte degli
uomini. Ma non abbiamo perduto quel senso profondo che viene dal nostro essere
più intimo che cioè la vita non può finire con la morte, che rivedremo i nostri
cari e che li riabbracceremo, che l’amore ricevuto e donato non può perdersi
nel nulla. Che i legami affettivi non possono andare distrutti per sempre.
La fede cristiana, però, offre
molto di più e un generico credere non basta. Non basta un ricordo, non basta
la fede in una divinità senza volto, in un Qualcosa che sicuramente ci sarà ma
che è inconoscibile, in un Essere soprannaturale. Il Cristianesimo è un’altra
cosa: Dio si è fatto uomo e si può incontrare oggi, è vivo, è risorto, ha vinto
la morte e ci ridonerà anche a noi la vita, quella vera, autentica, senza fine
nella gioia. Egli è Persona, con un Volto preciso, che si è rivelato in Gesù di
Nazaret: con Lui dobbiamo avere un rapporto personale e intimo. Risorgeremo con
il nostro corpo che unito all’anima vivrà per sempre in Dio, o per una
risurrezione di vita o per una risurrezione di condanna. Sì, perché la
possibilità e il rischio della dannazione c’è, se non saremo trovati in grazia
di Dio il giorno della nostra morte. La vita non è uno scherzo e non ci si può
prendere gioco di Dio (cf. Gal 6,7).
La Chiesa, la sapienza cristiana,
ci viene allora in aiuto anche il 2 novembre e ci ricorda l’essenziale. Da
sempre prega per i morti. Lo facevano già gli Ebrei, come si evince dal 2°
Libro dei Maccabei nell’Antico Testamento: «Perché, se (Giuda Maccabeo) non
avesse avuto ferma fiducia che i caduti sarebbero risuscitati, sarebbe stato
superfluo e vano pregare per i morti. Ma se egli pensava alla magnifica
ricompensa riservata a coloro che si addormentano nella morte con sentimenti di
pietà, la sua considerazione era santa e devota. Perciò egli fece offrire il
sacrificio espiatorio per i morti, perché fossero assolti dal peccato»
(12,44-45). I cristiani hanno sempre creduto che soprattutto la Santa Messa, il
vero e unico Sacrificio, e anche le preghiere di suffragio, le penitenze e le
opere indulgenziate, fossero di aiuto ai propri cari per espiare le colpe e
giungere alla beatitudine in Cielo. Infatti, il Catechismo scrive che «il
sacrificio eucaristico è offerto anche per i fedeli defunti che sono morti in
Cristo e non sono ancora pienamente purificati, affinché possano entrare nella
luce e nella pace di Cristo» (CCC 1371); e continua citando santa Monica, la
madre di sant’Agostino, che prima di morire pregò i suoi figli: «Seppellite
questo corpo dove che sia, senza darvene pena. Di una sola cosa vi prego:
ricordatevi di me, dovunque siate, innanzi all'altare del Signore» (idem).
Giovanni Pascoli (1855-1912),
scrivendo la poesia Novembre, dava all’inizio l’illusione che la vita fosse
come la primavera, la luce del sole chiara e il profumo del biancospino forte e
penetrante. Ma l’illusione dura poco: ecco l’estate fredda dei morti, arriva
velocemente l’inverno gelido di novembre, della morte. E la malinconia aleggia
con la tristezza che tutto finisce e le foglie della vita, con il loro profumo,
cadono per sempre. Noi invece crediamo che la vita non finisce con le foglie
che cadono e con il freddo della morte. La vita un senso ce l’ha perché è il
Volto di una Persona che ci attende nell’amore. Il Volto di Cristo. È Lui la
speranza che in fondo tutti cercano il 2 di Novembre. La speranza che i nostri
morti e i loro volti brillino ancora di luce. Questa Luce è solo Dio che la può
accendere perché Egli non è il Dio dei morti ma dei viventi (Mc 22,32) e non
può abbandonare alla morte coloro che ama.
Nessun commento:
Posta un commento