LEGGE 40/ Roccella: sulla procreazione Strasburgo cede il passo
all'Italia - INT. Eugenia Roccella, venerdì 4 novembre 2011, http://www.ilsussidiario.net/
La Corte Europea dei Diritti
dell’Uomo ha stabilito che uno Stato possa legittimamente dichiarare la
fecondazione eterologa fuori legge. Una sentenza della Camera Grande ha
ribaltato le conclusioni cui era giunta, 19 mesi fa, l’altra Camera della
medesima Corte. Nel 2000 due coppie austriache vi avevano fatto ricorso perché
il loro Paese aveva vietato loro di ricorrere ad una forma di eterologa per
poter avere un figlio. Gli aspiranti genitori avevano denunciato di sentirsi
discriminati rispetto ad altre coppie che, invece, potevano accedere a tecniche
analoghe.
Il governo italiano e quello
tedesco avevano deciso di affiancare l’Austria di fronte ai giudici della
Corte; la decisione dei quali potrebbe sortire importanti ripercussioni anche
nel nostro Paese, dove si attende un pronunciamento della Corte costituzionale,
in seguito al recepimento delle istanze dei tribunali civili di Firenze e
Catania (si attende ancora che recepisca quella del tribunale di Milano). Vi
avevano fatto ricorso due coppie, per l’impossibilità di accedere
all’eterologa, vietata tout court dal nostro ordinamento. Abbiamo chiesto a
Eugenia Roccella di commentare la sentenza.
Che valutazione emerge dalla
decisione di ieri?
La sentenza accetta come criterio
fondamentale il cosiddetto margine di apprezzamento. Ovvero riconosce che, in
ambiti delicati come questo, gli Stati debbano avere autonomia decisionale;
afferma, inoltre, che i diversi ordinamenti esistenti in materia non
contrastano e non danneggiano il diritto a non subire intromissioni da parte
dello Stato.
Come si è arrivati ad una tale
formulazione?
La Corte ha fatto propria non
solo la considerazione secondo cui il terreno in questione è estremamente
delicato, ma anche, in parte, sconosciuto. Gli effetti, a livello scientifico e
sociale dell’eterologa, sul lungo periodo, non sono ancora stati verificati.
Anzi: ultimamente si sta assistendo agli sfaceli che ha provocato nel passato.
Ed è giusto, di conseguenza, che i governi possano legiferare a seconda di
quanto ritengono maggiormente opportuno. La Corte ha deciso, in pratica, di
lasciare autonomia ad ogni singolo Stato nel valutare, ad esempio, se attorno a
pratiche come l’eterologa vi sia consenso o se possano scaturirne ricadute
sociali troppo gravose.
Cosa sarebbe accaduto se la Corte
avesse confermato la prima sentenza?
Sarebbe cambiata la legge
austriaca. E ci sarebbero stati effetti su tutte le leggi europee. Sia su
quelle che vietano l’eterologa che su quelle che la vietano parzialmente. Ma la
Corte ha ritenuto che non era suo compito far sì che tutte le leggi nazionali
degli Stati europei dovessero omologarsi ad una sua sentenza. Anche perché, su
questa materia, non ci sono principi condivisi, convenzioni o risoluzioni che
vincolino gli Stati come nel caso della tutela degli embrioni. Né, tantomeno,
indicazioni in tal senso nella Convenzione di Oviedo (Convenzione per la
protezione dei diritti dell’uomo e la dignità dell’essere umano riguardo alle
applicazioni della biologia e della medicina, ndr), che è vincolante.
Perché il governo italiano ha
deciso di affiancare l’Austria contro il ricorso delle due coppie?
Il nostro governo, assieme a
quello tedesco, ha deciso di appoggiare l’Austria – pur sottolineando le
differenze, dato che lì, alcune forme di eterologa sono permesse – perché
ritiene che i principi della legge 40 vadano difesi.
Quali sono i suoi capisaldi?
Le nostra legge si basa su alcuni
principi razionali che sono, anzitutto, laici: il legislatore ha inteso far sì
che le coppie infertili godessero delle medesime possibilità di quelle fertili;
adottando, tuttavia, un utilizzo delle tecniche che non fosse troppo intrusivo
rispetto ai meccanismi naturali e antropologici con i quali le coppie fertili
giungono ad avere un figlio. E prendendo tali meccanismi il più possibile a
modello. Per questo, il principio esclude l’eterologa.
Di fatto, cosa comporterebbe?
L’utilizzo di gameti esterni alla
coppia, in natura, equivale al tradimento. D’altro canto, sempre in natura, non
avviene neanche la selezione dei figli. Né la crioconservazione degli embrioni.
Non è un caso che negli altri Paesi si stiano iniziando a verificare problemi
derivanti da leggi che si pensava fossero più “avanzate” della nostra.
Ad esempio?
L’eterologa ha prodotto una lunga
serie di complicazioni. Basti pensare alla marea di parentele non definite,
all’impossibilità di mettere a punto, in certi casi, un albero genealogico,
alle vertenze legali di quei figli naturali che reclamano l’eredità dai propri
genitori biologici, ai donatori che si ritrovano con decine di figli o ai
fratelli che non sanno di essere tali perché non sempre è stato possibile
garantire la tracciabilità. E, infine, alla compravendita degli ovociti. Ogni
antropologo, del resto, sa che forzare le reti di parentela – che fondano la
base della comunità - produce sulla
società ingenti danni.
(Paolo Nessi)
© Riproduzione riservata.
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