Principi non negoziabili, sostenerli è un dovere di Piero Gheddo, 04-11-2011,
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In riferimento al discorso del
card. Angelo Bagnasco al Forum dei cattolici in politica a Todi (Perugia) il 17
ottobre scorso, un amico mi telefona per chiedermi di spiegare quali sono e
perché la Chiesa insiste nel proclamare i suoi “valori irrinunziabili”. Ecco in
breve.
Per la Chiesa, i “valori
irrinunziabili” (o “non negoziabili”) sono tre:
la difesa della vita dal
concepimento alla morte naturale, quindi contro l’aborto, l’eutanasia e la
manipolazione del gene umano;
la difesa del matrimonio monogamico
tra uomo e donna, cioè la condanna del riconoscimento giuridico dell’unione tra
omosessuali e delle coppie di conviventi; la difesa della famiglia comporta il
terzo valore irrinunziabile:
la difesa della libertà di
educazione, cioè il diritto della famiglia di scegliere come educare i propri
figli, quindi la parità tra scuola pubblica e scuola privata paritaria, perché
il compito di educare i figli spetta anzitutto ai genitori, non allo stato.
Perché questi valori
irrinunziabili? Una delle grandi novità della Caritas in Veritate di Benedetto
XVI (2009) è questa: per la prima volta in un’enciclica sociale, viene
presentato il diritto alla vita come valore prioritario dello sviluppo
“plenario” (cioè non solo economico) di ogni popolo e dell’umanità (n. 28). La
"questione antropologica", su cui tanto insistono la Santa Sede e la
Cei, diventa a pieno titolo "questione sociale" (nn. 28, 44, 75).
La crisi dell’Occidente è una
“crisi antropologica”: cioè si perde il concetto di uomo creato da Dio, si
vuole manipolare il Dna dell’uomo, si vuole creare l’uomo sano e senza difetti
fisici, si distrugge il matrimonio e la famiglia monogamica, ecc. Tutto questo,
anche se molti non lo sanno o non ci credono, porta alla barbarie. L’uomo
padrone di se stesso, l’uomo padrone della vita e della morte è l’anticamera
per nuovi Auschwitz e nuovi Khmer rossi, che possono nascere da questa cultura
orientata a produrre la morte. La Chiesa condanna il controllo delle nascite,
l'aborto, le sterilizzazioni, l'eutanasia, le manipolazioni dell'identità umana
e la selezione eugenetica non solo per la loro intrinseca immoralità, ma anche
perchè lacerano e degradano il tessuto sociale, corrodono la famiglia e rendono
difficile l'accoglienza dei più deboli e innocenti: «Nei paesi economicamente
sviluppati - scrive Benedetto XVI (CV 28) - le legislazioni contrarie alla vita
sono molto diffuse e hanno ormai condizionato il costume e la prassi…
L’apertura alla vita è al centro del vero sviluppo…».
L'enciclica spiega che per lo
sviluppo dell'economia e della società occorre impostare programmi di sviluppo
non di tipo utilitaristico e individualistico, ma che tengano “sistematicamente
conto della dignità della donna, della procreazione, della famiglia e dei
diritti del concepito”. Dalla Humanae Vitae di Paolo VI (1968) ad oggi, spesso
l’insistenza del Papa e dei vescovi su questi concetti non è compresa nemmeno
dai cattolici, una parte dei quali pensano che la difesa della vita e della
famiglia passa in secondo piano di fronte alle drammatiche urgenze della fame,
della miseria, delle ingiustizie a livello mondiale e nazionale. Non capiscono
il valore profetico di quanto dicono il Papa e i vescovi, che denunziano le
conseguenze nefaste di certi orientamenti culturali e legislativi anche per la soluzione
dei problemi sociali. Se nella cultura comune e nelle legislazioni nazionali,
come anche negli organismi dell’Onu e della Comunità Europea, prevale l’egoismo
dell’individuo, com’è possibile pensare che poi, nell’accoglienza del più
povero e del diverso, quest’uomo egoista diventi altruista?
Tra opere sociali e difesa della
vita non esiste alcuna contraddizione, ma anzi c’è un’integrazione vicendevole,
si richiamano a vicenda, l’una non sta senza l’altra. La protesta per la fame
nel mondo e per l’aborto hanno eguale significato e valore di difesa della
vita. Ma i No Global anche cattolici hanno fatto molte proteste contro la fame,
nessuna contro gli aborti, nessuna contro le coppie di fatto, i divorzi, le
separazioni, i matrimoni tra gay! Accettiamo tranquillamente che in queste
situazioni vinca l’egoismo umano e poi chiediamo che nella lotta contro la fame
nel mondo prevalga l’altruismo. Dov’è la logica?
Nel suo discorso a Todi, il card.
Bagnasco ha parlato dei “principi irrinunciabili” e ha detto: «Senza un reale
rispetto di questi valori primi, che costituiscono l’etica della vita, è
illusorio pensare ad un’etica sociale che vorrebbe promuovere l’uomo ma in
realtà lo abbandona nel momento di maggior fragilità. Ogni altro valore
necessario al bene della persona e della società, infatti, germoglia e prende
linfa dai primi, mentre, staccati dall’accoglienza in radice della vita,
potremmo dire della “vita nuda”, i valori sociali inaridiscono. “Ecco perchè –
continua il presidente della CEI - nel “corpus” del bene comune non vi è un
groviglio di equivalenze valoriali da scegliere a piacimento, ma esiste un
ordine e una gerarchia costitutiva. Nella coscienza universale, sancita dalle
Carte costituzionali, è espressa una acquisita sensibilità verso i più poveri e
deboli della famiglia umana, e quindi è affermato il dovere di mettere in atto
ogni efficace misura di difesa, sostegno e promozione…. Ma, ci chiediamo, chi è
più debole e fragile, più povero, di coloro che neppure hanno voce per
affermare il proprio diritto (alla vita)? Vittime invisibili, ma reali! La
presa in carico dei più poveri e indifesi non esprime forse il grado più vero
di civiltà di un corpo sociale e del suo ordinamento? E non modella la forma di
pensare e di agire – il costume – di un popolo, il suo modo di rapportarsi nel
proprio interno? Questo insieme di atteggiamenti e di comportamenti propri dei
singoli, ma anche della società e dello Stato, manifesta il livello di umanità
o, per contro, di cinismo paludato di un popolo, di una Nazione».
Insomma, se si concepisce l’uomo
in modo individualistico, come oggi si tende a fare, come si potrà costruire
una comunità solidale dove si chiede il dono e il sacrificio di sé? Quando si
sfascia la famiglia, si dissolve anche la società, come purtroppo stiamo
sperimentando in Italia. Non si capisce come mai una verità così evidente è
snobbata da chi appoggia altri tipi di famiglia (tra i gay ad esempio) e toglie
ai coniugi lo stimolo di un patto d’amore da consacrare di fronte alla società
col matrimonio, favorendo le coppie che si uniscono e si separano liberamente
con il divorzio, le separazioni e ormai il “divorzio rapido” della Spagna di
Zapatero che si realizza in 15 giorni. Leggi come queste favoriscono l’egoismo
individuale, ma disgregano la società. Il credente in Cristo non può
sostenerle.
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