venerdì 4 novembre 2011


Olanda, la battaglia delle canne di Mario Arturo Iannaccone, 04-11-2011, http://www.labussolaquotidiana.it/

Si è letto, nei giorni scorsi che l’Olanda starebbe per interrompere la sua lunga tolleranza nei confronti del consumo di cannabis. È vero in parte. Lo scorso 6 ottobre il ministro olandese Maxime Verhagen ha annunciato una modifica della bedoogbeleid (la politica della tolleranza) nei confronti dei cannabinoidi.

È noto che sin dal 1976, soprattutto ad Amsterdam, il commercio al dettaglio (fino a 5 grammi) è consentito nei cosiddetti coffee-shop. Va però chiarito che, di fatto, la tolleranza non viene abolita. Già il governo di centro destra del 2009 decise di limitare la vendita di cannabis ai soli consumatori locali introducendo una restrizione per quelli stranieri; di riconsiderare la distinzione tra droghe pesanti e leggere e d’innalzare il limite di età per il consumo ai 18 anni. Fu allora insiediata una commissione presieduta dal cristiano-democratico Wim van de Donk che esordì chiarendo di non voler abolire la bedoogbeleid.

Ponderando dati e statistiche la commissione quindi s’è focalizzata su un aspetto specifico del problema: la cannabis con concentrazioni di Thc (la sostanza psicoattiva) superiori al 15 %, introdotta dai produttori per offrire una sostanza più forte, adatta a consumatori assuefatti. Di questa varietà (skunk) è stata provata l’assoluta nocività tanto da essere paragonata, per gli effetti che produce a breve e lungo termine – psicosi, dipendenza, alterazioni delle capacità cognitive e del comportamento – a droghe pesanti come cocaina ed eroina. E qui sta il problema: la concentrazione di Thc della droga venduta nei coffee-shop supera persino il valore del 18 %.

Decisiva, su questo punto, l’ultima rilevazione dell’Istituto Trimbos (su cui si basano le decisioni del governo olandese) secondo cui circa l'80% della cannabis venduta nel 2010 nei locali presentava concentrazioni di Thc superiori al 15%. Da qui il varo della legislazione operativa dall’aprile 2012: chi rinuncerà alla vendita di skunk potrà continuare a vendere la cannabis “leggera”, agli altri sarà disposta la chiusura d’ufficio del locale. Gli antiproibizionisti hanno annunciato battaglia, sebbene il provvedimento di Verhagen poco o nulla tocchi lo statuto legale della cannabis “leggera” che continuerà ad essere disponibile e consumabile «in modica quantità». Un altro scopo da raggiungere per Verhagen, già segnalato dalla commissione de Donk, è limitare il numero e le dimensioni dei coffee-shop che dovrebbero servire – com’era in origine – «clienti locali e registrati», mentre ora si sono trasformati in centri di rifornimento per i consumatori dei paesi confinanti e d’approvvigionamento dei piccoli trafficanti internazionali, alimentando così quei circuiti criminali che forniscono gran parte della cannabis venduta sottobanco dai gestori di coffe-shop.

La tolleranza olandese verso la cannabis cominciò agli inizi degli anni Sessanta dopo una riuscita campagna di provocazioni messe in atto dai giovani Provos, che organizzarono delle «fumate collettive» di weed (erba). La polizia, ridicolizzzata, ricorse ad una tattica fallimentare della «tolleranza repressiva». Quando un certo Koekert attrezzò un barcone a piantagione galleggiante di marijuana, le autorità rinunciarono ad intervenire. Spalleggiati da gran parte della società olandese, che durante quella crisi si scoprì permissiva (contestualmente iniziò la produzione delle riviste pornografiche), Amsterdam si trasformò in un centro di produzione e consumo a cielo aperto di cannabis ma anche di LSD, psilocibina e mescalina. Forse tutto sarebbe tornato alla normalità se non che, nel 1967, migliaia di hippy americani che cercavano nella vecchia Europa la tolleranza abolita negli USA (dove la cannabis era illegale e nel 1966 fu proibito l’LSD), pellegrinarono ad Amsterdam. I giovani concordarono con le autorità spazi liberi di consumo come i coffee-shop, locali dove – oltre ai paraphernalia hyppie – fu consentita la vendita di cannabis, hashish e allucinogeni. Nel 1976 una legge separò il consumo di droghe pesanti da quello della cannabis introducendo il concetto di «modica quantità». Per decenni Amsterdam, paradiso degli stati alterati di coscienza, è stata celebrata come un modello di tolleranza per le società avanzate. Dopotutto, si diceva, una «canna non fa male a nessuno ed è meno dannosa di un bicchiere di vino». Non è vero: gli studi medici epidemiologici da tempo raccontano una realtà diversa anche per la cannabis leggera.

Vedremo cosa succederà in Olanda dopo la prossima primavera. I segnali che ci arrivano da quel paese sono contraddittori. Chiuderanno due coffe-shop su tre come si paventa? Più probabilmente si adegueranno. Si restringerà l’area di manovra dei rifornitori illegali dei coffee-shop (per la quota eccedente il mezzo etto legale che è consentito detenere quotidianamente), si ridurranno i viaggi della droga dai paesi europei (ricordiamo che in Italia il consumo di cannabis è in continuo aumento), si limiteranno i danni causati dalla cannabis forte. Per il resto, tutto continuerà come prima: bedoogbeleid.

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