martedì 3 luglio 2012


Se l'aspirina «allontana» il tumore al fegato - Studio del San Raffaele con l'istituto La Jolla della California sui malati di epatite cronica: nel mondo sono 600 milioni - Mario Pappagallo - @mariopaps3 luglio 2012 - http://www.corriere.it

MILANO - L’aspirina a basso dosaggio previene l’insorgenza del tumore al fegato in chi ha un’epatite virale cronica. Per ora sui topi, ma essendo un «vecchio» farmaco la sperimentazione sull’uomo dovrebbe partire più velocemente del solito. Anche perché la ricaduta pratica riguarderebbe circa 600 milioni di malati al mondo. Quelli che, secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), sono affetti da epatiti croniche B e C. Si parla del 10% della popolazione mondiale. Per sette su dieci di loro è il cancro al fegato la conseguenza più temibile del lavorio di quei virus. Cancro che causa circa un milione di morti all’anno di morti. Prevenirne l’insorgenza è quindi un imperativo. Attualmente si usano farmaci antivirali, mirati a frenare l’infezione e le sue conseguenze, a cui, purtroppo, molti non rispondono.

LO STUDIO - Ed ecco l’interesse per la scoperta fatta da un’équipe di ricercatori del San Raffaele di Milano e che potrebbe rapidamente diventare la nuova strategia di prevenzione. Peraltro a basso costo. Funzionerebbero, infatti, due classici farmaci anti-piastrinici, ossia anti-coagulanti, utilizzati a basso dosaggio: l’aspirina e il clopidogrel. Lo studio del San Raffaele di Milano, in collaborazione con lo Scripps Research Institute di La Jolla in California, è pubblicato sul Proceedings of the National Academy of Sciences (Pnas), una delle più importanti riviste scientifiche internazionali. Il titolo della pubblicazione, per chi volesse documentarsi, è: «Anti-platelet therapy prevents hepatocellular carcinoma and improves survival in a mouse model of chronic hepatitis B». Normalmente il sistema immunitario reagisce all’attacco dei virus dell’epatite B (Hbv) o della C (Hcv) combattendo l’infezione, ma causando anche danni al fegato.

LINFOCITI - I virus in realtà non attaccano direttamente l’organo e le sue cellule (che anzi utilizzano per replicarsi): i veri danni vengono causati da particolari cellule di difesa (i linfotici citotossici) che normalmente circolano nel sangue con il compito di uccidere le cellule infettate. Quando l’epatite diventa cronica è perché l’«attacco» da parte dei linfociti non riesce ad eliminare i virus ma è causa di continui cicli di blanda malattia del fegato che negli anni portano alla comparsa di gravi complicazioni, come la cirrosi e come appunto il tumore (carcinoma epatocellulare). Dopo aver scoperto che le piastrine partecipano attivamente ai processi di danneggiamento del fegato perché vi attirano i linfociti citotossici favorendone l’accumulo (Iannacone, Nature Medicine 2005), i ricercatori italiani hanno utilizzato topi con epatite cronica B (modelli per studiare malattia e cure) per valutare l’effetto nel tempo di farmaci anti-piastrinici. Hanno così visto come la somministrazione di aspirina e clopidogrel a basse dosi riduce, non solo l’accumulo di linfociti nel fegato e la conseguente malattia da essi favorita, ma anche, e soprattutto, l’insorgenza del tumore. E senza provocare effetti secondari indesiderati (come i fenomeni emorragici).

STUDI SULL'UOMO - «È un concetto innovativo che identifica le piastrine al centro di questa malattia molto complessa — spiega Luca Guidotti, responsabile dell’Immunopatologia del San Raffaele —. Il fatto poi che l’aspirina e il clopidogrel sono farmaci generici già approvati per il trattamento di disordini trombotici nell’uomo accelererà l’approvazione di studi clinici su pazienti cronicamente infetti da Hbv o Hcv». Lo studio è stato finanziato dall’Associazione italiana per la ricerca sul cancro (Airc), dal ministero della Salute, dall’European research council (Erc), dalla Giovanni Armenise-Harvard Foundation e del National Institute of Health (Nih) degli Stati Uniti.

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