Squalllide operazioni sulla morte del cardinal Martini - Rispetto e
verità - Roberto Colombo, 2 settembre 2012, http://www.avvenire.it
Neppure di fronte alla morte di
una personalità eminente, il cardinale Carlo Maria Martini, testimone
appassionato e credibile di un profondo amore alla vita propria e di tutti
coloro che incontrava nel suo ministero culturale, magistrale e pastorale, si sono
fermati i soliti innescatori di baruffe mediatiche, sempre alla caccia di
presunte incoerenze tra l’insegnamento ufficiale della Chiesa in materia morale
e le posizioni personali di alcuni suoi membri. La morte, mysterium tremendum,
è strappata al riguardoso silenzio, alla commozione della mente e del cuore,
forma laicissima di contemplazione del culmine dell’esistenza dell’uomo, che
incute reverenziale timore ed esige rispetto incondizionato. Così è per tutti,
credenti e no, per il naturale trasudare di una sensibilità umana limpida e
vivace. O, più precisamente, dovrebbe essere, se il dibattito pubblico su
questioni delicate e decisive della vita non fosse inquinato da istanze
ideologiche e revansciste che accecano gli occhi e l’intelligenza e portano a
vedere ovunque distinzioni e divisioni, creando contrapposizioni che non hanno
riscontro nella realtà dei fatti, né fondamento nell’argomentazione
ragionevole.
Paragonare la lucida e umanissima
decisione del cardinale e dei suoi medici di fronte all’ultima crisi
parkinsoniana, di metà agosto, che ha segnato il breve epilogo della sua
esistenza terrena (circa due settimane), segnato dalla «incapacità a deglutire
cibi solidi e liquidi» – come affermato dal suo medico curante – con le scelte
del padre di Eluana Englaro o di Piergiorgio Welby è una operazione strumentale
priva di ogni realistico riferimento clinico ed etico. L’arcivescovo emerito di
Milano soffriva di una malattia neurodegenerativa, quella di Parkinson, che gli
ha consentito di idratarsi e nutrirsi ordinariamente per via orale fino a poco
prima della sua morte. La libera accettazione dell’ineludibile avvicinarsi
della morte gli ha fatto chiedere, come fece anche il beato Giovanni Paolo II
(che soffriva di una patologia simile), che non si procedesse a manovre di
posizionamento di sonde per l’alimentazione enterale o ad altri interventi
sproporzionati e incongruenti con la decisione di accogliere i tempi e i modi
con i quali il Signore gli è venuto incontro nell’ultimo, definitivo abbraccio.
Per questo «è rimasto lucido fino all’ultimo e ha rifiutato ogni forma di
accanimento terapeutico», ha dichiarato il dottor Pezzoli.
Ben diversa di fatto, e opposta
di valore, è stata la decisione arbitraria di sospendere l’idratazione e
l’alimentazione di Eluana, da 17 anni in stato vegetativo persistente, una
condizione patologica stazionaria che non l’aveva portata, sino a quel momento,
alle soglie della morte. Non era in agonia né stava per entrarvi. La donna
avrebbe continuato a vivere ancora per parecchio tempo (non possiamo sapere
quanto) e, per il suo stato clinico, la nutrizione enterale era perfettamente
appropriata, condizione necessaria per supportare la fisiologica necessità di
acqua e cibo. Infine, la decisione venne presa da altri, non da lei stessa.
Welby, invece, venne colpito
all’età di 16 anni dalla distrofia muscolare di Becker, una malattia
neuromuscolare a progressione generalmente assai più lenta della malattia di
Parkinson. Su sua richiesta, il respiratore gli venne staccato 45 anni dopo,
anche in questo caso non in prossimità della morte (la vita di pazienti affetti
da questa forma particolare di distrofia muscolare può durare a lungo). Una
scelta di eutanasia volontaria, in un momento della propria malattia, che nulla
ha a che vedere – né clinicamente, né moralmente – con la decisione di
rinunciare a forme di «accanimento terapeutico» alle soglie della morte.
Non vi è spazio per chi vuole
ignobilmente speculare sulla morte dignitosissima ed evangelica di un tenace
difensore della dignità della vita umana e di «generoso servitore del Vangelo»,
come lo ha chiamato Benedetto XVI.
© riproduzione riservata
Nessun commento:
Posta un commento