L'ideologia di genere è uscita
dall'accademia e riguarda la vita di tutti noi. Spesso anche dei nostri bimbi.
Qualche giorno fa ci siamo occupati della storia di Tommy/Tammy Lobel; sempre
dagli Stati Uniti giunge nuovamente una ulteriore situazione che stimola
riflessioni.
Bobby Montoya ha sette anni, e
fin da quando ne ha due, così dicono le fonti, preferisce indumenti femminili.
Certo, è un po' difficile pensare ad un bambino di due anni che autonomamente
sceglie e indossa abiti femminili senza l'aiuto della mamma; comunque la
genitrice ci assicura che Bobby è felice quando si veste da ragazza. Del resto,
Bobby ha un legame molto forte, quasi simbiotico con la sua mamma. A scuola i
suoi compagni lo prendevano in giro per i suoi abiti femminili (e la cosa, a
dire la verità, non ci stupisce così tanto: l'ideologia di genere solitamente
ha presa sulle persone più istruite, mentre i più semplici ancora credono che
uomini e donne siano diversi), e lui dice che questa cosa feriva molto
entrambi, sia lui che la sua mamma.
Tuttavia i problemi sono sorti
quando la mamma di Bobby ha deciso di iscrivere il figlio alle Girl Scout, come
già aveva fatto con la sorella maggiore di Bobby. Ma le Girl Scout rifiutato
l'iscrizione in base al loro regolamento, che prevede l'iscrizione per le sole
ragazze. Ovviamente il caso è finito sui giornali come caso di discriminazione,
e ha trovato subito l'appoggio del Gay, Lesbian, Bisexual, Transgender
Community Center of Colorado.
Così l'associazione delle Girl
Scout del Colorado ha fatto marcia indietro e ha accettato Bobby nel gruppo
delle ragazze. L'associazione ha diramato un comunicato nel quale è scritto:
«Se un bambino si identifica come una ragazza e la famiglia del bambino la
presenta come una ragazza, le Girl Scouts of Colorado l'accolgono come una Girl
Scout. Le richieste per il sostegno di bambini transgender sono cresciute, e le
Girl Scouts of Colorado stanno lavorando per sostenere al meglio questi
bambini, le loro famiglie e i volontari che li assistono. In questo caso, un
volontario che segue il nostro programma non era a conoscenza del nostro
approccio. Ha contattato il suo supervisore che subito ha iniziato a lavorare
con la famiglia per coinvolgere e sostenere il bambino con le Scout Girl.
Stiamo accelerando i nostri sistemi di supporto e formazione in modo da essere
sempre più in grado di servire tutti, famiglie, ragazze e volontari».
Adesso è tutto chiaro: è stato
solo un disguido: una volontaria non era aggiornata/formata sull'approccio da
tenere in questo casi. Il Corriere della Sera la descrive così «Una dipendente
troppo zelante» che «stava per distruggere il sogno del piccolo Bobby che
voleva raggiungere sua sorella tra le scout». Sul sito delle Scout Girls of
Colorado c'è una sezione intitolata Just for girls, ma dev'essere un errore.
Ovviamente la storia è finita sui
media e sui siti d'informazione. In questi siti i lettori sono liberi di
commentare le notizie, e spesso i commenti sono significativi. Ad esempio, tra
i commenti a corredo della storia di Bobby, c'è questo: «Io a sette anni volevo
essere Spyderman...»; oppure questo: «E se voleva essere un gatto?». Commenti
un po' cinici, d'accordo. Ma qualcuno ha anche chiesto: «Ma il papà di Bobby
dov'è?».
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