giovedì 3 novembre 2011

 Bobby, il bambino che si sente girl scout di Roberto Marchesini, 03-11-2011, http://www.labussolaquotidiana.it

L'ideologia di genere è uscita dall'accademia e riguarda la vita di tutti noi. Spesso anche dei nostri bimbi. Qualche giorno fa ci siamo occupati della storia di Tommy/Tammy Lobel; sempre dagli Stati Uniti giunge nuovamente una ulteriore situazione che stimola riflessioni.

Bobby Montoya ha sette anni, e fin da quando ne ha due, così dicono le fonti, preferisce indumenti femminili. Certo, è un po' difficile pensare ad un bambino di due anni che autonomamente sceglie e indossa abiti femminili senza l'aiuto della mamma; comunque la genitrice ci assicura che Bobby è felice quando si veste da ragazza. Del resto, Bobby ha un legame molto forte, quasi simbiotico con la sua mamma. A scuola i suoi compagni lo prendevano in giro per i suoi abiti femminili (e la cosa, a dire la verità, non ci stupisce così tanto: l'ideologia di genere solitamente ha presa sulle persone più istruite, mentre i più semplici ancora credono che uomini e donne siano diversi), e lui dice che questa cosa feriva molto entrambi, sia lui che la sua mamma.

Tuttavia i problemi sono sorti quando la mamma di Bobby ha deciso di iscrivere il figlio alle Girl Scout, come già aveva fatto con la sorella maggiore di Bobby. Ma le Girl Scout rifiutato l'iscrizione in base al loro regolamento, che prevede l'iscrizione per le sole ragazze. Ovviamente il caso è finito sui giornali come caso di discriminazione, e ha trovato subito l'appoggio del Gay, Lesbian, Bisexual, Transgender Community Center of Colorado.

Così l'associazione delle Girl Scout del Colorado ha fatto marcia indietro e ha accettato Bobby nel gruppo delle ragazze. L'associazione ha diramato un comunicato nel quale è scritto: «Se un bambino si identifica come una ragazza e la famiglia del bambino la presenta come una ragazza, le Girl Scouts of Colorado l'accolgono come una Girl Scout. Le richieste per il sostegno di bambini transgender sono cresciute, e le Girl Scouts of Colorado stanno lavorando per sostenere al meglio questi bambini, le loro famiglie e i volontari che li assistono. In questo caso, un volontario che segue il nostro programma non era a conoscenza del nostro approccio. Ha contattato il suo supervisore che subito ha iniziato a lavorare con la famiglia per coinvolgere e sostenere il bambino con le Scout Girl. Stiamo accelerando i nostri sistemi di supporto e formazione in modo da essere sempre più in grado di servire tutti, famiglie, ragazze e volontari».

Adesso è tutto chiaro: è stato solo un disguido: una volontaria non era aggiornata/formata sull'approccio da tenere in questo casi. Il Corriere della Sera la descrive così «Una dipendente troppo zelante» che «stava per distruggere il sogno del piccolo Bobby che voleva raggiungere sua sorella tra le scout». Sul sito delle Scout Girls of Colorado c'è una sezione intitolata Just for girls, ma dev'essere un errore.

Ovviamente la storia è finita sui media e sui siti d'informazione. In questi siti i lettori sono liberi di commentare le notizie, e spesso i commenti sono significativi. Ad esempio, tra i commenti a corredo della storia di Bobby, c'è questo: «Io a sette anni volevo essere Spyderman...»; oppure questo: «E se voleva essere un gatto?». Commenti un po' cinici, d'accordo. Ma qualcuno ha anche chiesto: «Ma il papà di Bobby dov'è?».

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