Matrimonio rinnovabile "per tutelare le famiglie" di Tommaso
Scandroglio, 03-11-2011, http://www.labussolaquotidiana.it
Non vi è mai capitato facendo
zapping notturno di incappare in quelle televendite dove l’imbonitore tenta di
vendervi di tutto? L’invito a volte è
accompagnato dalla garanzia che potrete provare a casa vostra per un mese la
cyclette o l’aspirapolvere e persino il quadro che avrete acquistato e se non
sarete soddisfatti del prodotto potrete restituirlo senza problemi. Bene ora si
può fare anche con il matrimonio.
E’ l’ultima trovata
dell’Assemblea legislativa del Distretto federale di Città del Messico la
quale, con tanto di progetto di legge, si è inventata il “matrimonio
rinnovabile” o a “tempo determinato”. Dopo due anni i due coniugi ad interim
potranno decidere di separarsi o rinnovare il matrimonio. Ovviamente possono
divorziare anche prima dei due anni dato che in Messico è da tempo in vigore il
divorzio express: massimo un mese e amici come prima.
L’idea è del Partito della
Rivoluzione Democratica. La prima firmataria del progetto, Lizbeth Rosas
Montero, afferma che la proposta nasce per tutelare il matrimonio. Se si
prevengono i divorzi nel matrimonio numero 2, mandando all’aria il numero 1, si
“favoriranno relazioni di coppia più sane e armoniche”. Il male ha sempre il
volto della beneficenza. Se invece il matrimonio temporizzato è andato bene
allora c’è la possibilità del rinnovo. Come l’abbonamento in palestra.
La Montero tiene a puntualizzare
che “due anni di vita di coppia è un tempo minimo che già permette di capire
com’è la vita a due. Se si rinnova significa che c’è intesa, che le regole
della vita insieme sono chiare e che entrambi i coniugi hanno capito quali sono
i propri diritti e doveri”. Ma un tempo non c’era il fidanzamento che serviva
proprio a questi scopi? Curioso che il fidanzamento ormai ha lasciato il posto
a convivenze che scimmiottano l’istituto del matrimonio, volendo far proprie
anche le sue peculiarità giuridiche, ed ora viceversa il matrimonio vorrebbe
mimare il fidanzamento. La confusione è al potere.
E così il matrimonio assomiglia
sempre più al periodo in prova prima della definitiva assunzione. Una verifica
delle attitudini e capacità: se non passi il test quella è la porta. La
convivenza coniugale scade a rapporto contrattualistico fatto di oneri da
rispettare e diritti da far valere, un contrapporsi di opposte esigenze di
natura antitetica. Però se la coppia riesce a raggiungere in questi due anni un
equilibrio zen centrato sulla perfetta calibratura dei “do ut des” reciproci
allora dal matrimonio per principianti i due saranno pronti ad accedere a
quello definitivo, pronti per giocare in prima squadra. Una specie di training
sportivo che prudentemente instrada il neofita degli sci prima sulla pista baby
propedeutica a quella rossa e nera.
La trovata made in Mexico è
stupefacente per più di un motivo. In primo luogo si considera l’istituto
matrimoniale come un prodotto in scatola con la data di scadenza già
prestampata sul fondo. Un prodotto soggetto a deterioramento non più per sola
volontà dei coniugi – e questo già accadeva – ma imposto per legge. Un
matrimonio ad orologeria pronto ad esplodere dopo esattamente due anni dal
fatidico sì, quasi fosse un compito in classe da portare a termine prima che
suoni la campanella, perché poi il prof passa a ritirare i fogli e quello che è
fatto è fatto.
In secondo luogo anche la
condizione psicologica dei coniugi precari ci immaginiamo che non possa essere
delle migliori. Non solo perché l’incessante ticchettio delle lancette
dell’orologio che fa presagire la fine di un rapporto non rasserena. Occorre
infatti buona tempra per vivere con gioia un matrimonio terminale, una
relazione a due con le ore contate. E già perché è proprio di questo che si
tratta: il matrimonio è diventato cronaca di una morta annunciata.
Ma il disagio interiore nasce
anche dal pensare la propria metà come coniuge provvisorio, come marito part
time, moglie a mezzo servizio. Pare quasi di aver preso a nolo il proprio
consorte più che averlo sposato.
Senza poi contare che vivere un
amore di coppia che per legge deve fare il tagliando, sottoposto a prova,
impoverisce la genuinità del rapporto, tarpa le ali agli slanci affettivi, li
condiziona e li svilisce.
Però quello che è più tragicomico
e surreale è il fatto che in tal modo i coniugi, che scendono in pista a
riscaldare le gomme prima dello start definitivo, si trovano a vivere non un
rapporto matrimoniale bensì un rapporto divorzile. Perché in realtà questa
proposta di legge istituisce il divorzio prima di essere davvero sposati.
Infatti, anche se le cose andranno benissimo tra i due, è cosa certa che il
primo matrimonio dopo due anni andrà a morire. E se un matrimonio finisce, ed
entrambi sono ancora in vita, allora è finito causa una separazione. Quindi
nella realtà dei fatti i due vivranno giorno dopo giorno un rapporto da
divorziati e non da sposati. Divorzio che completerà la sua gestazione dopo 24
mesi. Paradossale.
Il tutto è ancor più paradossale
perché in questa vicenda c’è la perfetta quadratura del cerchio: si formalizza,
cioè si cristallizza e si fissa in termini giuridici un rapporto che per legge
è provvisorio, fugace, momentaneo. E’ il trionfo con tanto di timbro dello
Stato dell’effimero, della caducità dei sentimenti, del transeunte, del carpe
diem di Ovidio che così tanto piace ai giovani. E’ l’instabilità eretta a
sistema. Un ossimoro giuridico.
Ma ci sono anche gli effetti
positivi e sarebbe disonesto tacerli. Infatti d’ora in poi potremo dire con
tranquillità e senza esseri presi per pazzi a chi convola a nozze: “Ti sei
sposato? Non ti preoccupare. Poi passa”.
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