martedì 1 novembre 2011


I neutrini del Gran Sasso: una nuova crisi del positivismo?,  1 novembre, 2011, http://www.uccronline.it/


Un esperimento svoltosi nel settembre scorso nei laboratori del Gran Sasso ha rivelato che i neutrini prodotti dalle collisioni ad alta energia nel ciclotrone LHC di Ginevra avrebbero unavelocità superiore a quella della luce: un risultato del tutto imprevisto che ha allertato la comunità scientifica perché metterebbe in dubbio la teoria della relatività speciale (TRS). Per prima cosa è necessario essere prudenti sull’esito di questo esperimento: molti fisici, compresi i ricercatori del Gran Sasso, ritengono possibile l’intervento di un errore di tipo sistematico ed invocano la necessità di ripetere l’esperimento in altri laboratori attrezzati per l’osservazione dei neutrini. Ma se altri esperimenti confermassero la velocità superluminale dei neutrini, quale sarebbe l’impatto sulla fisica che si poggia sulla TRS come una casa sulle sue fondamenta? Quali tra le conoscenze che abbiamo dell’Universo sarebbero messe in discussione?
Per rispondere a queste domande, cominciamo col separare il contenuto scientifico della TRS dalle sue interpretazioni filosofiche. Ricordo che ogni teoria fisica comprende:
a) un nucleo scientifico, che è l’insieme delle sue equazioni matematiche, dei suoi protocolli operativi e delle sue predizioni empiricamente controllabili
b) un accompagnamento di interpretazioni filosofiche, equivalenti dal punto di vista operativo.
Nelle loro ricerche i fisici usano il contenuto scientifico delle teorie, mentre tutte le concezioni filosofiche, e anche l’assenza di concezioni, sono opzioni scientificamente indifferenti. Per esempio, usano le equazioni della meccanica quantistica ed i suoi protocolli sperimentali per predire/controllare i livelli energetici d’un isotopo, senza necessariamente sposare l’interpretazione di Copenaghen, o rinunciare al realismo, o credere nell’indeterminismo, ecc. Occorre sempre separare il nucleo scientifico di una teoria dalle sue estrapolazioni interpretative.
Il nucleo scientifico della TRS è costituito dalle equazioni di Lorentz, dai metri ed orologi usati per le misure spaziali e temporali e dalle regole per standardizzare e sincronizzare gli strumenti da parte dei diversi osservatori inerziali. La filosofia non distingue le operazioni dei ricercatori, ma può separarne il giudizio su “ciò che accade in realtà”, soprattutto riguardo agli aspetti più paradossali della TRS. Filosoficamente, ci potremmo chiedere: come mai osservatori diversi misurano lunghezze e tempi diversi? Cosa accade allo spazio e al tempo (o a metri ed orologi)? Cosa cosa sono lo spazio e il tempo? Esiste un sistema di riferimento assoluto o lo stesso concetto non ha senso?
Ebbene, fin dall’origine, si sono confrontate due visioni filosofiche opposte nella TRS:
1. L’interpretazione di Einstein-Minkowski, che nega l’esistenza di oggetti fisici 3-dimensionali perduranti nel tempo a favore di oggetti 4-dimensionali esistenti senza una distensione temporale pura separata da quella spaziale. Questa concezione è dichiaratamente positivistica: tutto ciò che non è misurabile non deve trovar posto in fisica nemmeno a livello ipotetico ed è privo di senso: a cominciare dai concetti di spazio e tempo assoluti (anzi, di spazio e tempo tout court), giudicati idee metafisiche ed antiscientifiche. Questa concezione è un portato del clima neopositivistico dell’epoca in cui la TRS fu sviluppata, veicolato dal Circolo di Vienna, che sul giovane Einstein ebbe grande influenza soprattutto attraverso la filosofia di E. Mach.
2. L’interpretazione di Lorentz, che, come Galileo e Newton, crede nell’esistenza di oggetti 3-dimensionali perduranti nel tempo e d’un sistema di riferimento assoluto (“etere”), ancorché non osservabile. I fenomeni contro-intuitivi della TRS, come la contrazione spaziale e la dilatazione temporale, sono per Lorentz “effetti locali” del moto degli osservatori rispetto all’etere: l’etere è fisicamente attivo ed ogni movimento rispetto ad esso produce la contrazione delle lunghezze e la dilatazione dei tempi previste dalle equazioni della TRS. La velocità della luce risulta costante in tutti i sistemi inerziali perché l’uno e l’altro effetto si combinano a farla apparire tale.
Dal punto di vista epistemologico, i cultori della metafisica apprezzano le differenze ontologiche esistenti tra le due interpretazioni; i positivisti si limitano ad una scrollatina di spalle. Dal punto di vista scientifico, anche se è nettamente prevalsa la prima, le due interpretazioni sono (state fino a ieri) empiricamente equivalenti, perché è (o era) impossibile immaginare un esperimento che le distinguesse. Ma è proprio così? E’ possibile che anche la TRS, come la fisica newtoniana, postuli un riferimento assoluto? L’interpretazione positivistica può avere indotto assiomi aggiuntivi sul nucleo scientifico della TRS con conseguenze incompatibili con l’esperienza? A garanzia della possibilità della ricerca scientifica, oltre al principio di oggettività garantito in fisica classica dalla relatività galileiana e nella moderna dalla TRS, c’è il principio di causalità, secondo il quale la freccia del tempo ha lo stesso verso per tutti gli osservatori: se l’esplosione A di una supernova causa la ricezione B di neutrini da parte di un osservatore terrestre, questi registra nel suo orologio la causa A prima dell’effetto B. Ma ciò deve valere anche per un osservatore in un’astronave: gli orologi di osservatori diversi misureranno, al più, tempi diversi per A e per B, ma nessuno riceverà i neutrini prima dell’esplosione della supernova! Nessuno scienziato può rinunciare al principio di causalità, pena la distruzione di tutte le scienze naturali.
Nella concezione di Lorentz la causalità è garantita, come nella fisica classica, dall’esistenza del sistema privilegiato dell’etere. In questo sistema, ci sono un passato, un presente ed un futuro assoluti; e non ci sono a priori coppie di eventi, per quanto distanti nello spazio e vicini nel tempo, in cui il successivo non possa essere effetto del precedente, perché non esiste a priori nelle equazioni della TRS alcun limite alla velocità di trasmissione di forze e segnali. Solo l’esperimento potrà dettare eventuali limiti fisici alla velocità delle particelle che veicolano le forze della Natura.
Nella concezione di Einstein-Minkowski, invece, dove non esiste un sistema privilegiato; dove gli stessi concetti di tempo e spazio sono vuoti al di fuori delle diverse misure di ogni osservatore, per salvare la causalità Einstein dovette aggiungere al nucleo scientifico della TRS un nuovo postulato, quello che la velocità della luce è la massima esistente in Natura.
Il nucleo della TRS non stabilisce, come si è detto, limiti alla velocità delle particelle, ma vieta solo la possibilità di accelerare una particella da una velocità subluminale ad una superluminale, in quanto ciò richiederebbe un’energia infinita. Con ciò esso non esclude particelle che viaggino sempre a velocità superluminali (i “tachioni”, mai osservati prima del Gran Sasso). L’esistenza dei tachioni sarebbe dunque una falsificazione empirica non del nucleo scientifico della TRS, ma della concezione positivistica di Einstein-Minkowski. Perciò, qualora l’esperimento del Gran Sasso sia confermato, se si vorranno salvare i principi di oggettività e di causalità della scienza, si dovrà anche nella TRS, come fece Newton per la relatività galileiana, postulare l’esistenza di un sistema di riferimento spaziale e temporale assoluto, ancorché non osservabile.
Per la verità, fin dal 1913, il risultato di un esperimento d’interferenza ottica collide con la TRS a meno di non postulare l’esistenza di un sistema di riferimento assoluto: l’effetto Sagnac. Ogni tentativo di far rientrare questa evidenza nell’interpretazione standard della TRS è fallito. Occorre anche rilevare che, a partire dalla teoria della relatività generale (1915), lo stesso Einstein si distaccò da Mach per avvicinarsi progressivamente ad una concezione realistica dello spazio. Al contrario di una mera speculazione, lo spazio vuoto si presenta nella relatività generale pregno di energia e di altre proprietà fisiche. Sembrano quasi un’autocritica le parole di Einstein rivolte direttamente a Lorentz nel 1919: «Sarebbe stato più corretto se nelle mie prime pubblicazioni mi fossi limitato a sottolineare l’impossibilità di misurare la velocità dell’etere, invece di sostenere soprattutto la sua non esistenza. Ora comprendo che con la parola etere non si intende nient’altro che la necessità di rappresentare lo spazio come portatore di proprietà fisiche» (cit. in L. Kostro, “Einstein e l’etere”, Andromeda, Bologna 1987). E nel 1920: «Anche se nel 1905 pensavo che in fisica non si potesse assolutamente parlare di etere, questo giudizio era troppo radicale, come possiamo vedere con le prossime considerazioni della relatività generale. È quindi permesso assumere un mezzo colmante nello spazio se ci si riferisce al campo elettromagnetico e quindi anche alla materia» (A. Einstein,“Grundgedanken und Methoden der Relativitätstheorie in ihrer Entwicklung dargestellt”, 1920). E ancora: «D’altra parte a favore dell’ipotesi dell’etere gioca un argomento molto importante. Negare l’etere significa, in ultima istanza, supporre che lo spazio vuoto non possieda alcuna proprietà fisica, il che è in disaccordo con le esperienze fondamentali della meccanica» (cit. in A. Einstein, “Opere scelte”, a cura di E. Bellone, Bollati Boringhieri, Torino 1988)
Esattamente come per Galileo e Newton, Einstein si rese conto infine che l’etere, inteso come sistema di riferimento assoluto, era necessario per spiegare l’origine delle forze inerziali nei sistemi accelerati.
E qualche anno dopo, quando anche la meccanica quantistica con lo stato fisico del “vuoto” concordò nell’assegnare proprietà fisiche allo spazio, ora divenuto a pieno titolo un oggetto fisico e non un mero concetto metafisico, P. Dirac poteva dire: «La conoscenza della fisica si è sviluppata molto dal 1905, soprattutto con l’arrivo della meccanica quantistica e la situazione (circa la plausibilità scientifica dell’etere) è di nuovo cambiata. […] Possiamo vedere ora che si può benissimo avere un etere soggetto alla meccanica quantistica e conforme alla relatività» (P. Dirac, “Is there an ether?”, Nature, vol. 168 – 1951). Infine, c’è un altro argomento recente, di pura meccanica quantistica, che spinge a favore della visione realistica dello spazio: il teorema di Bell. Nell’interpretazione di Lorentz esiste la nozione di contemporaneità assoluta perché, ancora una volta, c’è il sistema dell’etere a stabilire se a due eventi qualunque corrispondono gli stessi tempi assoluti. L’assenza poi, in questa concezione, di un limite superiore per la velocità dei segnali, permette in linea teorica di immaginare tachioni con velocità infinita da usare per stabilire le linee di simultaneità assoluta tra gli eventi dello spazio e del tempo. Nell’interpretazione di Einstein-Minkowski, invece, la contemporaneità è solo relativa ai sistemi di riferimento, come sappiamo, e nemmeno per tutti ha un senso (tecnicamente, per due eventi “spazialmente separati” si può dare solo una definizione convenzionale di contemporaneità, senza alcun significato fisico. In questa negazione d’un tempo reale, l’influenza positivistica di Mach sul primo Einstein celebra il suo acme). Alcuni recenti esperimenti, però, riguardanti le predizioni del teorema di Bell, sembrano implicare l’esistenza di relazioni di simultaneità assoluta nell’Universo.
È inspiegabile che tutti i testi scolastici di relatività speciale assumano acriticamente come scontata la visione giovanile di Einstein, senza alcun accenno alle revisioni dell’età adulta, impostegli dalla relatività generale e dalla meccanica quantistica. È una scelta ideologica e non scientifica che si dia per accantonato definitivamente dalla fisica il problema di uno spazio e di un tempo reali privilegiati. Se all’effetto Sagnac si accompagnerà la conferma degli esperimenti riguardanti il teorema di Bell e l’ultravelocità dei neutrini, si dovrà finalmente abbracciare anche in TRS una visione realistica dello spazio e del tempo. Non crollerà certo la fisica, né saranno messe in discussione tutte le conoscenze che abbiamo dell’Universo; però andrà fatta una cernita tra ciò che si poggia solo sul nucleo scientifico della TRS, e quello che si poggia anche sui preconcetti d’insussistenza di uno spazio e di un tempo assoluti.
Giorgio Masiero

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