Gli argomenti davanti alla Consulta - Nessun dubbio giuridico sul no
all'eterologa, 18 maggio 2012, http://www.avvenire.it
Il 22 maggio la Corte
Costituzionale discuterà il tema della fecondazione artificiale (Pma)
eterologa. Nel 2010 tre giudici, di Catania, di Firenze e di Milano, hanno
sollevato un dubbio di legittimità costituzionale sul divieto di utilizzare
gameti estranei alla coppia, stabilito nell’art. 4 della legge 40 approvata dal
Parlamento il 19 febbraio 2004 e successivamente difesa dal popolo italiano nel
referendum del 2005. Le tre ordinanze si fondano pressoché esclusivamente su
una sentenza di primo grado della Corte Europea dei diritti dell’uomo che l’11
marzo 2010 aveva condannato l’Austria perché la sua legge vieta la Pma
eterologa se è "donato" l’ovocita, ma non se è "donato" lo
sperma.
Ma successivamente, il 13
novembre 2011, la Grande Camera della medesima Corte – alla quale l’Austria affiancata
dall’Italia aveva fatto ricorso – ha capovolto il giudizio e ha stabilito che
l’Austria non ha violato la Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Così è
venuto a cadere l’argomento principale su cui i tre giudici italiani avevano
fondato il loro dubbio di costituzionalità. Ma vi è di più. La ragione per cui
la Grande Camera di Strasburgo ha promosso la legge austriaca è il principio
dell’«ampio margine di apprezzamento» che si deve riconoscere agli Stati nelle
materie eticamente sensibili. In altri termini: uno Stato è libero di vietare o
permettere la fecondazione eterologa senza che l’una o l’altra soluzione violi
i diritti dell’uomo. Così ha detto la Corte di Strasburgo. Questa motivazione
impone il rigetto anche degli altri argomenti proposti in subordine nelle
ordinanze di Catania, Firenze e Milano: la violazione del preteso diritto ad
avere un figlio, dell’eguaglianza, del diritto alla autodeterminazione e alla
salute (artt. 2 - 3 - 31 - 32 Cost.).
Ma vi è ancora di più. Al n. 74
della decisione della Prima Camera si legge che «gli Stati non sono affatto
obbligati a legiferare in materia di procreazione artificiale, né a consentire
la sua utilizzazione». La condanna dell’Austria, in quella sede, è dedotta dal
principio di «ragionevolezza interna»: se gli Stati permettono la Pma devono
regolarla in modo ragionevole ed è irragionevole - dice la Prima Camera -
permettere la fecondazione eterologa con sperma maschile estraneo alla coppia e
non permetterla se viene da un ovocita femminile. Orbene, dall’insieme delle
due decisioni risulta che, non solo non vi è discriminazione nel proibire
l’eterologa, ma anche che non esiste un diritto al figlio, né un diritto alla
salute, la cui soddisfazione esigerebbe la legittimità della Pma.
Se infatti la Pma eterologa fosse
una terapia e se esistesse un diritto al figlio, la Pma dovrebbe essere sempre
legalizzata ed incoraggiata. Quindi, anche dalla decisione della Prima Camera
deriva un argomento che contrasta i dubbi di costituzionalità dei giudici di merito.
Ma torniamo alla decisione della Grande Camera. Se non può essere bollata come
irragionevole la distinzione tra eterologa per parte maschile ed eterologa per
parte femminile, a maggior ragione è giustificato il divieto di Pma eterologa
in ogni caso, perché tale posizione tiene conto univocamente dei diritti e
interessi del figlio. L’art. 3 della Convenzione sui diritti del fanciullo
dispone che nel bilanciamento tra il bene del minore e quello degli adulti
bisogna preferire quello del minore. La dichiarazione del 1959 sui diritti del
bambino stabilisce che «al fanciullo gli Stati devono dare il meglio di se
stessi».
Perciò è del tutto ragionevole di
fronte alla Pma eterologa chiedersi qual è il meglio per il figlio. Qui
parliamo del già nato, non dell’embrione. È il meglio per lui essere
abbandonato dai genitori biologici? È il meglio per lui non conoscere le
proprie origini? È il meglio per lui rischiare, più del figlio naturale, di
essere rifiutato di fatto dal genitore che non è padre o madre vero? È meglio
per lui non avere rapporti di parentela vera con i nonni e i fratelli che
potrebbero anche sentirsi imposta la relazione con lui dalla coppia che ha
chiesto la Pma? Non vi è nella Pma eterologa un sacrificio dei diritti del
figlio alla sua identità e alla conoscenza delle sue origini?
Naturalmente in linea di fatto si
possono dare risposte diverse. In ogni caso, non è una risposta l’istituto
dell’adozione di minori il cui scopo è dare una famiglia ai bambini che non ce
l’hanno, non di dare, come nella Pma, figli a chi non ce li ha. Ma non spetta
al Giudice Costituzionale stabilire la verità dei fatti. Spetta invece al
legislatore ordinario valutare il pro e il contro della regola da stabilire. Ed
egli, nel dubbio, deve seguire un principio di cautela. C’è, dunque, una
doverosa discrezionalità del legislatore in cui il giudice costituzionale non
può entrare. Se la Corte Europea riconosce un ampio margine di apprezzamento
agli Stati in materia di Pma, a maggior ragione la Corte Costituzionale deve riconoscere
uno spazio di discrezionalità del legislatore ordinario, un potere di
valutazione politica che deve essere rispettato.
Carlo Casini, Presidente della
Prima Commissione del Parlamento Europeo e Presidente del Movimento per la vita
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