FAMIGLIA/ L'uomo, la donna e quel Papa innamorato del
"Principio" Massimo Serretti, mercoledì 30 maggio 2012, http://www.ilsussidiario.net
Quando alle 17.19 del 13 maggio
1981, a quattro giorni dal referendum sulla legge 194 che aveva legalizzato
l’aborto nel nostro Paese, papa Giovanni Paolo II fu raggiunto in piazza san
Pietro da un colpo di pistola, da due anni stava proponendo una catechesi su
“uomo e donna”, sulla teologia del corpo e sulla famiglia e in quel giorno
avrebbe dato l’annuncio pubblico della fondazione di un istituto internazionale
di studi sul matrimonio e sulla famiglia. Solo nel novembre (mercoledì 11) di
quello stesso anno egli potrà riprendere quella catechesi che porterà a termine
nel febbraio del 1983, regalando così alla Chiesa uno scrigno prezioso di
riflessioni e di meditazioni sulle realtà più ordinarie e quindi più rilevanti
dell’essere e dell’esistere umano nelle sue qualità di “uomo e donna”.
Karol Wojtyla, prima come
sacerdote e poi come vescovo, si era dedicato ad accompagnare i giovani verso
la costituzione di una famiglia e le famiglie stesse con le loro problematiche
e con le loro ricchezze di esperienza e di amore. Da questa lunga
frequentazione, che non cessò del tutto neppure con la sua elezione a
Successore di Pietro, egli trasse un sostegno ed un conforto per la sua stessa
formazione umana, come egli stesso ha attestato in diverse occasioni. I due
stati vocazionali si richiamano a vicenda e non è quindi strano che dal loro
incontro si producano frutti saporiti e nutrienti.
Da questa esperienza presero
forma alcuni lavori poetici letterari: La bottega dell’orefice, Raggi di
paternità, ma anche saggi importanti quali: Amore e responsabilità, La famiglia
quale comunione di persone. Tuttavia il frutto più maturo, che si colloca al
culmine di una riflessione sorta al di dentro di un’esperienza di incontro e di
accompagnamento pluridecennale di fidanzati e famiglie è dato proprio da quella
summula che raccoglie le sue catechesi dei primi quattro anni di pontificato
sotto il titolo Uomo e donna lo creò (Città Nuova Editrice – Libreria Editrice
Vaticana). Proviamo a darci uno sguardo.
Il punto di partenza è decisivo.
Sorprendentemente Giovanni Paolo II non prende avvio né dalla realtà del
Sacramento del Matrimonio, né dal dato esperienziale diretto emotivo, psichico,
fenomenico e neppure dalle tematiche classiche di teologia morale coniugale o
sessuale in genere. Egli assume un’espressione usata da Gesù nel dibattito con
i farisei (Mt 19), che rimanda al “principio”, come chiave di interpretazione
metodologicamente centrale per intendere il dato antropologico fondamentale
sulla base del quale si innesta l’essere uomo e donna e quindi l’unità dei due.
Ma come può un simile punto di partenza aiutare a gettare luce su una realtà
concreta e determinata com’è appunto quella della natura sessuata del corpo
umano? Oppure sulle infinite sfumature esperienziali che caratterizzano
l’incontro e l’unione dell’uomo e della donna?
Il rinvio di Cristo al
“principio” è un rinvio alla creazione e quindi ad un’opera di Dio, ad un atto
che Dio compie. La tesi di fondo di tutta la catechesi su uomo e donna, sulla
teologia del corpo e sulla realtà della famiglia è che tutto quel che l’uomo
esperimenta nel suo essere e nel suo esistere è legato in maniera diretta con
il “principio”, cioè con l’azione creatrice di Dio. L’uomo può essere
considerato a partire dalla sua storia, intesa sia come storia del singolo, sia
come storia dell’umanità intera, ma l’uomo è più antico della sua storia e, in
realtà, tutto quel che si può constatare nella storia e nell’esperienza
dell’uomo è legato a quella che Giovanni Paolo II chiama “la protostoria teologica
dell’uomo”. Essa, lungi dall’essere qualcosa di tanto remoto, da risultare
ininfluente sul presente di ciascun essere umano, è invece ciò a partire da cui
si può comprendere in maniera adeguata il mistero dell’uomo nella concretezza
del suo essere e del suo vivere.
La conseguenza che Giovanni Paolo
II ne trae è che l’uomo e la donna, se vorranno intendere se stessi e l’unità
specifica che è stata ad essi assegnata, dovranno rifarsi proprio a quello che
il Creatore ha fatto quando li ha creati in quel determinato modo, secondo quel
determinato disegno e in vista di quella precisa finalità. Il segreto e la
verità di sé è racchiusa nel “principio” che ha costituito l’umanità dell’uomo.
Con questa impostazione
“dall’alto” Giovanni Paolo II entra in maniera decisiva nel cuore della
controversia infuocata sull’origine. Il misconoscimento della verità e del
realismo della Creazione e la sua sostituzione idolatrica, cioè, di mera
parvenza, con ipotesi più fantastiche che mentali, ha ormai pervaso l’intero
occidente.
Giovanni Paolo II afferma che la
realtà di Dio è al principio di tutto quel che è, e in modo specialissimo
dell’uomo, quale uomo e donna. Non solo, ma che questo “principio” determina
per intero la realtà e l’esperienza dell’essere uomo nel suo “qui e ora” e che
quindi esso costituisce il cardine esplicativo della realtà umana nel suo
insieme e nei suoi dettagli.
Ciò significa che la verità
dell’identità dell’essere “uomo e donna” e quindi della relazione tra i due è
posta dal Creatore “in principio” ed è rivelata da Dio nella sua implicazione
storica con l’uomo. Quando quel “principio” viene riconosciuto e osservato
tutto si ordina in riferimento ad esso, qualora venga occultato o censurato,
tutto si deforma e si disordina in frammenti irricomponibili e quindi privi di
senso. L’accrescersi dell’umano nell’uomo o la sua sfigurazione dipendono
essenzialmente dall’ammissione e dal riconoscimento del “principio” rivelato.
La Rivelazione conferisce senso all’esperienza e, una volta accolta
l’intelligenza della Rivelazione, anche l’esperienza diviene fonte di
esplicazione e di esplicitazione dell’umano nell’uomo.
L’attacco massiccio, programmato
e finanziato che su questo fronte è in corso, vedi la “guerra del gender” (D.
O’Leary), essendo rivolto al punto in cui il Creatore ha posto il vertice di
tutta l’opera creazionale, tende a svellere non un punto qualsiasi, seppur
rilevante, ma il “principio” stesso, il punto archimedico della intera
creazione. Non si dovrebbe neppur parlare di disordine, ma di un sovvertimento
tentativamente completo dell’intera opera divina della creazione. È lo stesso
Giovanni Paolo II che parla di “sfida a Dio Creatore” (25 marzo 1984) da parte
di una potente corrente ideologica contemporanea istrionicamente mascherata di
umanesimo.
“Dio disse: ‘Facciamo l’uomo a
nostra immagine, secondo la nostra somiglianza’ (...) E Dio creò l’uomo a sua
immagine; a immagine di Dio lo creò: maschio e femmina li creò” (Gn 1, 26s.).
L’insegnamento che il Beato Giovanni Paolo II ci ha lasciato in eredità su
questo dato antropologicamente basilare, ricostruisce al dritto quelle che
nella Rivelazione anticotestamentaria sono chiamate “le fondamenta del mondo”
(Sal 81, 5, Is 40, 21; 15; Gb 38, 4). Nell’ordine della creazione il rapporto
uomo-donna ha consistenza di fondamento primordiale. La manipolazione
dell’unità tra l’uomo e la donna stabilita dal Creatore è la peggiore delle
manipolazioni possibili, perfino di quelle genetiche sulle quali si esercita la
bioingegneria.
Se questo è il punto di avvio
delle catechesi su “uomo e donna”, lo sviluppo disegna un affresco di grandi
dimensioni. Il Papa si sofferma a lungo sul “linguaggio del corpo” e sulla
“teologia del corpo” e quindi sulla sessualità, sulla dignità personale
dell’uomo e sulla “comunione di persone” che è la famiglia, sulla realtà della
famiglia, sul Sacramento del Matrimonio, sulla verginità e, da ultimo, sulle
questioni capitali di etica coniugale impostate dalla Enciclica di Paolo VI
Humanae vitae. Tutto il disegno si dipana tra la logica del “principio” e il
termine della “altissima vocazione dell’uomo”, tra la protostoria e
l’escatologia, tra la Creazione e la Risurrezione (“redenzione del corpo”) cui
l’uomo è chiamato “in Cristo”.
Con questo insegnamento Giovanni
Paolo II ha detto “all’uomo tutta la verità sull’uomo” a partire dal mistero di
Dio e ha ridato alla Chiesa intera, dopo una pausa plurisecolare,
un’antropologia che fornisce “sempre più chiaramente le ragioni per cui la
norma insegnata è vera ed è praticabile da tutti” (Carlo Caffarra), offrendo da
un lato le premesse per evitare la china moralista, dall’altro ragioni che
legittimano la morale.
Se il suo capolavoro filosofico
era centrato sul mistero e sulla dignità dell’essere personale dell’uomo, ora
egli perviene al realismo della “comunione delle persone” (GS 12) integrando la
dottrina tradizionale dell’essere ad immagine e somiglianza con l’aspetto della
natura originariamente comunionale dell’uomo. L’uomo, afferma Giovanni Paolo
II, non è a immagine di Dio, che è Comunione di Persone, solo per il fatto di
avere una facoltà di ragione, di volontà, di libertà, ma anche per il fatto di
essere istituito nella comunione e chiamato alla comunione (cf. DV 34). Tale
apporto si affaccia alla sua meditazione e al suo pensiero proprio attraverso
la considerazione della unità dell’uomo e della donna nella famiglia.
Siamo al cuore della “verità sull’uomo”.
© Riproduzione riservata.
Nessun commento:
Posta un commento