IL CASO/ Se un bambino nel pancione già "ascolta" la sua
mamma - INT. Carlo Bellieni, giovedì 17 maggio 2012, http://www.ilsussidiario.net
Il feto già riconosce la voce
della madre quando ancora è nel pancione. Questo è quanto mostra uno studio
francese – il primo autore è Renaud Jardri -pubblicato sulla rivista
International Journal of Developmental Neurosciences di aprile. Questa capacità
è stata mostrata con l’uso di raffinate tecniche di risonanza materna, che
registrano l’attivazione della corteccia cerebrale temporale già dalla
trentesima settimana di gestazione. E uno studio canadese fatto al Kingston
General Hospital mostra che il battito del cuore si accelera nel feto quando
sente la voce della mamma. Cosa impara da questi studi chi accetta di non avere
pregiudizi? In primo luogo che la scienza è un’apertura alla bellezza: cosa c’è
di più bello di vedere uno spettacolo normalmente nascosto come quello della
vita prenatale, per millenni restato nel mistero del buio uterino? Il secondo
punto è la chiarezza che il feto è davvero un bambino, e che reagisce, ricorda,
impara proprio come un bambino già nato. Dentro l’utero c’è un universo in rapido
sviluppo: è il mondo della nostra vita prenatale, come ricordava a suo tempo
anche Pier Paolo Pasolini, che ricordava alla sinistra come si era allontanata
dal sentire del popolo per seguire le sirene di un egoistico individualismo. Il
feto in sviluppo sente le voci, i sapori, gli odori, e anche il dolore se
disgraziatamente gliene facciamo. Proprio per questo si è sviluppata anche
l’arte di somministrare analgesici al feto durante gli interventi chirurgici
che può subire prima di nascere. Già, perché il feto può anche essere curato
chirurgicamente, in un paradossale susseguirsi di stati: dalla vita fetale a
quella all’aria aperta seppur attaccato al cordone ombelicale quando si opera,
e poi ancora vita fetale, fino alla nascita naturale. Chi suppone che la vita
inizi alla nascita ha il suo bel daffare per giustificare questo paradosso di
una non-vita che diventa vita, poi torna non vita e poi ancora vita… Proprio come accade per il feto di canguro
che esce dall’utero e nasce, ma poi torna a passare la seconda parte della sua
vita fetale nel marsupio, fino alla seconda nascita.
Paradossi che ci fanno
riflettere: la nascita non cambia proprio niente nello stato morale e davvero
poco nello stato fisico di un individuo, perché la vita è un continuum sin dal
concepimento, e perché solo una grossolana disattenzione ci fa pensare che la
vita fetale sia una vita “in sospeso”, o “in un lungo sonno”, mentre è piena di
sensazioni, utili sia a modella re il sistema nervoso sia a preparare alla vita
all’aria aperta.
Proprio per questo esistono
addirittura dei corsi di educazione prenatale, che aiutano le mamme a prendere
coscienza di questa evidenza e soprattutto a sfruttarla positivamente, entrando
in contatto col loro bambino prima della nascita tramite il canto, il massaggio
attraverso il pancione e alla capacità di sentire i movimenti di risposta del
feto. Che consolazione per tante donne scoprire di avere in sé questa
compagnia, forse una delle poche persone (è una personcina!) che ti amano non
per come sei ma semplicemente perché ci sei! Come ho detto in arie occasioni, è
proprio il caso di cancellare la parola “feto” dal nostro vocabolario, perché è
un termine stigmatizzante quel livello del nostro sviluppo che si vuole tener
distinti dagli altri perché non gli viene riconosciuto pari diritti rispetto
agli adulti. La parola “feto” originariamente significava “cucciolo” tanto che
viene da una radice sanscrita che significava “succhiare”. Poi nel tempo,
soprattutto negli ultimi 50 anni si è diviso drasticamente il
prima-della-nascita dal dopo. Sarebbe bello se l’utero fosse trasparente, ma
con le ecografie e con la scienza in pratica lo è diventato: che guaio per chi
sostiene che il feto non è “qualcuno” ma è “qualcosa”!
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