L’equivoco in provetta: non siamo pura biologia - La generazione umana non può essere ridotta sullo stesso piano della riproduzione animale L’uomo è sempre persona. E per questa dignità unica vanno accettate alcune regole necessarie alla sua salvaguardia, di Michele Aramini, Avvenire,
23 maggio 2012
Il pronunciamento della Corte Costituzionale, che ha rinviato i ricorsi di alcuni tribunali sulla base della sentenza della Corte di giustizia europea, costituisce il giusto e necessario riconoscimento del valore della persona umana nella sua originalità. In particolare emerge con chiarezza come il processo generativo dell’uomo non sia riducibile alla semplice riproduzione come avviene per gli animali. Infatti, se si trattasse di pura biologia, sarebbe insensato porre dei divieti di carattere etico e si procederebbe nella maniera più produttiva, con l’utilizzazione dei gameti migliori, presi nelle apposite banche.
Ma l’uomo non è solo il suo corpo.
Non dovrebbe esserci bisogno di dire
che la persona umana è una realtà
unitaria in cui si possono leggere
diverse dimensioni, che però sono
assolutamente inseparabili. La persona umana è una realtà unica per il suo essere e per il suo valore morale, in essa corpo, psiche e spirito sono un tutto inscindibile. Per questa ragione il processo della nascita di un bambino non può essere sottoposto alle stesse regole della nascita di un vitello o di una pecora, e lo Stato può (e deve) intervenire in difesa del valore unico della persona umana. Il divieto di
fecondazione eterologa, presente
giustamente nella legge italiana come pure in altri ordinamenti europei, deve essere letto in questo senso come difesa dell’unicità della persona umana, la cui nascita non può essere ridotta a puro processo biologico. Vediamo da vicino che cosa accade nella fecondazione eterologa. In questa tecnica si fa ricorso alla donazione di gameti maschili, femminili o, addirittura, di embrioni. In tal modo le coppie che desiderano un figlio per questa via introducono nell’intimità coniugale un terzo (e anche un quarto) partner. L’alterazione dei rapporti intraconiugali sfocia inevitabilmente nell’alterazione dei legami parentali-filiali. Il nascituro sarà figlio di genitori diversi: può avere un padre biologico e un padre sociale, o avere una madre biologica, una madre sociale e anche una madre che lo ha fatto nascere (nel caso della maternità surrogata). Se ci collochiamo sul
piano riduttivo della biologia, sembra che non ci siano problemi. Ma se ci collochiamo sul piano delle persone, come correttamente si deve fare, scopriamo che viene violato il fondamentale diritto dei coniugi di generare solo l’uno per mezzo dell’altro. Questo diritto è essenziale e inalienabile, in quanto è parte integrante dell’alleanza nuziale. Infatti se ci chiediamo che cosa sia la generazione di un figlio ci rendiamo subito conto che essa è prima di tutto una decisione di carattere spirituale, nella quale la reciproca donazione dei coniugi si fa servizio alla vita. Si tratta della decisione di maggior valore che una coppia possa compiere: dare e accogliere la vita del figlio. Si capisce come una tale decisione non permetta in nessun modo l’intrusione di altri. Invece la donna che accetta di sottoporsi alla fecondazione eterologa sottoscrive un’altra alleanza, per mezzo della banca dello sperma e degli ovuli, con lo sconosciuto di cui accetta il seme. Sempre sul piano delle persone, osserviamo che pure il figlio che nascerà sarà danneggiato dalla scelta della fecondazione eterologa, perché ha diritto che il patto che unisce i suoi genitori non sia spezzato, e ha diritto a non nascere come un oggetto biologico ma come persona. È chiara la posta in gioco. I fautori della fecondazione eterologa, pur di ottenere ogni "diritto", accettano
di porsi solo sul piano della biologia e riducono la generazione umana alla riproduzione animale. Al contrario, la corretta impostazione del problema ci dice che l’uomo è sempre persona e che, proprio in nome di questa sua dignità unica, si debbono accettare alcune regole necessarie alla sua salvaguardia.
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