Il nodo «fecondazione eterologa» - Torna il partito del far west di Assuntina
Morresi, 17 maggio 2012, http://www.avvenire.it
Il referendum 2005 sulla legge 40
che regola la procreazione medicalmente assistita prevedeva quattro quesiti, ma
i proponenti ne avevano chiesto un quinto per abolirla interamente. La Consulta
lo giudicò inammissibile, ritenendo che una norma in materia fosse
«costituzionalmente necessaria».
Gli interessi in gioco –
economici ed ideologici – sono però troppo forti, e gli oppositori della legge
non si sono mai rassegnati alla bruciante sconfitta referendaria. Il loro
obiettivo è rimasto immutato, ed è quello del quinto quesito: smontare tutta la
40, perché siano il "mercato" e le "volontà dei singoli" a
decidere cosa è possibile e cosa no in questo delicatissimo ambito. E poiché
non riescono a modificare la legge neppure in Parlamento, cercano di farlo per
via giudiziaria. Con scarso successo, finora.
C’è stata qualche sentenza nei
tribunali civili, valida solamente per i singoli casi, e la Corte
Costituzionale è intervenuta su un solo passaggio, quello che (per evitare le
tante vite congelate, pratica subito ripresa) prevedeva il numero massimo di
tre embrioni da creare e trasferire contemporaneamente in utero, lasciando
sostanzialmente invariato l’impianto della legge, che nel frattempo si è
dimostrata un serio compromesso fra i diversi orientamenti culturali: ha
consentito a tante coppie di accedere alla fecondazione assistita
(contrariamente a quanto prevede la dottrina cattolica), ma ha anche mostrato
una buona tutela dei soggetti coinvolti, limitandosi alla fecondazione omologa
ed escludendo manipolazioni degli embrioni come anche pratiche eugenetiche.
La prossima settimana la Corte
dovrà pronunciarsi sulla legittimità della fecondazione eterologa, che prevede
l’uso di gameti estranei alla coppia. Se l’attuale divieto dovesse essere
abolito, le conseguenze non sarebbero marginali.
L’eterologa rafforza infatti
l’idea del diritto al figlio a tutti i costi e determina una drammatica
frammentazione delle figure del padre e della madre, scisse e ridotte a
contributi biologici e sociali. Ma avere tanti "padri" e
"madri", purtroppo, di solito equivale a non averne nessuno. Chi
chiede l’eterologa spiega che molte coppie solo per questa via possono avere un
figlio: secondo costoro non è giusto permettere solo certe procedure vietandone
altre, perché in questo modo alcune coppie infertili sono escluse dai
trattamenti di procreazione assistita. Ma se l’argomento fosse accolto, una
volta consentita la fecondazione in vitro tutte le tecniche dovrebbero essere
permesse, a cominciare – magari con un’altra iniziativa giudiziaria –
dall’utero in affitto, vale a dire la gravidanza in conto terzi: per alcuni
infatti sarebbe questo l’unico modo per avere un figlio.
Se fosse abolito il divieto di
eterologa si aprirebbe, poi, anzitutto un vuoto legislativo che non potrebbe
essere colmato in poco tempo: essendo l’eterologa vietata, solo poche regole
già in vigore possono essere evocate per regolamentarla. Servirebbe dunque una
legge ad hoc per l’eterologa (se il nato da eterologa ha diritto a conoscere le
modalità del suo concepimento, ed eventualmente l’identità dei "genitori
biologici" e dei suoi consanguinei, tanto per cominciare) e per tutti i
suoi aspetti sanitari (le modalità di cessione dei gameti, i test obbligatori e
quelli facoltativi, con relativi costi e rimborsi), scongiurando ogni possibile
forma di commercio. Il Parlamento sarebbe costretto a legiferare, ma i tempi
ovviamente non sarebbero brevi: le questioni in gioco sono troppo sensibili per
tollerare un iter-lampo.
Facile a questo punto capire dove
si andrebbe a parare: in attesa di una legge si diffonderebbe l’eterologa senza
regole, consolidando prassi da cui sarebbe sempre più difficile tornare
indietro. Sarebbe vicino, a quel punto, il vero obiettivo: ricostituire una
situazione prossima a quella precedente alla legge 40, di totale arbitrarietà.
Una situazione intollerabile e inammissibile per la mancanza di tutele su
coppie e bambini, che il Parlamento prima, i cittadini poi, e la Consulta
finora, hanno scongiurato. E che nessuno oggi si augura.
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