Alzheimer, il cervello indica se il farmaco è efficace - Studio
italiano, con una risonanza magnetica si trovare il medicinale giusto,
16/05/2012, http://www3.lastampa.it
MILANO
Il nostro cervello è in grado di
rispondere alla terapia farmacologica contro l'Alzheimer? Per svelarlo basta
una risonanza magnetica.
Lo rivela uno studio condotto dal
Dipartimento di Psicologia dell'Università di Milano-Bicocca, in collaborazione
con l'Azienda ospedaliera Niguarda Cà Granda e il Dipartimento di Psicologia
dell'Università di Pavia, pubblicato su Behavioral Neurology: il lavoro ha
dimostrato che i pazienti che subiscono un progressivo peggioramento della
malattia, nonostante il trattamento farmacologico con inibitori
dell'acetilcolinesterasi - principio attivo utilizzato in larga misura nella
terapia per contrastare l'Alzheimer - hanno una significativa atrofia dei
nuclei profondi del cervello colinergici e dei fasci di sostanza bianca circostanti.
«La ricerca - spiega Eraldo
Paulesu, docente di Psicobiologia e responsabile dello studio - rappresenta
quella che gli anglosassoni chiamerebbero una "proof of principle",
ovvero la dimostrazione che potrà diventare possibile monitorare efficacemente
la risposta alla principale classe di farmaci utilizzati per ritardare il
declino cognitivo nella malattia di Alzheimer. Bisogna ricordare - aggiunge
l'esperto - che non esiste un singolo test di laboratorio o clinico per fare
diagnosi di demenza, né tanto meno per predire la risposta ai farmaci che
rendono disponibile una maggior quantità di acetilcolina nel cervello».
«Attraverso una risonanza
magnetica strutturale analizzata con tecnica di Voxel-Based Morphometry -
aggiunge - è possibile individuare le aree del cervello in cui c'è una
riduzione significativa di sostanza grigia oppure di sostanza bianca».
Lo studio, finanziato
dall'Assessorato alla Sanità della Regione Lombardia e condotto su un panel di
23 pazienti, ha dimostrato che una risonanza magnetica strutturale, eseguita
dopo un breve periodo di trattamento farmacologico (9 mesi), permette di
differenziare i pazienti che rispondono alla terapia da quelli che non traggono
beneficio alcuno.
Sebbene preliminari, i risultati
di questo studio rappresentano il primo tentativo sistematizzato di creare un
protocollo multidisciplinare di valutazione dell'efficacia di un farmaco,
protocollo che a lungo andare potrebbe rivelarsi promettente nell'identificare,
prima di iniziare il trattamento, i pazienti a cui prescrivere il farmaco.
Questi risultati potranno avere
un impatto di rilevanza nazionale nel contribuire al miglioramento della
pratica clinica nel trattamento delle demenze e nel ridurre i costi per il
sistema sanitario nazionale. Si stima infatti che in un Paese delle dimensioni
dell'Italia vi siano circa 65.000 nuovi casi di probabile malattia di Alzheimer
ogni anno e che il costo per la cura di ogni singolo paziente sia pari a circa
1.500 euro all'anno. In totale si spendono 8 miliardi di euro all'anno per la
cura delle demenze, di cui oltre 2 per i farmaci.
«Lo studio - conclude Paulesu -
getta le basi per indagini su più larga scala con cui, combinando misure
morfometriche cerebrali e misure neuropsicologiche, si possa predire la
risposta del singolo paziente ad una classe di farmaci, gli
anticolinesterasici, i quali, pur dotati di una qualche efficacia nelle
demenze, sono gravati da potenziali importanti effetti collaterali e da
importanti costi per la sanità pubblica e per i pazienti. Abbiamo avanzato una
richiesta di finanziamento al ministero della Salute per poter condurre quello
studio su più larga scala che ci dovrebbe permettere di passare dalla
dimostrazione della "proof of principle" alla pratica clinica».
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