martedì 11 settembre 2012


THE DAT AFTER - Che cosa accadrà se la legge sulle Dichiarazioni Anticipate di Trattamento viene approvata? Verità e Vita lo spiega in 6 episodi, che verranno diffusi a puntate a partire da lunedì 4 aprile 2011. Per ribadire che legalizzare le DAT è un tragico errore. - http://www.comitatoveritaevita.it


THE DAT AFTER
Comunicato Stampa N. 103

“ La legge sulle DAT è una buona legge. Come la legge 40 sulla fecondazione artificiale, e come la legge 194 sull'aborto ”. Sono in molti, all'interno del mondo cattolico e delle associazioni pro-life, a pensare che la legge sulle dichiarazioni anticipate sia un provvedimento necessario per impedire svariate forme di eutanasia. Fatta salva la buona fede di molti, purtroppo questa tesi è gravemente erronea. Verità e Vita ha spiegato da anni, con analisi molto dettagliate, per quali ragioni questa legge va nella direzione opposta alla difesa del diritto alla vita. Per dimostrarlo, abbiamo preparato una sorta di fiction a puntate - “ The DAT After ” – che affronta ogni volta un caso diverso, partendo da una simulazione: che la normativa in discussione sia stata effettivamente approvata e sia diventata una legge dello Stato italiano. Queste brevi storie - che diffonderemo attraverso il web a partire dal 4 aprile - dimostrano che, purtroppo, la legalizzazione delle DAT è una trappola colossale .

Autore di queste “ proiezioni sul futuro prossimo del morire in Italia ” non è stato un filosofo o un teorico del diritto, ma un magistrato. Dunque, una persona che conosce molto bene il diritto così com'è e come esso viene applicato nelle nostre aule giudiziarie. Speriamo che la lettura di questi brevi racconti possa aprire gli occhi a molte persone.

Per altro, noi siamo in grado fin da ora di ribadire una verità incontrovertibile: e cioè che, quando una norma introduce una breccia nella tutela della vita, deve essere giudicata con fermezza una “ legge gravemente ingiusta ”. Le DAT non possono arginare la cultura dell'eutanasia, per la semplice ragione che il riconoscimento legale delle volontà non attuali della persona è un fatto intrinsecamente sbagliato e funzionale proprio alla sua eliminazione per ragioni pietose. Come sappiamo bene - e come dovrebbero sapere i molti cattolici che inneggiano alle DAT - ogni legge di compromesso su un tema non negoziabile è destinata ad allargare la (anche se minima) breccia che è stata aperta, fino a diventare una voragine.

Dall'analisi condotta dal magistrato Rocchi, vedremo che la legge contiene non soltanto una breccia, ma che assomiglia al pavimento di un vecchio castello , che nasconde decine di botole pronte ad aprirsi sotto i piedi del malcapitati visitatori. Botole che inghiottiranno malati che hanno scelto male il loro tutore, o che hanno scritto le DAT senza riflettere, o handicappati che le DAT non le hanno mai scritte. Botole che inghiottiranno tutte quelle anime candide che in queste ore stanno battendosi per l'approvazione della legge.

Ma, se anche i limiti posti dal legislatore fossero stati molto più ristretti, la norma sulle DAT produrrebbe ugualmente, nel giro di pochi anni, l' introduzione di fatto dell'eutanasia legale . E' già avvenuto in tutti quei Paesi che hanno prima enfatizzato a dismisura la volontà del paziente, e poi si sono ritrovati a giustificare l'uccisione per motivi pietosi di malati che non l'avevano chiesta.

Mario Palmaro

Comitato Verità e Vita

4 Aprile 2011
The DAT After - Episodio I: UN ALTRO CASO WELBY? CERTAMENTE SI’.
Comunicato Stampa N. 104


“ La legge sulle DAT è una buona legge. Come la legge 40 sulla fecondazione artificiale, e come la legge 194 sull'aborto”. Sono in molti, all'interno del mondo cattolico e delle associazioni pro-life, a pensare che la legge sulle dichiarazioni anticipate sia un provvedimento necessario per impedire svariate forme di eutanasia. Fatta salva la buona fede di molti, purtroppo questa tesi è gravemente erronea. Verità e Vita ha spiegato da anni, con analisi molto dettagliate, perché questa legge va nella direzione opposta alla difesa del diritto alla vita. Per dimostrarlo, abbiamo preparato una sorta di fiction a puntate - “ The DAT After ” – che affronta ogni volta un caso diverso, partendo da una simulazione: che la legge in discussione sia stata effettivamente approvata e sia diventata una legge dello Stato italiano. Queste storie dimostrano che, purtroppo, la legalizzazione delle DAT è una trappola colossale. A scriverle non è stato un filosofo o un teorico del diritto, ma un magistrato, che conosce molto bene il diritto così com'è e come esso viene applicato nelle nostre aule giudiziarie. Speriamo che la lettura di questi brevi racconti possa aprire gli occhi a molte persone. "

Mario Palmaro - Presidente del Comitato Verità e Vita



UN ALTRO CASO WELBY? CERTAMENTE SI'.
di Giacomo Rocchi

Il caso:
Pier Giorgio Welby riuscì a farsi uccidere da Mario Riccio che, su sua disposizione, gli staccò il respiratore artificiale che lo teneva in vita e, per non farlo soffrire mentre moriva soffocato, gli iniettò dei sedativi.

Il Giudice penale prosciolse Riccio dall'accusa di omicidio volontario affermando che egli aveva agito nell'adempimento di un dovere: come medico curante di Welby ( che lo aveva nominato qualche giorno prima ) egli aveva infatti l'obbligo di interrompere la “ terapia ”, perché Welby aveva revocato il consenso.

Cosa succederà con la nuova legge?
I medici saranno obbligati ad interrompere la respirazione artificiale ai pazienti che lo chiedono.

I medici saranno obbligati anche ad interrompere la respirazione artificiale ai bambini o agli incapaci se i genitori o i legali rappresentanti lo pretenderanno.

Non è prevista per i medici la possibilità di sollevare obiezione di coscienza. Se, comunque, il medico si rifiutasse, il paziente potrà nominare un altro medico curante.

Motivazione giuridica.
La respirazione ( o ventilazione ) artificiale non è menzionata dalla legge come “ sostegno vitale ” ( come la nutrizione e l'idratazione artificiale ) e, quindi, viene considerata terapia ( articolo 3 comma 5 ).

In quanto terapia i medici non possono attivarla in mancanza del previo consenso informato scritto dell'interessato ( articolo 2 comma 1 ).

Il consenso informato può essere sempre revocato, anche parzialmente ( articolo 2 comma 5 ).

Non esiste nessuna norma che prevede che il rifiuto di terapie salvavita da parte dell'interessato sia inefficace.

( La legge recepisce due principi affermati nella sentenza nei confronti di Mario Riccio: che la respirazione artificiale è terapia e non sostegno vitale e che il consenso inizialmente dato può essere revocato. Si trattava di principi incerti che ora vengono sanciti per legge ).

Quanto ai minori e agli incapaci : per ogni terapia occorre il previo consenso informato scritto dei genitori o del tutore (articolo 2 commi 6 e 7). Il consenso può essere rifiutato o revocato (articolo 2 comma 5).

Non esiste una norma che sancisca l'inefficacia del rifiuto o della revoca del consenso da parte del rappresentante legale nel caso l'omissione della terapia possa portare a morte il minore o l'incapace (un emendamento della sen. Bianconi che prevedeva: “ Il consenso di cui ai commi precedenti non può contenere il rifiuto di trattamenti sanitari utili alla vita e alla salute del paziente. Il medico, ove ritenga che il consenso contenga indicazioni in contrasto con il comma 8-bis, le disattende indicando per iscritto i motivi nella cartella clinica ” è stato bocciato al Senato, su parere contrario del relatore e del governo.

L'unica eccezione riguarda “ una grave complicanza ” o un “ evento acuto ” (articolo 2 comma 9).

Di fronte al rifiuto dei legali rappresentanti degli incapaci di prestare il consenso, il medico può ( non è obbligato ) ricorrere al Giudice ( articolo 8 comma 2 ): se, comunque, è d'accordo con il legale rappresentante e stacca la respirazione non è responsabile della morte dell'incapace ( perché la terapia non poteva proseguire per la revoca del consenso ).



Comitato Verità e Vita


6 Aprile 2011
The DAT After - Episodio II: UN ALTRO CASO ENGLARO? CERTAMENTE SI’.
Comunicato Stampa N. 105


“ La legge sulle DAT è una buona legge. Come la legge 40 sulla fecondazione artificiale, e come la legge 194 sull'aborto”. Sono in molti, all'interno del mondo cattolico e delle associazioni pro-life, a pensare che la legge sulle dichiarazioni anticipate sia un provvedimento necessario per impedire svariate forme di eutanasia. Fatta salva la buona fede di molti, purtroppo questa tesi è gravemente erronea. Verità e Vita ha spiegato da anni, con analisi molto dettagliate, perché questa legge va nella direzione opposta alla difesa del diritto alla vita. Per dimostrarlo, abbiamo preparato una sorta di fiction a puntate - “ The DAT After ” – che affronta ogni volta un caso diverso, partendo da una simulazione: che la legge in discussione sia stata effettivamente approvata e sia diventata una legge dello Stato italiano. Queste storie dimostrano che, purtroppo, la legalizzazione delle DAT è una trappola colossale. A scriverle non è stato un filosofo o un teorico del diritto, ma un magistrato, che conosce molto bene il diritto così com'è e come esso viene applicato nelle nostre aule giudiziarie. Speriamo che la lettura di questi brevi racconti possa aprire gli occhi a molte persone. "

Mario Palmaro - Presidente del Comitato Verità e Vita



UN ALTRO CASO Englaro? CERTAMENTE SI'.
di Giacomo Rocchi

Il caso:
Beppino Englaro è stato autorizzato dalla Corte d’Appello di Milano, su indicazione della Cassazione, a sospendere la nutrizione e l’idratazione artificiale alla figlia Eluana (di cui era stato nominato tutore), provocandone la morte. Egli ha più volte affermato di avere ritenuto la figlia – che si trovava in stato vegetativo persistente – morta fin dal giorno dell’incidente stradale.
La Cassazione aveva affermato che, poiché non vi era nessuna possibilità che la disabile tornasse allo stato di coscienza, il padre/tutore poteva esprimere il rifiuto alla nutrizione e idratazione artificiale – considerati terapia e non sostegno vitale – in sua vece, sia pure rispettando la sua volontà presunta.
Cosa succederà con la nuova legge?
Il tutore può rifiutare ogni forma di terapia per il soggetto in stato vegetativo (che, in quanto mancante di coscienza, può essere interdetto).
Può quindi rifiutare:
l’inserimento e l’avvio di qualsiasi forma di nutrizione artificiale (ad esempio, la piccola operazione necessaria per l’inserimento della PEG);
qualunque altra terapia (ad esempio antibiotici in caso di influenza). Il suo rifiuto – anche se porta alla morte del disabile – è direttamente efficace, senza alcuna necessità di promuovere una causa.
Prima che il soggetto cada nella condizione di stato vegetativo, quando è ancora in coma, il genitore o il tutore può rifiutare respirazione artificiale e terapie di rianimazione.
Il tutore non può chiedere che alimentazione e idratazione artificiale già intraprese vengano interrotte. Tuttavia i medici autonomamente o su azione giudiziaria del tutore possono sospendere la nutrizione e idratazione artificiale se non sono più efficaci.
Ancora: i medici in autonomia (o costretti da un’azione giudiziaria del tutore) possono (o debbono) sospendere ogni terapia nei confronti del disabile incosciente se ritenuti “trattamenti straordinari non proporzionati, non efficaci o non tecnicamente adeguati”.
Motivazione giuridica.
Tra le tante forzature del “caso Englaro” vi era quella di attribuire al padre/tutore il potere di decidere di terapie e sostegno vitale per l’interdetto, anche con conseguenze mortali, come se non si trattasse di diritto “personalissimo”, che quindi può essere esercitato solo dal diretto interessato.
Il progetto di legge conferma questa forzatura e sancisce che i medici, di fronte al rifiuto del legale rappresentante dell’incapace e alla sua richiesta di interrompere le terapie, devono ottemperare, salvo ricorrere al Giudice (se lo ritengono opportuno: ma se medici e tutore saranno d’accordo, non ci sarà nessun ricorso al Giudice).
Come si è detto, il rifiuto del legale rappresentante può anche portare alla morte dell’assistito: è vero che la legge gli impone di avere come “scopo esclusivo la salvaguardia della salute e della vita dell’incapace” (articolo 2 comma 6, ultima frase) ma, ancora una volta, chi giudicherà delle motivazioni che lo spingono, se il ricorso al Giudice non è obbligatorio?
La legge fa un’eccezione quanto al mantenimento dell’alimentazione e idratazione per via artificiale che “devono essere mantenute fino al termine della vita” (articolo 3 comma 5): è una “norma simbolo” per impedire il ripetersi di un altro caso Englaro. Ma, quanto all’attivazione dell’alimentazione e idratazione, conterà il rifiuto opposto dai genitori o dal tutore.
Insomma: si tratta di un’eccezione isolata (un “paletto”) destinato ben presto a cadere; e infatti, alla Camera dei Deputati è già stata approvata l’eccezione alla regola, così generica che, si può presumere, sarà molto ampliata nella sua attuazione.

Più in generale, nei confronti di disabili che si trovano nello stato in cui si trovava Eluana Englaro, ma anche di altre “categorie” di soggetti in stato di incoscienza (ad esempio: neonati prematuri, anziani in stato di demenza), la legge – che li definisce in stato di “fine vita”, anche se non sono affatto in punto di morte – attribuisce ai medici il potere/dovere di “astenersi da trattamenti straordinari non proporzionati, non efficaci o non tecnicamente adeguati rispetto alle condizioni cliniche del paziente o agli obbiettivi di cura” (articolo 1 comma 1 lettera e). Insomma: i medici possono smettere di curarli (in tutto o in parte) sulla base di questa valutazione. Non solo: i legali rappresentanti degli incapaci – se non riusciranno a far interrompere le terapie – potranno far causa ai medici, accusandoli di accanimento terapeutico e ottenendo dai Giudici l’ordine di interruzione delle terapie.
Questo potere/dovere dei medici di interrompere terapie “sproporzionate” rispetto agli “obbiettivi di cura” vale anche se, nella Dichiarazione anticipata di trattamento, il soggetto avrà dato il consenso (o l’ordine) di usare tutti i mezzi e i medicinali utili a mantenerlo in vita!
Comitato Verità e Vita


8 Aprile 2011
The DAT After - Episodio III: A COSA SERVE L’AMMINISTRATORE DI SOSTEGNO?
Comunicato Stampa N. 106


“ La legge sulle DAT è una buona legge. Come la legge 40 sulla fecondazione artificiale, e come la legge 194 sull'aborto”. Sono in molti, all'interno del mondo cattolico e delle associazioni pro-life, a pensare che la legge sulle dichiarazioni anticipate sia un provvedimento necessario per impedire svariate forme di eutanasia. Fatta salva la buona fede di molti, purtroppo questa tesi è gravemente erronea. Verità e Vita ha spiegato da anni, con analisi molto dettagliate, perché questa legge va nella direzione opposta alla difesa del diritto alla vita. Per dimostrarlo, abbiamo preparato una sorta di fiction a puntate - “ The DAT After ” – che affronta ogni volta un caso diverso, partendo da una simulazione: che la legge in discussione sia stata effettivamente approvata e sia diventata una legge dello Stato italiano. Queste storie dimostrano che, purtroppo, la legalizzazione delle DAT è una trappola colossale. A scriverle non è stato un filosofo o un teorico del diritto, ma un magistrato, che conosce molto bene il diritto così com'è e come esso viene applicato nelle nostre aule giudiziarie. Speriamo che la lettura di questi brevi racconti possa aprire gli occhi a molte persone. "

Mario Palmaro - Presidente del Comitato Verità e Vita



A COSA SERVE L’AMMINISTRATORE DI SOSTEGNO?
di Giacomo Rocchi

Il caso:
Poco tempo fa ha fatto scalpore un decreto del Giudice tutelare di Firenze che ha autorizzato l’amministratore di sostegno di una persona attualmente capace di intendere e di volere di rifiutare terapie e cure quando l’assistito si troverà in condizione di incapacità.
Si è detto: i Giudici si arrogano un potere che la legge non dà loro! La legge sulle dichiarazioni anticipate di trattamento risolverà anche questa questione!
Cosa succederà con la nuova legge?
L’amministratore di sostegno cui è attribuita la rappresentanza dell’assistito in ordine alle situazioni di carattere sanitario potrà rifiutare tutte le terapie e cure (allo stesso modo del tutore o dei genitori del figlio minore): il suo rifiuto sarà efficace, anche se porterà a morte l’assistito.
Motivazione giuridica.
Il potere dell’amministratore di sostegno è previsto (con gli stessi poteri del tutore) dall’articolo 2 comma 6 del progetto di legge.
Perché tanto scandalo per quanto deciso a Firenze? Forse per nascondere che la legge autorizza esattamente la stessa cosa?


Comitato Verità e Vita


11 Aprile 2011
The DAT After - Episodio IV: RIANIMARE I NEONATI PREMATURI?
Comunicato Stampa N. 107


“La legge sulle DAT è una buona legge. Come la legge 40 sulla fecondazione artificiale, e come la legge 194 sull'aborto”. Sono in molti, all'interno del mondo cattolico e delle associazioni pro-life, a pensare che la legge sulle dichiarazioni anticipate sia un provvedimento necessario per impedire svariate forme di eutanasia. Fatta salva la buona fede di molti, purtroppo questa tesi è gravemente erronea. Verità e Vita ha spiegato da anni, con analisi molto dettagliate, perché questa legge va nella direzione opposta alla difesa del diritto alla vita. Per dimostrarlo, abbiamo preparato una sorta di fiction a puntate - “ The DAT After ” – che affronta ogni volta un caso diverso, partendo da una simulazione: che la legge in discussione sia stata effettivamente approvata e sia diventata una legge dello Stato italiano. Queste storie dimostrano che, purtroppo, la legalizzazione delle DAT è una trappola colossale. A scriverle non è stato un filosofo o un teorico del diritto, ma un magistrato, che conosce molto bene il diritto così com'è e come esso viene applicato nelle nostre aule giudiziarie. Speriamo che la lettura di questi brevi racconti possa aprire gli occhi a molte persone. "

Mario Palmaro - Presidente del Comitato Verità e Vita



RIANIMARE I NEONATI PREMATURI?
di Giacomo Rocchi

Il caso:
Da molti anni una parte del mondo scientifico propone di non rianimare e lasciar morire quei neonati che, in conseguenza di un parto prematuro, possono sì, essere assistiti con una buona probabilità di successo, con l’aiuto delle nuove tecniche di rianimazione neonatale, ma rischiano di riportare handicap permanenti. Il tristemente noto “protocollo di Groningen” divide i bambini in categorie, a seconda della settimana in cui sono nati, e dispone che i più sfortunati non vengano rianimati.
Qualche tentativo di introdurre questo sistema è stato fatto anche in Italia, ma è stato sonoramente bocciato da due documenti del Comitato Nazionale di Bioetica e del Consiglio Superiore di Sanità che hanno ribadito che ogni bambino (sempre che abbia qualche chance di sopravvivenza) deve essere adeguatamente assistito.
Cosa succederà con la nuova legge?
I genitori dei bambini potranno rifiutare il consenso alle terapie (talvolta lunghe, sicuramente intense) che i neonatologi potranno approntare. In mancanza del loro consenso scritto i medici non potranno procedere (salvo ricorrere al giudice).
Chi deciderà davvero? I genitori stravolti dalla nascita prematura e terrorizzati dalla vista del loro figlio tanto piccolo sottoposto a terapie intense o i medici che rappresenteranno loro le probabilità di sopravvivenza e quelle di avere un figlio disabile per tutta la vita?

Motivazione giuridica
La norma di riferimento è l’articolo 2 comma 7. Il fatto che il parto prematuro avvenga all’improvviso potrà essere considerato un “evento acuto” che permetterà ai medici di intraprendere le prima terapie rianimatorie (articolo 2 comma 9): ma una volta stabilizzata la situazione, i genitori potranno chiedere di interrompere i trattamenti.
Il caso dei neonati prematuri è simbolico per dimostrare quanto conti davvero l’autodeterminazione: quei bambini non potranno certo dire la loro!
Anche la posizione dei medici è esemplare: essi non correranno nessun rischio nel caso i genitori dispongano la cessazione delle terapie ma saranno in grado di influenzare in modo decisivo la decisione. Non dimentichiamo che, tra coloro che auspicano l'eutanasia neonatale vi sono anche dei medici!
I neonatologi volenterosi (il cui impegno di questi decenni ha prodotto un avanzamento tecnico e medico eccezionale, permettendo di salvare bambini che, fino a pochi decenni orsono erano destinati a morte certa) avranno le mani legate.

Comitato Verità e Vita


13 Aprile 2011
The DAT After - Episodio V: IL (LIBERO?) CONSENSO (INFORMATO?) E IL TESTAMENTO BIOLOGICO DELL’ANZIANO ABBANDONATO
Comunicato Stampa N. 108


“La legge sulle DAT è una buona legge. Come la legge 40 sulla fecondazione artificiale, e come la legge 194 sull'aborto”. Sono in molti, all'interno del mondo cattolico e delle associazioni pro-life, a pensare che la legge sulle dichiarazioni anticipate sia un provvedimento necessario per impedire svariate forme di eutanasia. Fatta salva la buona fede di molti, purtroppo questa tesi è gravemente erronea. Verità e Vita ha spiegato da anni, con analisi molto dettagliate, perché questa legge va nella direzione opposta alla difesa del diritto alla vita. Per dimostrarlo, abbiamo preparato una sorta di fiction a puntate - “ The DAT After ” – che affronta ogni volta un caso diverso, partendo da una simulazione: che la legge in discussione sia stata effettivamente approvata e sia diventata una legge dello Stato italiano. Queste storie dimostrano che, purtroppo, la legalizzazione delle DAT è una trappola colossale. A scriverle non è stato un filosofo o un teorico del diritto, ma un magistrato, che conosce molto bene il diritto così com'è e come esso viene applicato nelle nostre aule giudiziarie. Speriamo che la lettura di questi brevi racconti possa aprire gli occhi a molte persone. "

Mario Palmaro - Presidente del Comitato Verità e Vita

IL (LIBERO?) CONSENSO (INFORMATO?) E IL TESTAMENTO BIOLOGICO DELL’ANZIANO ABBANDONATO
di Giacomo Rocchi

Il caso:
Il rapporto tra un medico e un paziente è un'esperienza umana che non si può definire in termini esatti e giuridici: comprende fiducia, informazione, paura, sostegno umano, conoscenza medica, psicologia … Quello che è stato bollato come “ medico paternalista ” è un professionista che sa accompagnarci nelle sofferenze e nelle malattie, ci conosce, sa come spiegarci e cosa spiegarci, ci aiuta a scegliere: una persona di cui ci possiamo fidare.

Il rapporto con il medico, però, presuppone un patto tacito: il medico non lascerà morire e non farà morire il paziente fino a quando è giunto il momento della morte naturale.

Cosa succederà con la nuova legge?
Il rapporto tra medici e pazienti è reso formale e rigido, fatto di diritti e obblighi.

Il paziente ha il diritto di prestare o rifiutare il consenso alle terapie, ha il diritto di revocare il consenso prestato per farle interrompere, ha il diritto di rifiutare le informazioni, ha il diritto di fare una dichiarazione anticipata di trattamento e nominare un fiduciario, ha diritto a chiedere in giudizio l'interruzione di cure che ritiene costituire accanimento terapeutico. Analogamente il fiduciario da lui nominato o i suoi parenti avranno diritti ed azione verso i medici: il fiduciario, addirittura, potrà instaurare una controversia contro il medico curante davanti ad un collegio di specialisti.

L'esercizio di questi diritti è sempre esplicitato con atti scritti: il consenso alle terapie, la revoca, la scelta di non essere informato, la dichiarazione anticipata di trattamento.

I medici, dal canto loro, hanno obblighi e divieti: l'obbligo di informare il paziente sui trattamenti sanitari più appropriati, il divieto di trattamenti straordinari per i pazienti in stato di “fine vita”, il divieto di attivare trattamenti sanitari in mancanza del previo consenso scritto del paziente, l'obbligo di interromperli in caso di revoca.

Ma queste regole (che sono già tutte scritte nel codice deontologico dei medici, ma che ora diventano regole giuridiche) non garantiscono affatto il paziente di essere davvero informato e davvero libero; e, soprattutto, il medico, ora, può farlo morire, se lui lo chiede.

Un esempio? La legge impone che “ l'espressione del consenso è preceduta da corrette informazioni rese dal medico curante al paziente in maniera comprensibile circa diagnosi, prognosi, scopo e natura del trattamento sanitario proposto, benefici e rischi prospettabili, eventuali effetti collaterali, nonché circa le possibili alternative e le conseguenze del rifiuto del trattamento ”: in sostanza, ogni volta che ci prescriverà un medicinale, il medico, prima di farci firmare il foglio di consenso informato, dovrà elencarci tutto quello che è scritto nel “ bugiardino ” che troviamo nella confezione.

Sarà davvero così? O forse il modulo che ci faranno firmare riporterà la frase standard: “ il sottoscritto dichiara di essere stato correttamente informato su diagnosi, prognosi, scopo e natura del trattamento ecc. ecc.”? Ma il consenso che avremo prestato, firmando il foglio, sarà ugualmente valido.

E cosa succede se il medico non propone al paziente “ i trattamenti sanitari più appropriati ”?

Per il medico niente: non essendovi consenso ai trattamenti sanitari che egli non ha proposto, non sarà responsabile per gli effetti della mancata terapia.

Ma soprattutto: con che spirito l'anziano abbandonato in un ospizio insisterà per una terapia salvavita la cui decisione, ora, ricade su di lui? Sarà veramente libero di dire “ sì ” o “ no ”?

Certamente ha perso il suo alleato, il medico.

E quanto alle Dichiarazioni anticipate di trattamento? Come avrà la forza di opporsi a coloro che gli diranno (o gli faranno intendere): “ Non vorrai mica gravare ancora sulla tua famiglia e sulla società, pretendendo di restare vivo quando sarai malato e incosciente? ”

Motivazione giuridica
La legge vieta l'eutanasia e richiama i divieti di omicidio, omicidio del consenziente e aiuto al suicidio (articolo 1 comma 1 lettera c) ma, riconoscendo efficace il rifiuto alle terapie salvavita, non impedisce che la morte venga procurata per omissione di terapie o sostegno vitale; ribadisce che la vita umana è “ diritto inviolabile e indisponibile ” (articolo 1 comma 1 lettera a), ma conferma che “ nessun trattamento sanitario – quindi anche quello salvavita – non può essere attivato a prescindere dal consenso informato ” (articolo 1 comma 1 lettera e).

Non c'è dubbio che – trasformando gli obblighi deontologici in regole giuridiche – il rapporto tra medico e paziente cambia: la forma scritta è prescritta dall'art. 2 comma 3 che è una norma ipocrita: “ L'alleanza terapeutica costituitasi all'interno della relazione fra medico e paziente ai sensi del comma 2 si esplicita in un documento di consenso informato, firmato dal paziente, che diventa parte integrante della cartella clinica ”: viene “ sbandierata ” l'alleanza terapeutica, ma l'unica cosa che conta è la firma in calce al documento. La forma scritta è prevista anche dall'articolo 2 comma 4 e, per le dichiarazioni anticipate di trattamento, dall'articolo 4.

Nessuna sanzione (nemmeno l'invalidità del consenso prestato da paziente) è prevista nel caso che il medico non abbia proposto i trattamenti sanitari più appropriati (articolo 1 comma 1 lettera d) o non abbia reso le “ corrette informazioni ” previste dall'articolo 2 comma 2.

Allo stesso modo consenso informato e dichiarazioni anticipate di trattamento devono essere scritte “ in piena libertà e consapevolezza ” (articolo 2 comma 1 per il consenso informato, articolo 4 comma 2 per le DAT) e, naturalmente, “in stato di piena capacità di intendere e di volere ” (articolo 4 comma 1), ma nessuna sanzione (tanto meno l'invalidità delle DAT o del consenso prestato) è prevista se il paziente non si trova davvero in piena libertà psicologica (magari è spinto dai suoi familiari a firmare le DAT), oppure è affetto da depressione, oppure, ancora, si è ingannato (o è stato ingannato) sull'effettivo contenuto del foglio che va a firmare.
Comitato Verità e Vita


15 Aprile 2011
The DAT After - Episodio VI: LE DICHIARAZIONI ANTICIPATE DI TRATTAMENTO DEL GIOVANE PALESTRATO
Comunicato Stampa N. 109


“La legge sulle DAT è una buona legge. Come la legge 40 sulla fecondazione artificiale, e come la legge 194 sull'aborto”. Sono in molti, all'interno del mondo cattolico e delle associazioni pro-life, a pensare che la legge sulle dichiarazioni anticipate sia un provvedimento necessario per impedire svariate forme di eutanasia. Fatta salva la buona fede di molti, purtroppo questa tesi è gravemente erronea. Verità e Vita ha spiegato da anni, con analisi molto dettagliate, perché questa legge va nella direzione opposta alla difesa del diritto alla vita. Per dimostrarlo, abbiamo preparato una sorta di fiction a puntate - “ The DAT After ” – che affronta ogni volta un caso diverso, partendo da una simulazione: che la legge in discussione sia stata effettivamente approvata e sia diventata una legge dello Stato italiano. Queste storie dimostrano che, purtroppo, la legalizzazione delle DAT è una trappola colossale. A scriverle non è stato un filosofo o un teorico del diritto, ma un magistrato, che conosce molto bene il diritto così com'è e come esso viene applicato nelle nostre aule giudiziarie. Speriamo che la lettura di questi brevi racconti possa aprire gli occhi a molte persone. "

Mario Palmaro - Presidente del Comitato Verità e Vita

LE DICHIARAZIONI ANTICIPATE DI TRATTAMENTO DEL GIOVANE PALESTRATO
di Giacomo Rocchi

Il caso:
Attualmente i nostri figli diciottenni non possono disporre in nessun modo sulle terapie che, se e quando, nella vita che li attende, saranno colpiti da malattie o da traumi, potranno essere loro erogate.

Non pare davvero che, fino ad oggi, questi ragazzi si siano sentiti lesi in qualche diritto …

Cosa succederà con la nuova legge?
Per firmare le dichiarazioni anticipate di trattamento bastano 18 anni. A quell'età un soggetto potrà, con una semplice firma in calce ad un modulo dattiloscritto, così disporre: “Io sottoscritto, nel pieno delle mie facoltà mentali e in totale libertà di scelta, dispongo quanto segue: in caso di a) malattia o lesione traumatica cerebrale irreversibile e invalidante, b) malattia che mi costringa a trattamenti permanenti con macchine o sistemi artificiali che impediscano una normale vita di relazione, chiedo di non essere sottoposto ad alcun trattamento terapeutico o di sostegno” (si tratta del modulo proposto da Umberto Veronesi; attualmente la rinuncia al trattamento di sostegno è parzialmente inefficace): potrà, quindi, ad esempio, disporre che, nel caso in cui si trovi in coma, vengano staccate le attrezzature di rianimazione.

Ma se le DAT sono un'estensione del consenso informato alle terapie, quel ragazzo che tipo di informazione avrà?

Come si fa ad essere davvero informati di una malattia (nemmeno nominata!) se siamo in piena salute e abbiamo la vita davanti a noi?

Ci penserà il medico di famiglia ad informare compiutamente il ragazzo?

Motivazione giuridica
L'articolo 4 comma 1 del progetto di legge prevede che “Le DAT non sono obbligatorie, sono redatte in forma scritta con atto avente data certa e firma del soggetto interessato maggiorenne, in piena capacità di intendere e di volere dopo una compiuta e puntuale informazione medico-clinica , e sono raccolte esclusivamente dal medico di medicina generale che contestualmente le sottoscrive”.

Come fa il medico di base a dare ad un diciottenne in piena salute una compiuta e puntuale informazione medico-clinica che riguardi il suo futuro?

Dovrebbe rappresentare al ragazzo tutte le malattie da cui potrebbe essere affetto nei prossimi 80 anni, di qualunque tipo (e se il ragazzo da grande viaggerà? Sarà meglio anche parlare delle malattie tropicali …), nonché di tutti gli incidenti ed accidenti che gli potrebbero capitare nella vita; dovrà poi descrivere i sintomi di ciascuna malattia o trauma, le possibili evoluzioni, la percentuale di guarigione, gli effetti della malattia sul corpo e sulla mente, lo stato della ricerca scientifica sulle malattie (in 80 anni qualche progresso ci sarà!) ecc. ecc.

La “compiuta informazione medico clinica” nelle DAT è palesemente una finzione.

Giacomo Rocchi

Comitato Verità e Vita



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