BIOSCIENZE/ Il "veleno" per i microbi che sfida la
tubercolosi – Redazione, il sussidiario.net, martedì 27 settembre 2011
Si sa ormai da tempo che per
distruggere i microbi i nostri sistemi immunitari li privano di nutrienti
essenziali come i metalli pesanti tra cui il ferro. Ora una nuova ricerca che
ha coinvolto i ricercatori francesi, italiani e britannici, porta ulteriori
conoscenze in questa area mostrando che il processo funziona anche nell’altra
direzione. Le cellule immunitarie sono anche in grado di mobilitare riserve di
metalli pesanti, in particolare di zinco, per avvelenare i microbi.
I bioscienziati conoscono
attualmente due microbi che subiscono questo processo: sono il Mycobacterium
tuberculosis e il più noto Escherichia coli. Il primo è l’agente responsabile
della tubercolosi negli esseri umani, una malattia che causa quasi due milioni
di morti l’anno in tutto il mondo. Si stima che un terzo della popolazione
mondiale sia portatore di infezioni latenti e, a livello globale, l’incidenza
della tubercolosi aumenta del 2% ogni anno. Dal canto loro, alcuni ceppi di
Escherichia coli possono causare gravi infezioni del sistema digestivo e di
quello urinario.
Il team di ricercatori coordinati
da Hélène Botella, dell’Institut de Pharmacologie et de Biologie Structurale
del Cnrs francese e dell’Università di Tolosa, ha operato all’interno del
progetto “Molecular markers of M. tuberculosis early interactions with host
phagocytes” (MM-TB) nell’ambito dell’area tematica “Scienze della vita,
genomica e biotecnologie per la salute” del Sesto programma quadro della Ue.
Obiettivo principale del progetto
era sviluppare nuovi marcatori di protezione e di identificare schemi
molecolari unici sia nei microbi che nelle cellule ospiti associati con le
prime interazioni tra il bacillo Mycobacterium tuberculosis e le cellule che
ingeriscono e distruggono le particelle estranee, batteri e residui cellulari.
La scoperta, descritta
nell’articolo “Mycobacterial P1-Type ATPases Mediate Resistance to Zinc
Poisoning in Human Macrophages” pubblicato sulla rivista Cell Host &
Microbe, consiste in una nuova tecnica tutta naturale usata dal nostro sistema
immunitario per prevenire le infezioni. I ricercatori mostrano come lo zinco,
un metallo pesante che è tossico ad alte dosi, venga usato dalle cellule del
nostro sistema immunitario per distruggere microbi come quelli indicati.
I ricercatori hanno notato che
nelle cellule del sistema immunitario che avevano ingerito Mycobacterium tuberculosis
o Escherichia coli vi era un accumulo rapido e continuo di zinco. Essi hanno
anche osservato che sulla superficie dei microbi venivano prodotte numerose
proteine. Il compito di queste ultime era quello di smaltire in modo efficace i
metalli pesanti agendo da “pompe”. Questo significa che nelle cellule del
sistema immunitario i microbi sono esposti a quantità potenzialmente tossiche
di zinco e che essi provano quindi a difendersi dall’intossicazione
sintetizzando queste proteine-pompe. Bloccando le pompe mediante operazioni di
ingegneria genetica, i ricercatori sono riusciti a concludere che Mycobacterium
tuberculosis ed Escherichia coli diventano persino più sensibili alla
distruzione da parte delle cellule del sistema immunitario.
Lo studio mostra che, nonostante
sia tossico, quando viene ingerito in quantità troppo elevate, lo zinco può
essere benefico per il sistema immunitario quando viene usato dalle sue cellule
per avvelenare i microbi. Oltre a riaprire il dibattito sull’integrazione
alimentare, queste scoperte potrebbero anche portare a nuovi antibiotici in
grado di bloccare l’azione delle pompe dei microbi sui metalli o a nuovi ceppi
indeboliti per i vaccini, che sono già stati sperimentati come possibili
vaccini.
Grazie all’utilizzo di approcci
di profilatura trascrizionale, la genomica comparativa offre un’opportunità
altamente innovativa di decifrare le interazioni del Mycobacterium tuberculosis
con il sistema immunitario. In particolare, si pensa che le prime interazioni
tra il bacillo Mycobacterium tuberculosis e le cellule ospiti giochino un ruolo
cruciale nella preparazione della risposta immunitaria di protezione e nel
determinare l’esito dell’infezione.
La scoperta di questo nuovo
meccanismo naturale di difesa contro le infezioni ha delle implicazioni per lo
sviluppo di nuove strategie terapeutiche e per la sperimentazione di nuovi
possibili vaccini. Gli scienziati devono ora capire se esistono dei meccanismi
equivalenti per altri metalli pesanti, come, ad esempio, il rame.
(Michele Orioli)
© Riproduzione riservata.
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