giovedì 29 settembre 2011


In politica domina il partito dei vizi pubblici di Tommaso Scandroglio, 29-09-2011, http://www.labussolaquotidiana.it/

Siamo tutti d’accordo. Sacrosanto indignarsi per una politica che getta nel cestino dei rifiuti il decoro istituzionale barattandolo con sordidi piaceri venerei. Dal politico non ci aspettiamo solo che non delinqua e che amministri la res publica al meglio, ma che, rispolverando un’espressione che suona un po’ vetusta, brilli per dirittura morale. Ce lo ricorda persino la Costituzione all’articolo 54.


Ecco però, il problema sta proprio nella dirittura morale. Per alcuni si arresta al punto vita. Solo sotto la cintura si agita il nero mare della riprovazione sociale. In questa prospettiva degne di vesti stracciate sono unicamente le intemperanze sessuali. Tutt’al più accanto a queste il biasimo si potrebbe estendere a condotte anti-ecologiche e a giudizi un po’ fuori dal coro su temi quali omosessualità e islam. Per il resto ognuno faccia come creda.


E così a leggere la trinità laica della carta stampata – Corriere, Repubblica e La Stampa – il sesto comandamento è un po’ come se fosse la summa di tutte le turpitudini peggiori che possa commettere il politico di professione. Se l’abitazione privata di quest’ultimo si trasforma in alcova, la smorfia di disgusto è assicurata dalle anime belle del politically correct. Se invece nella casa di tutti gli italiani, che è il Parlamento, quello stesso politico vara una legge contro la vita, allora il disgusto si trasforma in plauso.


In parole povere il doppiopesismo è pratica ben rodata in alcune redazioni e dunque non infrequente che la penna che un giorno ha fustigato il premier per i suoi scivoloni a luci rosse sia poi la stessa che il giorno dopo verghi parole di lode per aborto, fecondazione artificiale, eutanasia e divorzio. Queste condotte oggettivamente sono più gravi e perciò dovrebbero meritare maggior censura. Dunque è assai più riprovevole che un politico voti una legge per favorire l’aborto che vada a prostitute. Anche perché una vita dongiovannesca inquina il bene comune molto meno che una norma che permetta a tutti di uccidere il proprio bambino che si porta in grembo o di staccare la spina al nonno morente. Le pratiche amatorie fuori dal talamo nuziale per quanto oscene possano essere recano un danno molto minore alla collettività rispetto a norme che rendono legittime condotte assai più nefaste a “maleficio” di un numero ben maggiore di persone. In definitiva e per far nostre le categorie del sessualmente corretto: cosa è più lascivo e sconcio, la fornicazione o produrre essere umani in provetta? Cosa più impudico e disdicevole, il bunga-bunga o le pratiche abortive?


Non sono queste affermazioni assolutorie di oggettive e indecenti bassezze morali. Infatti occorre rammentare che la cartina tornasole del buon governo non è dato dall’indice di scabrosità della vita privata dell’onorevole, ma dalle scelte compiute da questo per il bene comune. Una manciata e più di escort non valgono sulla bilancia della moralità come un solo comma della legge 194 che ha legalizzato l’aborto nel nostro paese. Beninteso: anche la vita privata del politico incide sul bene collettivo – lo scandalo è da evitarsi – ma ha minor peso di altre scelte. E’ quindi da preferire un politico non irreprensibile nelle condotte private ma che non cede sulle grandi questioni della vita pubblica, piuttosto che uno integerrimo tra le mura domestiche ma firmatario di leggi che mandano nella fossa i principi non negoziabili, quali vita, famiglia, educazione e libertà religiosa. Nella prospettiva politica le virtù pubbliche pesano di più che i vizi privati.


Ma forse sotto sotto i sostenitori della presente campagna contro la trivialità personale sono con molta ipocrisia ben coscienti di tutto ciò. E portano avanti la loro battaglia al calor bianco perché semplicemente strumentale all’abbattimento del nemico, infischiandose in cuor loro delle notti brave ad Arcore.


Il puritanesimo è dunque arma vincente in politica, dove vale più l’etichetta che l’etica, dove il bon ton è l’unità di misura del lecito, dove una pagliuzza lasciata sul letto dell’amante pesa di più di una trave che ha colpito a morte milioni di innocenti come nel caso della legge sull’aborto.

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