Educazione, l'Europa espropria la famiglia in tribunale di Marco
Respinti, 30-09-2011, http://www.labussolaquotidiana.it
Il 22 settembre la Corte Europea
dei Diritti dell’Uomo (CEDU) ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato
da 5 coppie di genitori tedeschi cristiani battisti che, per essersi rifiutati
di mandare i propri figli, frequentanti le elementari, al corso di
"educazione" sessuale previsto obbligatoriamente dall’ordinamento
scolastico ma da loro ritenuto immorale anche per l’uso di immagini e
situazioni giudicate pornografiche, erano stati multati e trascinati in
tribunale. Fortunati, del resto, rispetto a quegli altri genitori, molti, che,
per le medesime ragioni, sono invece finiti addirittura in carcere, in alcuni
casi persino per diverse settimane. La decisione presa dalla CEDU è del resto
definitiva, ovvero - Strasburgo locuta, causa finita - il caso è chiuso, con
sconfitta totale dei genitori.
Scuola per scuola, leggere le
motivazioni della Corte - disponibili solo in inglese e sintetizzate in un
articolato comunicato stampa emesso in francese, in inglese e in tedesco - è
altamente istruttivo per almeno quattro ragioni.
La prima. Nel dare torto marcio
ai genitori tedeschi preoccupati dall’educazione integrale e matura dei propri
figli, «la Corte ricorda di avere già esaminato il sistema tedesco che impone
la frequenza obbligatoria della scuola elementare» e di avere già giudicato
che, «introducendo questo sistema», lo Stato tedesco «ha puntato a garantire
l’integrazione sociale dei ragazzi volendo evitare il sorgere di società
parallele […]».
La seconda. «La Corte osserva che
i corsi di educazione sessuale in questione miravano […] alla trasmissione
neutra di conoscenze riguardanti la procreazione, la contraccezione, la
gravidanza e la nascita, fornita in osservanza della normativa giuridica
vigente e delle linee-guida conseguenti, nonché dei programmi scolastici che si
basano sugli attuali standard scientifici ed educativi».
La terza. «La Corte reitera in
questo contesto che la Convenzione [Europea per la salvaguardia dei diritti
dell'uomo e delle libertà fondamentali] non garantisce il diritto a non essere
esposti a opinioni contrarie alle proprie convinzioni»
La quarta. Del resto, «[…] i
genitori che hanno fatto riscorso erano liberi di educare i propri figli dopo
la scuola e nei fine-settimana, e così il loro diritto a educare i figli in
base alle loro convinzioni religiose non è stato limitato in maniera
spropositata».
Traducendo in lingua piana il
linguaggio burocratico utilizzato nella decisione, si evince che il supremo
tribunale europeo per la tutela dei diritti umani riconosce allo Stato democratico
moderno, in questo caso quello tedesco,
l’insindacabilità del dovere di
educare i propri cittadini, dovere che lo Stato democratico moderno si è dato e
si dà da sé in modo altrettanto insindacabile;
la libertà assoluta
d’interpretare a proprio (ancora una volta) insindacabile giudizio
quell’autoconferito dovere di educare i cittadini, e questo anche contro le
loro convinzioni profonde che invece è - questo sì - suo dovere principale
tutelare come diritti fondamentali.
In compenso, alle famiglie composte
da quei cittadini che allo Stato democratico moderno spetta come compito
specifico tutelare nei propri diritti fondamentali, primo fra tutti quello alla
libertà religiosa da cui anche consegue la loro potestà educativa
impone di sottostare (una volta in
più) insindacabilmente a qualsiasi decisione lo Stato assuma in un ambito tanto
delicato qual è l’educazione dei più piccoli purché tale decisione lo Stato la
assuma in coerenza con i limiti giuridici che (sempre) insindacabilmente lo
Stato pone a se stesso;
permette libertà d’intervento in
ambito educativo solo dopo lo Stato e nei ritagli di tempo da questo lasciati.
Ma l’aspetto più grave è che la
decisione della CEDU garantisce a uno Stato democratico moderno, in questo caso
la Germania, il monopolio assoluto sulla trasmissione di informazioni a minori
in un ambito tanto delicato qual è quello che riguarda la sessualità umana,
attraverso la falsa idea che su questi temi sia possibile praticare la
neutralità e che per giunta solo lo Stato la sappia, attraverso gli strumento
dell’obbligo scolastico e dell’inappellabilità dei programmi scolastici,
garantire con efficacia.
Allo Stato viene insomma
garantito il monopolio dell’educazione contro le famiglie.
Va infatti da sé che il solo
evocare in questo ambito, come fa la decisione della CEDU, «la contraccezione»
smaschera subito non solo l’ipocrisia ma soprattutto la malafede e il falso
ideologico della presunta «trasmissione neutra» di dette notizie. Non esiste,
infatti - come bene sanno i battisti censurati dalla CEDU e assieme a loro
milioni di credenti ma anche di persone "laiche" intellettualmente
oneste - «la contraccezione» insegnata in modo neutro. Anzi, non esiste del
tutto «la contraccezione» neutra. Già introdurne il concetto in ambito di
educazione sessuale - per di più rivolta ai minori, imponendo cioè argomenti
non neutri a soggetti ancora privi di piena capacità critica di giudizio -
tradisce una intenzionalità fortissima, un orientamento preciso e uan
scorrettezza palese: non metterebbe automaticamente al sicuro nemmeno il
semplice parlare in quell’ambito di "paternità responsabile" sine
glossa, giacché qualcuno potrebbe volervi comunque maliziosamente leggere
dentro «la contraccezione», figuriamoci l’introdurne esplicitamente, come
incontrovertibilmente fa da oggi la decisione della CEDU, la sostanza.
La decisione della CEDU è cioè di
gravità capitale poiché sancisce l’isolamento della sessualità - al netto delle
credenze religiose di ognuno, che comunque non sono cosa dismissibile con
sufficienza - dall’educazione globale della persona alla realtà, alla ragione e
alla verità delle cose, ovvero dall’educazione alla responsabilità e all’umano
in tutti i loro fattori nessuno escluso che è compito primario della famiglia
dare e che solo la famiglia, per ragioni che allo Stato sono impossibili
persino in modo "fisico", può e sa dare.
Esplicitamente, la decisione
della CEDU ritaglia per la famiglia solo un contentino inaccettabile.
Del resto, che un’offensiva così
dannosa per la persona e per la famiglia venga scatenata utilizzando l’arma
dell’educazione e spingendo il tasto della sessualità non è affatto un caso.
Nel discorso rivolto il 10
gennaio 2011 al Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede,
"doverosamente" equivocato dalla gran parte dei media italiani, Papa
Benedetto XVI ha detto di non poter in tutta coscienza «passare sotto silenzio
un’altra minaccia alla libertà religiosa delle famiglie in alcuni Paesi
europei», famiglie minacciate nella proprie libertà fondamentale in quelle
parti del Vecchio Continente «dove è imposta la partecipazione a corsi di
educazione sessuale o civile che trasmettono concezioni della persona e della
vita presunte neutre, ma che in realtà riflettono un’antropologia contraria
alla fede e alla retta ragione».
Quel «presunte neutre» detto dal
pontefice va sottolineato. Denuncia apertamente il tentativo di spacciare
surrettiziamente per "senso comune" e persino per "scienza"
ciò che invece è solo ideologia e partigianeria.
Inoltre, non si può non vedere
come, a otto mesi distanza, la decisione della CEDU contraddica
esplicitamente il magistero del Santo
Padre, il quale – come La Bussola Quotidiana rilevava in quel frangente -
stabilisce in detta circostanza due punti fermi.
«Intanto - ed è il primo punto
fermo - il riferimento alle famiglie, come titolari del diritto alla libertà
religiosa. Anche nella Dichiarazione Universale dei Diritti umani, non è
l’individuo ma la famiglia "la cellula fondamentale della società",
perché senza famiglia non c’è la persona. E la famiglia è un istituto che
precede lo Stato sia cronologicamente sia ontologicamente. La tutela dei
diritti e delle prerogative della famiglia è dunque una garanzia di libertà per
tutti, antidoto a ogni statalismo e totalitarismo. Tra questi diritti della
famiglia, c’è quello alla libertà religiosa incluso il diritto ad educare i
figli secondo la propria concezione della vita. La libertà di educazione
discende proprio da questo principio».
Inoltre - ed è il secondo punto
fermo - l’educazione sessuale o civile «c’entra, perché in Europa - e non solo
- si è ormai affermata una visione che vede necessario “espropriare” i genitori
dalla funzione di educatori per promuovere un insegnamento dell’educazione sessuale
nelle scuole fin dall’infanzia secondo una visione edonistica, che riduce la
persona a puro istinto, oggetto di piacere e pulsioni sessuali».
L’inesistente «trasmissione
neutra» ai minori d’informazioni riguardanti la sessualità attraverso cui la Corte
Europea dei Diritti dell’Uomo colpisce gli uni dopo gli altri - oggi in
Germani, domani ovunque - quei padri e quelle madri davvero responsabili che
per i propri figli hanno a cuore l’interezza, l’unicità e il valore non
negoziabile della persona umana lascia invece «nessuno spazio […] per una vera
educazione all’affettività che insegni il rispetto reciproco anche attraverso
l’astinenza; ed ecco perché il Papa parla di presunta neutralità mentre invece
si sta sempre più imponendo una concezione dell’uomo e dei rapporti affettivi
che è contraria non solo alla fede ma anche alla ragione».
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