Cina: 400 milioni di aborti in 30
anni di Marco Respinti, 27-09-2011, http://www.labussolaquotidiana.it
In 30 anni la Cina ha eliminato
400 milioni di bambini ancora nel grembo materno. Per decisione ideologica e
volontà politica, in tre decenni la Cina ha eliminato un numero di bimbi
superiore (di parecchio) alla popolazione attuale degli Stati Uniti d’America.
E a rivelarlo è un esponente dello stesso regime cinese.
È la famigerata "politica
del figlio unico", quella con cui il regime comunista di Pechino impone
per legge l’aborto di Stato alle coppie cinesi dopo la nascita del loro
primogenito - alias unicogenito -, nonché pene severe, comprensive di multe e
di qualche sganassone, per le famiglie che pensassero di fare le furbe, parenti
e congiunti compresi.
La legge è stata istituita il 25
settembre 1980, ogni tanto Pechino getta un po’ di fumo negli occhi a proposito
della sua vigenza, ma tutti sanno che nel Paese l’aborto obbligatorio costringe
ancora le famiglie ad avere un figlio solo.
Da anni il demografo Steven W.
Mosher, presidente del Population Research Institute, tenta di calcolarne il
costo umano, ma è un conto arduo. Perché i dati demografici cinesi sono sempre
piuttosto aleatori; perché quello da prendere in considerazione è un territorio
immenso dove i tassi di natalità, mortalità e fertilità non si riescono sempre
a misurare con il bilancino come altrove; e perché ogni e qualunque censimento
passa comunque sotto la censura del regime, che classicamente interpella sul
punto pure l’ufficio della propaganda.
Fino a oggi sono quindi restate
le stime. Nel suo pluriennale lavoro - da certosino, da pietoso certosino
incaricato di quantificare la mattanza - Mosher ha ipotizzato una cifra totale
compresa fra i 350 e i 450 milioni di bambini morti a causa dei 10-15 milioni
di aborti l'anno che da tre decenni il governo impone. E non si è sbagliato.
Stime a parte, sono infatti ufficialmente 400 i milioni di bambini cinesi che
Pechino dice mancare oggi all'appello a causa dell'applicazione della
"politica del figlio unico": il che coincide, rigorizza e
autorevolmente documenta le proiezioni condotte da Mosher sul costo umano
dell'aborto di Stato cinese. Il dato, raccapricciante, proviene infatti dal
regime stesso.
Rispondendo, recentemente, a una
domanda precisa e diretta posta dal deputato pro-life repubblicano Timothy A.
Huelskamp, Gao Qiang, per due anni segretario di partito (leggi
"commissario politico") per il ministro della Salute cinese e persino
suo vice (Chen Zhu, il titolare del dicastero, rappresenta infatti
un’eccezione: non è membro del Partito Comunista Cinese e per questo né può
assumere egli stesso anche la carica di segretario di partito, né può
amministrare senza averne uno al fianco), ha "candidamente"
confessato che la popolazione cinese di oggi conta 400 milioni di persone in
meno di quante ne avrebbe se il governo non avesse adottato e imposto la
politica detta "del figlio unico". Con puntiglio degno di miglior
causa, Gao ha precisato che questa cifra è peraltro di molto superiore a quella
della popolazione statunitense nel suo complesso, ovvero 312 milioni di
persone, e lo ha affermato pubblicamente, ufficialmente, menandone vanto: «Che
i veterani dell’apparato del Partito Comunista Cinese», osserva Mosher, «continuino a sbandierare i
"successi" ottenuti dal loro brutale sistema di controllo demografico
nell’eliminare le persone rivela il disprezzo assoluto in cui essi considerano
gli standard internazionali dei diritti umani. Dopo tutto, questi numeri sono
stati raggiunti costringendo le giovani, alcune delle quali agli ultimi mesi di
gravidanza, a subire l’aborto, cosa che i tribunali di Norimberga hanno
stigmatizzato come crimine contro l’umanità».
Com’è altrettanto noto, inoltre,
questa colossale tragedia ne contiene un’altra: quella dell’aborto selettivo -
il cosiddetto "gendercidio" -, che sceglie accuratamente le proprie
vittime colpendo sistematicamente le femmine ritenute meno produttive, foriere
di altre nascite future, insomma una zavorra. Osserva Mosher che «[…] la Cina è
un Paese dove le bimbe non nate vengono abortite selettivamente, dove per
questa ragione i giovani non riescono più a trovare moglie e dove per ovviare
alla situazione fiorisce il traffico di esseri umani che importa le donne
dall’estero».
Per effetto della "politica
del figlio unico", infatti, le famiglie cinesi che decidono di mettere al
mondo l’unico erede consentito loro dallo Stato-partito di norma scelgono di
avere un maschio. Le madri che invece danno alla luce delle femmine sono subito
malviste dalla cultura tradizionale del Paese, vengono strapazzate a piacimento
e possono pure venire ripudiate dal marito o disconosciute dai parenti. Del
resto, qualora sfuggissero a quell’eugenetica selezione prenatale basata sul
sesso che per loro ha in serbo solo la morte le bimbe cinesi verrebbero
socialmente emarginate, eliminate mediante infanticidio, o vendute come bestie
al migliore offerente. Quelle madri che, dopo di loro, accarezzassero poi
l’idea di ritentare la gravidanza onde partorire l’agognato maschio si
metterebbero automaticamente nei guai. Lo Stato-partito verbalizzerebbe infatti
con multe salatissime, e quindi comminerebbe l’aborto, l’unica pena capitale
subita da un innocente per un "reato" commesso da altri. A quel punto
però quel lugubre salvacondotto che in realtà è un tragico cortocircuito molte
madri lo avrebbero già scelto da sole. Insomma, da quelle parti l’aborto
obbligatorio o te lo infligge lo Stato o fai tutto da te risparmiando tempo.
Del resto la Cina è quel posto dove a sentenza capitale eseguita la famiglia
dell’ucciso si vede persino fatturare il costo del proiettile utilizzato …
Per tenere desta l’attenzione
mondiale, l’organizzazione All Girls Allowed (AGA) di Boston ha deciso di
ricordare questi primati d’infamia creando un video educativo destinato a
scuole, siti Internet e luoghi pubblici di ogni genere e specie. Si chiama 37
Seconds: il tempo minimo per rendersi conto di una catastrofe umanitaria per la
quale nessuno sembra avere voglia di levare un dito che coincide pure con i
milioni di bimbe cinesi abortite per selezione (cioè quelle eliminate proprio
in quanto femmine, il che rappresenta evidentemente solo una parte delle bimbe
uccise dall'aborto "generico" nel complesso), una cifra che - dice
l’AGA - supera quella di tutti i genocidi riconosciuti come tali nel Novecento
messi assieme.
Breve, immediato, altamente
efficace, si può liberamente scaricare - con altri - dalla rete e altrettanto
liberamente distribuire. Mette in scena un brutto film che non avremmo mai
voluto vedere, ma che evidentemente ancora troppo pochi hanno invece visto.
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