giovedì 22 settembre 2011


INTERVISTA A CARLO ALBERTO LEDI - "LA BIOLOGIA È DEMOCRAZIA MA IN ITALIA LA IGNORANO TUTTI", di Fraioli Luca, Repubblica di giovedì 22 settembre 2011

Non risparmia nessuno: politici e filosofi, gerarchie vaticanee giornalisti. «Sono indignato con chi haleredini del nostro Paese, i politici e i grandi (si fa per dire) pensatori. Non mostrano la benché minima umiltà nel chiedere di sapere, nell'informarsi sulle conoscenze biologiche necessarie per condurre una società laica e giusta». Carlo Alberto Redi, accademico dei Lincei e genetista dell'Università di Pavia si autodefinisce "biologo furioso". Che poi è titolo del saggio appena mandato in libreria per Sironi Editore (pa :.224, euro 18).«Ho cercato di farechiarezzasu alcuni dei temi più controversi del momento: dalla tutela degli embrioni alla vita artificiale, dalle cellule staminali agli Ogm. Ma nei capitoli finali mi sono lasciato andare anche a qualche divagazione più "leggera"».Imperdibili i capitoli sull'origine delle mestruazioni e sul perché è bene convincere la propria ragazza a lasciarsi baciare almeno per sei mesi prima di troncarelarelazione. Ma torniamo all'indignazione. Perché è furioso, professor Redi? «La nostra è una società del sapere e della conoscenza: nell'Ottocento era la chimica, nel Novecento lafisica, orasono le scienze della vita. Eppure l'attenzione per questi temi è pari a zero. I politici si guardano benedalchiedereunparere alle istituzioni scientifichequando c'èdaaffrontareil fine vita, l'uso delle staminali o gli Ogm. Straparlano di argomenti che non conoscono, per cui non fanno nulla. Con un paradosso: si formano giovani scienziati e poi li si regala agli altri paesi che grazie a loro si arricchiscono di conoscenze». Tuttavia negli anni'70e '80 l'Italia ha partecipato agrandi progetti: dal Cern di Ginevra ai Laboratori del Gran Sasso. I fisici erano più bravi di voi biologi a convincere i politici, o 'democristiani erano più attenti alla scienza di quanto lo siano destra e sinistra oggi? «Propendo per la seconda spiegazione: in quegli anni democristiani sono state fatte cose importantissime, oggi si investe in ricerca meno della Tunisia. E così si mette a rischio la democrazia». La democrazia? «Certo. Negli anni Ottanta i cittadini potevano anche ignorare la fisica delle particelle, potevano non sapere cosa fosse il bosone di Higgs. Ora invece si devono conoscere i risultati ottenuti dai biologi, perché riguardano tutti. Riguardano il modo in cui verranno alla luce i nostri figli, ciò che mangeremo, come moriremo. Ed ecco il rischio: creare un mondo dove solo una piccola parte dei cittadini, informata e dotata di carta di credito, potrà accedere ai servizi biologici. E questa non è democrazia». D biologo furioso se la prende anche con la Chiesa. «Le posizioni delle gerarchie ecclesiastiche su temi co -me le staminali e l'uso dell'embrione sono contro ogni evidenza scientifica. E pensare che fino a 50 anni fa dell'embrione non importava a nessuno. Ora lo considerano una persona. E chiedono di non toccare i 50mila embrioni conservati nei freezer, "condannandoli" così a morte certa. Mentre invece potrebbero essere impiegati per aiutare la vita». Passiamo ai filosofi... «Abbiamo un grande bisogno di filosofi...». Però? «Però sono ancora fermi alla fisica, alla mela di Newton che cade dall'albero. Pochi studiano la biologia. Haber-mas parla dei pericoli della "genetica liberale" e chiede di chiudere i laboratori. Lo vada a dire a chi soffre di patologie gravi che possono essere curate solo grazie alle biotecnologie. E poi in biologia esistono genetiche mendeliane, molecolari, quantitative... ma liberali no». Possibile sia solo colpa degli altri? Che in tutto questo i biologi italiani non abbiano alcuna responsabilità? «Sono pronto ariconoscere che è anche colpa nostra. Non possiamo più chiuderci nei laboratori, dobbiamo andare in strada e spiegare alla gente perché negli esperimenti abbiamo bisogno dei topolini. E non dobbiamo "pompare" ogni risultato delle ricerche pur di avere fondi. L'effetto collaterale è che si finisce per spaventare i cittadini sulle possibili applicazioni». Ma perché il nostro Paese ha così paura della scienza? «La risposta è scritta sul palazzo della Civiltà e del Lavoro all'Eur: siamo un popolo di santi, poeti, artisti, navigatori... solo in ultimo di scienziati. E il retaggio neoidealista che privilegiava la cultura umanista. Ma oggi bisogna sap ere di scienza per poter decidere su argomenti come il nucleare, gli Ogm, la fecondazione in vitro. E giusto combattere le grandi aziende che vogliono il monopolio, ma non le conquiste scientifiche come gli Ogm che potrebbero servire per combattere la fame». Nell'introduzione invita i lettori a stracciare i giornali... Che ne facciamo di questa intervista? «Naturalmente è una provocazione contro quei media che coni loro titoli aeffetto distorcono il senso della ricerca scientifica. Ho visto con i miei occhi ministri italiani prendere decisioni anche molto delicate in base alla rassegna stampa. In Inghilterra Camerondecidedopo aver sentito il parere della Royal Society».

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