IL CASO/ Perché Benedetto XVI è un
"ambientalista" vero? - INT. Alberto
Indelicato, il sussidiario.net, venerdì 30 settembre 2011
«Persone giovani si erano rese
conto che nei nostri rapporti con la natura c’è qualcosa che non va». E poi:
«L’importanza dell’ecologia è ormai indiscussa. Dobbiamo ascoltare il
linguaggio della natura e rispondervi coerentemente». Sono le parole che
Benedetto XVI, durante il suo discorso al Bundestag, ha dedicato ai movimenti
ecologisti sviluppatisi in Germania a partire dagli anni 70. Una citazione che
ha sorpreso molti, nel bel mezzo di un discorso riservato al diritto e ai
fondamenti della legge. Ilsussidiario.net ha cercato di capirne il senso con
Alberto Indelicato, diplomatico, ultimo ambasciatore italiano nella Germania
comunista.
Se la cultura europea, come ha
detto il Papa al Bundestag, è nata dall’incontro di Gerusalemme, Atene e Roma,
dove sono nati invece i verdi tedeschi?
Occorre una premessa. Quel
riferimento che il Papa ha fatto ai movimenti ecologisti va inquadrato nel suo
contesto. Benedetto XVI ha fatto un discorso «alto», di tipo più filosofico che
strettamente politico. Qui c’è stato il riferimento all’identità europea e alle
tradizioni che la costituiscono, quella ebraico-cristiana, greca e romana. Il
riferimento all’ecologia non è estraneo a quelle eredità.
In che modo?
Ci arriviamo. A mio avviso però,
per capirlo, occorre prima giungere alla coscienza. Mi permetta di fare un
inciso. Molti forse non se ne sono accorti, ma Benedetto XVI ha citato la
Sharia senza nominarla. Ha detto che il cristianesimo, a differenza di altre
religioni, non detta norme giuridiche; invece la Sharia dice ai musulmani cosa
devono fare e lo fa da un punto di vista strettamente giuridico, al pari di una
legge. Ma in uno stato democratico, con buona pace dei ribelli libici, la legge
la fa la maggioranza e non la Sharia...
Ma la maggioranza non è tutto.
Vero. Il Papa ammette che le
leggi devono essere fatte dalla volontà popolare, ma c’è un pericolo: e se la
volontà popolare è malvagia? Allora, il punto è la differenza tra una
concezione nella quale il diritto è dettato dalla natura - lui dice dalla coscienza,
e in definitiva dallo spirito divino che c’è nella coscienza degli uomini - e
una visione positivista, in base alla quale è legge solo quella che sta scritta
nei codici.
E gli ecologisti cosa c’entrano?
È una grande «rivelazione» della
modernità il fatto che la natura va rispettata, proprio per la legge morale di
cui parlava implicitamente il re Salomone (il «cuore che ascolta», organo del
bene). Quindi la giustizia si applica dovunque, anche alla natura. Ma c’è
forse qualcosa che agli ecologisti non piace: attenzione, dice il Papa, anche
l’uomo ha un aspetto «naturale». Se gli ecologisti dicono, e a ragione, che
occorre dare il giusto rilievo alla natura, alla natura esterna, lo stesso si
deve fare - ammonisce Benedetto XVI - rispetto alla natura dell’uomo. Bene
dunque rispettare ciò che è fuori di noi, ma c’è qualcosa che sta in noi che è
dato, esattamente come ciò che è fuori di noi, e come tale va rispettato. E
infatti il Papa ha detto: non ci creiamo da soli.
L’ambientalismo tedesco è stato
determinante per la politica tedesca, ma in Italia non è stato così: la cultura
ambientalista sembra relegata ad uno stato di minorità politica. È d’accordo?
Come lo spiega?
È innanzitutto una questione di
persone e poi di cultura. La classe politica verde italiana non ha mai
elaborato una filosofia. Questo ha senz’altro inciso sul nostro ambientalismo.
I nostri verdi sono sempre stati una sorta di appendice della sinistra, mentre
i verdi tedeschi hanno un’origine più liberale. Lo dimostra storicamente la
lotta contro il comunismo: infatti uno degli elementi che hanno scosso le basi
fisiologiche del regime comunista tedesco-orientale è stato proprio
l’ambientalismo. Nei paesi comunisti, e in particolare nella DDR, la corsa
all’industrializzazione aveva portato ad un degrado della natura tale da
alimentare un ambientalismo essenzialmente antitotalitario. Cosa che da noi non
è avvenuta, perché l’ambientalismo nostrano si è radicato prima in funzione
filo socialista e poi antiliberale. Mentre i verdi tedeschi sono contro
l’energia atomica per ragioni puramente ambientaliste, quelli italiani sono
nati dalla protesta creata artificiosamente dall’allora Unione sovietica contro
l’energia atomica prima militare e poi civile.
Quanto potranno pesare i
movimenti ecologisti e i partiti politici verdi nel futuro della Germania?
Molto, perché la delusione nei
confronti dei partiti tradizionali è assai forte. Si è detto: “ma a Berlino
hanno vinto i socialdemocratici...”, sì, ma questo è avvenuto per l’abbandono
dei competitori, e infatti non hanno aumentato i propri voti se non dell’1 o
del 2 per cento. Non la si può definire una vittoria. Ora la strada dei verdi è
acquisire maggiore coscienza di sé e maggiore indipendenza. Hanno davanti a sé
buone prospettive. In ogni caso, quanto in futuro la Linke possa diventare
verde al Papa non interessa.
(Federico Ferraù)
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