Una lezione ai potenti di Luigi Negri, il sussidiario.net, giovedì 29
settembre 2011
«Cari amici, con Paolo oso
esortarvi: rendete piena la mia gioia con l’essere saldamente uniti in Cristo».
È in questa frase del saluto di Benedetto XVI alla Chiesa e al popolo tedesco
che è contenuto il messaggio più profondo e più prospettico di questo grande
viaggio.
Magistero ricchissimo e
articolato quello di Papa Benedetto, che ha spaziato dai grandi problemi
teologici a quelli socio-politici ed economici, come nel grande discorso al
Bundestag. E che ha saputo farsi carico della necessità di un dialogo ecumenico
e interreligioso, prendendo atto non solo del pluralismo che esiste in
Germania, ma anche - accanto ad esso - dell’ateismo e dell’indifferenza
religiosa così ampiamente diffusi.
Il Papa ha incontrato la Germania
facendo emergere di fronte agli occhi e al cuore dei tedeschi l’avvenimento di
Cristo, uomo nuovo e definitivo. In lui i tedeschi hanno visto il mistero di
Cristo vivo e al tempo stesso l’uomo nuovo che scaturisce dalla morte e dalla
risurrezione del Signore.
Il viaggio di Benedetto XVI ha
smentito tutte le illazioni, le previsioni, le valutazioni di carattere mondano
che agitano normalmente le menti degli operatori mediatici. Egli ha dato a
tutta la Chiesa, e innanzitutto a noi vescovi, una grande lezione di metodo.
Non è partito innanzitutto da un’analisi - di carattere sociologico, economico,
politico, storico - quasi che solo dopo di essa si sappia finalmente come
comunicare una proposta cristiana. Che differenza abissale c’è fra un discorso,
carico di tutte le opzioni ideologiche, esplicite o implicite, che reggono
qualsiasi interpretazione umana e storica, e invece la capacità di comprendere
la vita degli uomini e i loro problemi alla luce di una oggettività nuova, quella
del figlio di Dio che diventa esperienza per chiunque crede in lui.
È così che Benedetto XVI ha
sovvertito gli schemi: innanzitutto c’è l’uomo nuovo, il cristiano. Quest’uomo
nuovo entra nel mondo e giudica. Lo abbiamo visto nel giudizio che il Papa ha saputo
dare su tutte le vicende del presente e del passato, senza nascondere nulla,
accettando di confrontarsi anche con episodi particolarmente dolorosi per la
Chiesa cattolica. Non si è fermato davanti a nessuno dei problemi che il mondo
tedesco pone alla propria e dunque alla nostra umanità.
Perché il grande problema della
Germania, come di tutta l’Europa, è che il destino dell’uomo non è più messo al
centro della vita, della società e della politica. Ecco, allora, il grande
compito che tocca a tutti i cristiani: quello di una vera e nuova
evangelizzazione, nella quale sia possibile oggi di nuovo l’incontro, come
diceva Giovanni Paolo II, fra Cristo e il cuore dell’uomo. Su questo la
Germania e l’Europa possono risorgere, scommettere per una vita che sia più
vera, cioè più corrispondente alle grandi domande che animano il cuore
dell’uomo, oggi come duemila anni fa.
Si vive ben radicati con i piedi
sulla terra, ha ricordato il Papa a un certo punto, perché la speranza che
abbiamo non viene dalla terra ma dall’incontro con Cristo. Questo radicarsi
degli uomini e dei cristiani sulla terra dà luogo a un movimento che
lentamente, ma inesorabilmente, cambia le condizioni stesse della vita
personale e sociale. Solo questo può renderci protagonisti della vita, e non
pedine di un grande gioco che decidono solo i potenti.
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