Prodotti, listini, offerte: è il supermarket del figlio - I recenti
casi di «mammenonne» a Torino e Napoli hanno riportato l’attenzione sul fiorente mercato delle maternità ottenute comprando
gameti, selezionando embrioni e (se necessario) affittando donne che portino
avanti la gravidanza - Il mercato si fa largo nella generazione umana di
Emanuela Vinai, Avvenire, 22 settembre 2011-09-22
Quando nel 2006 Michael Crichton scrisse
Next sembrava fantascienza. Non poteva essere verosimile la descrizione di una
genetica senza limiti, del commercio di ovuli di giovani donne, della spregiudicatezza
di un business che non fa distinzioni tra uomo e merce. Invece, come spesso
accade, la realtà ci supera e i recenti casi delle mamme-nonne di Torino e Napoli
hanno riportato l’attenzione su frontiere della tecnica che non sempre coincidono
con quelle dell’etica, soprattutto quando non pongono rimedio a casi clinici specifici
e complessi, ma danno spazio alla medicina dei desideri. Ogni giorno si accumulano
scoperte scientifiche straordinarie che applicano tecnologie sempre più
sofisticate e ciò produce un cortocircuito informativo e mediatico.
Anche la maternità si è adeguata
al mercato che, in quanto tale, ha le sue leggi, domanda/offerta. Allora
diventa possibile dare un prezzo (non un valore) a un essere umano. In questo
contesto, Internet è lo sterminato emporio che fa leva su sentimenti legittimi
e, dietro una parvenza di umanitarismo, propone l’agevole superamento di ogni
limitazione legislativa nazionale.
Commercio di gameti. Già nel
maggio 2007 la rivista Fertility & sterility ospitava un articolo
significativamente intitolato «Cosa sta accadendo al prezzo degli ovuli?». L’analisi
evidenziava un costante aumento di domanda e costi: la media nazionale statunitense
per il pagamento di donatori definiti "standard" era di 4.217
dollari, con un massimo di 4.576 dollari. Come in un indice azionario quindi,
il prezzo dei gametisale – o scende – a seconda della qualità del prodotto
offerto e dei requisiti sollecitati dagli acquirenti. I capelli rossi, per
dire, non hanno mercato. Studenti e studentesse, disoccupati e non vengono
arruolati attraverso un sistema di reclutamento che li invita a cedere sperma e
ovuli in nome di un solidarismo che, a leggere le tariffe delle cliniche dove
si pratica la fecondazione eterologa, si rivela quantomeno sospetto.
Pochi giorni fa Anna Pia
Ferraretti, direttore scientifico della Sismer (Società italiana studi di
medicina della riproduzione) ricordava infatti che «per la donazione di ovociti
il costo medio è circa 8mila euro a ciclo e varia dai 2 ai 12mila euro a
seconda del Paese, mentre con la donazione di seme può variare dai mille a
5mila euro in base al trattamento».
Selezione embrionale. L’ultimo
metodo di screening genetico è stato sviluppato in Spagna e permette di
controllare gli stadi dello sviluppo dell’embrione prima dell’impianto
nell’utero «per aumentare le possibilità di avere un bambino sano».
Questa procedura è generalmente
nota come selezione genetica preimpianto (Pgs) e la tesi a favore si basa sul
fatto che, a differenza della diagnosi prenatale, la diagnosi preimpianto non
implica un aborto che, essendo traumatico, «è una barriera psicologica alla
scelta dei genitori rispetto a caratteristiche secondarie indesiderate». Ma
quali sono queste caratteristiche? La selezione in base al sesso ha portato all’eliminazione
sistematica di milioni di bambine in Asia: eliminate perché non utili, non desiderabili,
non adatte. La stigmatizzazione di questa pratica non incontra però lo stesso
indice di indignazione quando la selezione fa riferimento a patologie e
disabilità.
In tema di medicina predittiva,
l’abuso è dietro l’angolo e la genetica ci dice che in molti casi possedere il
gene predisponente non significa sviluppare la malattia in seguito. Un cattivo
uso delle informazioni genetiche determina una discriminazione preventiva e una
sovrapproduzione di embrioni destinati all’eliminazione o al congelamento in
azoto liquido.
Utero in affitto. Cosa hanno in
comune Elton John, Ricky Martin, Miguel Bosé, Nicole Kidman e Sarah Jessica
Parker? Sono tutti testimonial dell’utero in affitto. È noto che quando le
donne invecchiano i loro ovuli diventano sempre meno fertili e la maternità
rimandata determina alla fine l’impossibilità di una gravidanza. Ma cercare una
madre surrogata non è difficile: sul principale motore di ricerca (e digitando in
italiano) i risultati dell’indagine sono 138mila. Ai primi posti, quelli a pagamento,
sono ben in vista le sponsorizzazioni dei centri specializzati. Dal Web
affiorano anche altri possibili risultati, come i 30mila euro in Ucraina. Bebè
in mano, basta un clic.
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