giovedì 22 settembre 2011


Prodotti, listini, offerte: è il supermarket del figlio - I recenti casi di «mammenonne» a Torino e Napoli hanno riportato l’attenzione  sul fiorente mercato delle maternità ottenute comprando gameti, selezionando embrioni e (se necessario) affittando donne che portino avanti la gravidanza - Il mercato si fa largo nella generazione umana di Emanuela Vinai, Avvenire, 22 settembre 2011-09-22

Quando nel 2006 Michael Crichton scrisse Next sembrava fantascienza. Non poteva essere verosimile la descrizione di una genetica senza limiti, del commercio di ovuli di giovani donne, della spregiudicatezza di un business che non fa distinzioni tra uomo e merce. Invece, come spesso accade, la realtà ci supera e i recenti casi delle mamme-nonne di Torino e Napoli hanno riportato l’attenzione su frontiere della tecnica che non sempre coincidono con quelle dell’etica, soprattutto quando non pongono rimedio a casi clinici specifici e complessi, ma danno spazio alla medicina dei desideri. Ogni giorno si accumulano scoperte scientifiche straordinarie che applicano tecnologie sempre più sofisticate e ciò produce un cortocircuito informativo e mediatico.
Anche la maternità si è adeguata al mercato che, in quanto tale, ha le sue leggi, domanda/offerta. Allora diventa possibile dare un prezzo (non un valore) a un essere umano. In questo contesto, Internet è lo sterminato emporio che fa leva su sentimenti legittimi e, dietro una parvenza di umanitarismo, propone l’agevole superamento di ogni limitazione legislativa nazionale.
Commercio di gameti. Già nel maggio 2007 la rivista Fertility & sterility ospitava un articolo significativamente intitolato «Cosa sta accadendo al prezzo degli ovuli?». L’analisi evidenziava un costante aumento di domanda e costi: la media nazionale statunitense per il pagamento di donatori definiti "standard" era di 4.217 dollari, con un massimo di 4.576 dollari. Come in un indice azionario quindi, il prezzo dei gametisale – o scende – a seconda della qualità del prodotto offerto e dei requisiti sollecitati dagli acquirenti. I capelli rossi, per dire, non hanno mercato. Studenti e studentesse, disoccupati e non vengono arruolati attraverso un sistema di reclutamento che li invita a cedere sperma e ovuli in nome di un solidarismo che, a leggere le tariffe delle cliniche dove si pratica la fecondazione eterologa, si rivela quantomeno sospetto.
Pochi giorni fa Anna Pia Ferraretti, direttore scientifico della Sismer (Società italiana studi di medicina della riproduzione) ricordava infatti che «per la donazione di ovociti il costo medio è circa 8mila euro a ciclo e varia dai 2 ai 12mila euro a seconda del Paese, mentre con la donazione di seme può variare dai mille a 5mila euro in base al trattamento».
Selezione embrionale. L’ultimo metodo di screening genetico è stato sviluppato in Spagna e permette di controllare gli stadi dello sviluppo dell’embrione prima dell’impianto nell’utero «per aumentare le possibilità di avere un bambino sano».
Questa procedura è generalmente nota come selezione genetica preimpianto (Pgs) e la tesi a favore si basa sul fatto che, a differenza della diagnosi prenatale, la diagnosi preimpianto non implica un aborto che, essendo traumatico, «è una barriera psicologica alla scelta dei genitori rispetto a caratteristiche secondarie indesiderate». Ma quali sono queste caratteristiche? La selezione in base al sesso ha portato all’eliminazione sistematica di milioni di bambine in Asia: eliminate perché non utili, non desiderabili, non adatte. La stigmatizzazione di questa pratica non incontra però lo stesso indice di indignazione quando la selezione fa riferimento a patologie e disabilità.
In tema di medicina predittiva, l’abuso è dietro l’angolo e la genetica ci dice che in molti casi possedere il gene predisponente non significa sviluppare la malattia in seguito. Un cattivo uso delle informazioni genetiche determina una discriminazione preventiva e una sovrapproduzione di embrioni destinati all’eliminazione o al congelamento in azoto liquido.
Utero in affitto. Cosa hanno in comune Elton John, Ricky Martin, Miguel Bosé, Nicole Kidman e Sarah Jessica Parker? Sono tutti testimonial dell’utero in affitto. È noto che quando le donne invecchiano i loro ovuli diventano sempre meno fertili e la maternità rimandata determina alla fine l’impossibilità di una gravidanza. Ma cercare una madre surrogata non è difficile: sul principale motore di ricerca (e digitando in italiano) i risultati dell’indagine sono 138mila. Ai primi posti, quelli a pagamento, sono ben in vista le sponsorizzazioni dei centri specializzati. Dal Web affiorano anche altri possibili risultati, come i 30mila euro in Ucraina. Bebè in mano, basta un clic.

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