PAPA/ Finnis (Notre Dame): la ragione di Benedetto ci fa uscire dal
bunker - INT. John Finnis - martedì 27 settembre 2011
Il Papa, in Germania, di fronte
al Parlamento tedesco, si è rivolto ai suoi concittadini ma, in realtà, stava
parlando al mondo; ha messo, infatti, in guardia i politici che lo stavano
ascoltando dalle seduzioni del potere, a tutti i livelli, ricordando loro come
la forza slegata dal diritto si trasformi ben presto in violenza.
Nell’esaminare le fonti del diritto della civiltà occidentale, ha specificato
come il cristianesimo sia l’unica tra le grandi religioni a non aver imposto un
contenuto giuridico facendolo discendere dalla rivelazione, ma abbia sempre
contemplato come cardini fondamentali la natura e la ragione. Una ragione che
gli eccessi del positivismo hanno impoverito, eliminando la trascendenza dal
novero delle possibili spiegazioni del reale. Abbiamo chiesto a John Finnis un
commento sull’intervento di Ratzinger.
Il Papa ha citato Agostino, che
ha scritto: “Togli il diritto, e allora, cosa distingue lo Stato da una grossa
banda di briganti?” Ritiene sia un rischio ancora attuale, anche per i politici
dei nostri giorni?
Il Papa ha posto questa frase in
più contesti. All’inizio ha parlato della presa del potere da parte dei nazisti
e dell’uso del potere per distruggere la legge e il diritto dentro e fuori la
Germania, per poi minacciare il mondo intero. Ma la citazione illustra un
rischio più ampio e duraturo, meno spettacolare ma reale e deleterio: la
seduzione del successo, il successo politico, a scapito del diritto, il
successo mediante la falsificazione di ciò che è giusto e lo scempio (su
qualunque scala) della giustizia. Questa tentazione riguarda tutti i politici
di ogni tempo. Inoltre, se poniamo il commento di Agostino nel contesto del
libro quarto del De Civitate Dei, vediamo che il santo punta il dito sulla vera
fonte della capacità pervasiva di corruzione della politica: la cupiditas.
L’oggetto può essere (prendendo la elencazione di Agostino) denaro, territorio, sadismo, sesso o
semplicemente il potere per se stesso. Per trovare evidenze di questo ai nostri
giorni, c’è solo da guardarsi intorno.
Dice ancora il Papa: “Nelle
questioni fondamentali del diritto, nelle quali è in gioco la dignità del’uomo
e dell’umanità, il principio maggioritario non basta: nel processo di
formazione del diritto, ogni persona che ha responsabilità deve cercare lei
stessa i criteri del proprio orientamento”. Questo è possibile in uno Stato
democratico, in cui il potere è attribuito alla maggioranza?
Non è né evidente né certo che
nelle moderne democrazie sia la maggioranza ad avere il potere. Si potrebbe
sostenere che nelle nostre democrazie la maggioranza sia sostanzialmente senza
potere. Ciò non significa affermare che il diritto di voto e di poter parlare
liberamente di questioni politiche sia irrilevante, tutt’altro! Ma, comunque
sia, rimane evidente che chi è in una posizione di responsabilità deve trovare
personalmente i criteri autentici per decidere cosa è giusto e cosa è
sbagliato. Così come gli elettori sono responsabili non solo quando votano, ma
anche quando parlano con i giornalisti, i sondaggisti o l’un l’altro, e
anch’essi devono cercare personalmente questi criteri autentici. Altrimenti,
che la maggioranza abbia o meno “il potere”, la legge e il governo dello Stato
sicuramente finiranno per corrompersi.
“Per lo sviluppo del diritto e
per lo sviluppo dell’umanità è stato decisivo che i teologi cristiani abbiano
preso posizione contro il diritto religioso, richiesto dalla fede nelle
divinità politeiste, e si siano messi dalla parte della filosofia, riconoscendo
come fonte giuridica valida per tutti la ragione e la natura nella loro
correlazione”. Cosa pensa di questa affermazione del Papa?
Che è vera e importante. Ma è
un’osservazione di carattere storico, e non è così importante come
l’affermazione fatta precedentemente che, “diversamente da altre grandi
religioni, il cristianesimo non ha mai imposto allo Stato e alla società un
diritto rivelato… Ha invece rimandato alla natura e alla ragione quali vere
fonti del diritto”. Questa più ampia e profonda affermazione non riguarda
semplicemente la storia, ma anche il presente, dove c’è poco politeismo che
possa preoccupare il pubblico tedesco o europeo, ma c’è almeno una “grande
religione” che propone una “legge rivelata” allo Stato e alla società, una
legge che per certi importanti aspetti è contro la ragione e la natura (e,
naturalmente, non è in realtà rivelata).
“Qui compaiono i due concetti
fondamentali di natura e di coscienza, in cui "coscienza" non è altro
che il "cuore docile" di Salomone, la ragione aperta al linguaggio
dell’essere.” Qual è la rilevanza politica di questi due concetti fondamentali?
Come dice la frase del Papa, i
due concetti fondamentali sono natura e ragione. La natura che è qui in gioco
primariamente (pur non esclusivamente) è la natura umana, e la ragione
primariamente (pur non esclusivamente) in gioco è la ragione pratica, i cui
giudizi noi chiamiamo coscienza. Come insegna correttamente San Tommaso, è
attraverso l’originale comprensione delle forme fondamentali del bene umano che
dà la ragione pratica che arriviamo a una comprensione adeguata della nostra
natura umana, delle sue possibilità e della sua realizzazione per quanto
possibile attraverso scelte moralmente giuste. Senza questa comprensione
originaria dei fini umani, ci ritroviamo nel bunker (per usare la metafora del
Papa, così coraggiosamente esposta a Berlino, nei pressi del bunker più
famigerato della storia) della ragione “positivista” – per esempio, la
concezione di ragione proposta da David Hume: una ragione che non può essere
che schiava delle passioni, poiché non può comprendere nessun obiettivo umano
come veramente intelligente, ragionevole e in linea con il compimento della
natura umana. È da una corretta comprensione dei fini umani che deriva una
corretta comprensione della bontà e della necessità di una società politica (e
dei suoi organi per assicurare la giustizia) come indispensabile aiuto
sussidiario alle persone, alle famiglie e alle associazioni civili nella loro realizzazione
del fiorire umano.
“Dove vige il dominio esclusivo
della ragione positivista – e ciò è in gran parte il caso nella nostra
coscienza pubblica – le fonti classiche di conoscenza dell’ethos e del diritto
sono messe fuori gioco. Questa è una situazione drammatica che interessa tutti”.
È questa la vera causa della confusione che spesso caratterizza il dibattito
politico?
Il Papa non dice che il
positivismo è la sola causa di confusione, e neanche che ne sia la causa più
immediata. Ritengo piuttosto che voglia dire che le incomprensioni
positivistiche della ragione bloccano le intuizioni che “le fonti classiche di
conoscenza dell’ethos e del diritto” potrebbero altrimenti fornire.
Naturalmente, come Aristotele dice alla fine della sua Etica, una cosa è
mettere a disposizione delle persone le fonti per la conoscenza, tutt’altra
questione è che le persone ascoltino, accettino e applichino queste fonti.
Anche in assenza degli errori filosofici del positivismo (e delle
razionalizzazioni positiviste del male), ci potrebbero essere molte fonti di
confusione. Una sana conoscenza di per sé non sconfigge il vizio, né afferma la
virtù, neppure la virtù intellettuale della prudenza, della persona, della
famiglia o della politica.
“Anche l’uomo possiede una natura
che deve rispettare e che non può manipolare a piacere. L’uomo non è soltanto
una libertà che si crea da sé. L’uomo non crea se stesso. Proprio così e
soltanto così si realizza la vera libertà umana”. Cosa pensa di questa idea di
libertà?
Non so esattamente quale linea di
pensiero il Papa abbia implicitamente voluto qui seguire o suggerire. Ma vorrei
dire che la vera libertà umana (come San Tommaso dice all’inizio della sua
grande trattazione sulla moralità) è la libertà di un’immagine di Dio. Uno che
ha la libertà di scelta e l’esercita secondo un bene che è veramente
soddisfacente, soddisfacente per le persone e per le amicizie e le società più
vaste nelle quali trovano cosi grande parte della loro realizzazione.
Come dice Agostino subito prima
del passo citato dal Papa, e qui il Santo continua la tradizione filosofica
iniziata da Platone e portata avanti da Aristotele, la vita di una persona che
cede alla cupiditas è una vita di asservimento all’ansia, all’insicurezza, a
brame insaziabili, e via dicendo. Su questa strada, non vi è nessuna vera
libertà. Né vi è attraverso nessuna “autodeterminazione esistenzialista” con
cui uno potrebbe provare a ricreare se stesso, quasi come un padrone
nietzschiano, libero dai vincoli dell’uguaglianza e giustizia umana. Forse, il
pensiero del Papa in queste frasi può essere anche collegato al fatto che ogni
manipolazione della natura umana, per esempio mediante modifiche genetiche non
terapeutiche, rende il prodotto della manipolazione schiavo del manipolatore,
anche se quest’ultimo fosse motivato da buone intenzioni.
(Pietro Vernizzi)
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