Lotta al dolore, Italia divisa di Marzio Bartoloni (da Il Sole-24 Ore
del Lunedì) 26 settembre 2011
Ospedali e medici di mezza Italia
ignorano o applicano poco la legge sul dolore approvata un anno e mezzo fa con
voto bipartisan all'unanimità tra gli applausi di tutto il Parlamento. Il
diritto a non soffrire per milioni di italiani viene garantito sostanzialmente
solo al Nord e in parte al Centro, mentre il Sud è molto in ritardo. Ancora al
palo, da Roma in giù, l'uso degli oppioidi i preziosi farmaci necessari per
lenire il dolore di chi soffre di patologie gravi o incurabili: da quando la
legge 38/2010 ha autorizzato i medici a usare il normale ricettario per
prescriverli, il loro consumo è cresciuto poco (+7% in un anno), rispetto alle
già pochissime confezioni vendute nel passato che fanno dell'Italia uno dei
fanalini di coda dell'Europa.
A verificare lo stato di
attuazione di questa legge tra le più all'avanguardia al mondo che, oltre a
semplificare la prescrizione degli oppioidi, obbliga gli ospedali a monitorare
nella cartella clinica anche il livello di dolore di tutti i pazienti, è stata
un'operazione a tappeto dei Nas su ben 244 ospedali di tutta Italia con almeno
120 posti letto. Il blitz a sorpresa ha impegnato circa 500 militari dei nuclei
antisofisticazioni dell'arma dei carabinieri che per 5 giorni (dal 19 al 23
luglio) hanno acquisto documenti sanitari e interrogato manager e medici.
L'ordine di avviare il blitz i cui risultati sono stati tenuti finora
riservatissimi(una versione più ampia dell'indagine è pubblicata su «Il Sole 24
Ore Sanità» n. 36/2011) è arrivato dalla commissione parlamentare d'inchiesta
sul Ssn che può avviare indagini "con gli stessi poteri"
dell'autorità giudiziaria.
Le carte parlano chiaro:
nonostante il pressing degli ultimi mesi del ministero della Salute oggi la
lotta al dolore spacca in due il Paese. Al Sud si sono adeguate alle
prescrizioni più importanti della legge, in vigore dal marzo del 2010, circa
metà delle strutture messe sotto inchiesta (53%): «Con un range - scrivono i
Nas nella relazione inviata alla commissione d'inchiesta del Senato - compreso
tra l'83% della Basilicata, seguita dalla Sicilia al 61% e al 41% della
Puglia». Va un po' meglio al centro (75%) - dal 96-97% di Emilia e Toscana al
33% della Sardegna - e soprattutto al Nord dove la percentuale media di
adeguamento alla legge raggiunge l'88% delle strutture finite nel mirino dei
Nas, con «punte massime del 91-93% per le Regioni Veneto, Lombardia e
Piemonte».
Più nel dettaglio il 23% degli
ospedali ancora non ha un comitato e un progetto ospedale senza dolore: due
strumenti, questi, introdotti addirittura nel 2001 dall'allora ministro Umberto
Veronesi e necessari per diffondere le terapie palliative in corsia. Solo il
63% delle strutture si sono dotate di Unità operative di cure palliative e
terapia antalgica. Mentre ancora il 20% degli ospedali non rispetta l'obbligo
di riportare nella cartella clinica dei pazienti, accanto a pressione e
temperatura, la scala di rilevazione del dolore. Oltre il 75% delle strutture
assicura la necessaria continuità terapeutica dopo la dimissione dei propri
ricoverati, intrattenendo anche rapporti con i medici di famiglia. L'82% dei
presidi assicura inoltre la formazione del personale, mentre solo il 55%
divulga informa i cittadini sull'opportunità di queste terapie.
Infine resiste tra i camici
bianchi il tabù sui farmaci oppioidi: se nei primi sei mesi del 2010 - quando è
stata approvata la legge - sono state prescritte 985.763 confezioni di
"analgesici maggiori" nei 244 ospedali monitorati, un anno dopo erano
1.057.668 (+7%). Con una aggravante: il 68% di questi medicinali sono stati
prescritti al Nord e il 26% al Centro. Al Sud (con solo il 6% di confezioni)
curare il dolore sembra ancora un'eccezione.
Intervista a Ignazio Marino (Pd),
presidente della commissione d'inchiesta del Senato sull'efficacie e
l'efficienza del Ssn: «Meno fondi alle Regioni che non sono in regola»
«Questa indagine è molto preziosa
perché il Governo può utilizzarla per pungolare le Regioni e gli ospedali in
ritardo a mettersi in regola in tempi brevissimi altrimenti dovranno scattare
le sanzioni previste dalla stessa legge e cioè meno fondi a disposizione». Il
senatore Ignazio Marino, presidente della commissione d'inchiesta del Senato
sull'efficacia e l'efficienza del Servizio sanitario, si dice «molto
soddisfatto» per questa inchiesta dei Nas di cui «Il Sole 24 Ore» è venuto in
possesso. «Era giusto capire dopo oltre un anno dall'entrata in vigore di
questa legge quale fosse la situazione. E devo dire - spiega il senatore del Pd
- che è meno negativa di quello che imaginassi, visto che si può dire che il
70% dei 244 ospedali vistati dai Nas è più o meno in regola con le norme, anche
se ci sono gravissimi ritardi soprattutto in alcune aree del Paese».
Qual è il dato più negativo?
Credo che il più eclatante
riguardi il consumo di oppioidi. Magari i dati raccolti saranno un po'
grossolani ma è evidente che qualcosa non va se al Nord sono stati prescritti
il 68% di questi farmaci contro il 6% del Sud. Un dato, questo, che si può solo
in parte spiegare con la migrazione dei pazienti meridionali, soprattutto
quelli oncologici, verso il settentrione.
E poi?
Ci sono ritardi imbarazzanti
nell'adeguamento alle altre misure della legge in alcune Regioni. Non solo del
Sud. A esempio al Nord la Liguria è in ritardo, come l'Umbria e la Sardegna al
Centro. Mentre al contrario la Basilicata è tra le Regioni più virtuose. È
comunque inaccettabile che alcuni ospedali non abbiano adottato neanche una
misura di questa legge.
Di chi è la responsabilità?
Sia delle Regioni che di chi
dirige le strutture sanitarie. Sono certo che il ministro della Salute
Ferruccio Fazio, che crede molto in questa legge, farà il possibile per
convincere chi è in ritardo a mettersi subito in regola.
Come?
La legge, al suo articolo 3,
mette a disposizione una sanzione importante che può essere molto efficace. Per
le Regioni inadempienti è previsto il mancato accesso ai fondi integrativi del
Ssn. Ecco, per chi continuerà a violare la legge dovrà scattare questa
sanzione.
Anche tra i medici non continua a
resistere un tabù nel fare ricorso a queste terapie?
Sì, soprattutto per chi come me
ha studiato medicina negli anni settanta e ottanta quando l'impiego degli
oppioidi era considerato una extrema ratio da impiegare solo per i malati
terminali. E invece vanno utilizzati per ogni tipo di dolore acuto. Durante le
mie esperienze di medico in Inghilterra e negli Usa rimasi stupefatto
dall'attenzione che ci mettevano nel controllo del dolore.
Perché questa legge è importante?
Perché uno degli obiettivi
principali di ogni medico dovrebbe essere quello di sollevare il paziente dalle
sofferenze inutili. Curare il dolore è un dovere.
Non è che queste norme sono
troppo all'avanguardia per il nostro Paese?
Questa legge, soprattutto nei
principi, è una delle migliori in Europa. Siamo gli unici, a esempio, a
prevedere delle norme per curare il dolore pediatrico. Resta il fatto che i
fondi a disposizione sono assolutamente insufficienti. Per la cura del dolore
sul territorio, dopo cioè la dimissione del paziente dall'ospedale, c'è un
milione di euro a disposizione per quest'anno. In Germania ne hanno stanziati 150
per le stesse finalità. Qualcuno deve aver fatto male i conti.
Quali saranno i prossimi passi
della commissione d'inchiesta che presiede?
Abbiamo in mente di effettuare
dei sopralluoghi mirati negli ospedali con i risultati migliori e con quelli
peggiori per capire cosa si può fare perché la lotta al dolore sia combattuta
allo stesso in modo in un ospedale di Nuoro o di Milano.
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